Qualcuno credeva di aver trovato la formula per evitare di subire gol nel disco su ghiaccio, resa però impraticabile da un cavillo del regolamento
Sabato ho visto in tv la semifinale mondiale Svizzera-Canada in compagnia di due amici, uno dei quali sfegatato di hockey (è cresciuto a Montréal e ha giocato fino ai 20 anni) e l’altro che invece – proprio come me – è meno appassionato e probabilmente nemmeno conosce tutte le regole del gioco.
Fatto sta che a un certo punto, aprendo la seconda bottiglia, il socio profano se n’è uscito con una riflessione che qui vi riporto. Ma perché – ci ha domandato – in porta non ci mettono un lottatore di sumo? Vedendoci smarriti, ha poi articolato meglio il suo pensiero: com’è possibile – ha ribadito – che a nessuno sia mai venuto in mente di ingaggiare uno di quei ciccioni giapponesi e di metterlo a guardia della gabbia? Quei colossi sono talmente giganteschi che potrebbero coprire tutto lo spazio disponibile, impedendo che il disco trovi la via della rete. O, ancora meglio, uno di quei poveri obesi che sfiorano la mezza tonnellata e che ormai riescono a muoversi a stento: con la loro massa, occuperebbero ogni centimetro quadrato della porta, vi si incastrerebbero alla perfezione, chiudendo anche il più sottile degli spifferi. Non sarebbe nemmeno necessario insegnar loro a pattinare: dovrebbero semplicemente starsene fermi, immobili, e ogni tiro verrebbe respinto, lo shutout sarebbe assicurato a ogni partita.
Curiosamente, è la stessa identica idea che venne un giorno, molti anni fa, a George Plimpton – statunitense, classe 1927 – dapprima teorico e poi interprete ultraortodosso del ‘participatory journalism’, secondo cui un cronista può raccontare una cosa con dovizia soltanto se vissuta dall’interno, sulla propria pelle. E infatti, ad esempio, chiese e ottenne di salire sul ring per boxare tre round con Archie Moore, detentore della cintura dei mediomassimi, che ovviamente gli spappolò il naso ancor prima che suonasse il primo gong.
Seguendo lo stesso principio, qualche tempo dopo convinse lo staff dei Boston Bruins a ingaggiarlo per un campo d’allenamento, e naturalmente si fece mettere in porta, cioè dove l’eventualità di perdere i denti (erano tempi in cui ancora le maschere non si usavano) era praticamente una garanzia. Fu proprio nel corso di quell’esperienza che, anche Plimpton, si chiese come mai nessuno avesse mai pensato di blindare la porta con un uomo di taglia spropositata.
La suggestione, per quanto folle, era talmente complessa che nessuno degli interlocutori del buon George fu in grado di fornire una ragione plausibile per giustificare il mancato utilizzo sul ghiaccio degli individui oversized, e quindi di bocciargli l’idea. Qualcuno semplicemente gli rispose che, nel caso davvero si fosse adottato un simile stratagemma, entrambe le porte sarebbero rimaste inviolate per l’eternità, e il gioco stesso avrebbe perso di senso. Ipotesi interessante, ma facilmente confutabile: se uno dei portieri dovesse cadere, infatti, la gabbia tornerebbe vulnerabile. Altri, invece, tirarono in ballo un’infinità di altre supposizioni, fra cui la scarsa agilità di quei bestioni, e forse anche una certa mancanza di riflessi: insomma, per quanto lui chiedesse in giro – e domandava a gente che di hockey viveva, mica a sprovveduti – nessuno era in grado di dargli la vera risposta.
La sua curiosità poté essere infine soddisfatta, ma soltanto dopo lungo tempo e trovando la soluzione al rebus in un risvolto del regolamento internazionale dell’hockey su cui, probabilmente, nessuno posava più gli occhi da diversi decenni.
Il busillis stava nei gambali, le cui dimensioni – specie in larghezza – si scoprì che non potevano superare una certa misura. Un sumotori, enorme com’è, da gambali troppo piccoli verrebbe protetto ben poco, perché una notevole superficie del suo corpo resterebbe infatti sotto il tiro degli avversari: lividi, fratture, emorragie interne e versamenti sarebbero all’ordine del giorno, e dunque c’è da immaginare che nessun ciclope accetterebbe di vivere una vita da goalie, nemmeno se fosse il più abile dei pattinatori e il più reattivo al mondo con bastone, pinza e deviatore.