Nei Detroit Lions che hanno sfiorato l’accesso al Super Bowl gioca Aidan Hutchinson, stella del football americano con origini ticinesi
Il medegliese Valentino Bernardi, classe 1892, si imbarcò a Le Havre e varcò l’Atlantico su invito del fratello Giuseppe – che già da tempo faceva il cuoco negli Stati Uniti – nel lontano 1923. La Prima guerra mondiale, oltre alle devastazioni, aveva lasciato dietro di sé una crisi economica che non aveva risparmiato nemmeno i Paesi, come la Svizzera, che non vi avevano preso parte. E così Valentino, benché avesse due figli piccoli, decise di partire per Detroit, dove invece – essendo la capitale dell’automobile – giravano un sacco di soldi per tutti. Appena metto da parte il necessario, disse alla sua sposa, vi faccio venire tutti in America.
«Sua moglie Alessandrina era cugina di mio nonno», mi racconta Giovanna Caravaggi, la mia preziosa fonte per la colonna odierna, «e di andarsene laggiù aveva poca voglia, così trovava mille scuse per rimandare. Si convinse a fare i bagagli solo quando il marito minacciò di smettere di spedirle il vaglia col denaro per il mantenimento suo e dei figli».
Il problema è che, quando finalmente lei si decise a partire, ci fu il crollo della Borsa del 1929, Valentino si ritrovò sul lastrico e il viaggio dovette essere di nuovo posticipato. Sbarcò infine a Ellis Island soltanto nel 1936, insieme ai figli Adelia e Giuseppe, che aveva 14 anni.
Il ragazzino si ambientò bene, americanizzò il suo nome divenendo Joe e seguì le orme dello zio nella ristorazione. Ma poi – avendo voglia di vedere il mondo – quand’ebbe 17 anni decise di arruolarsi. Dopo l’attacco di Pearl Harbour fu mandato nel Sudest asiatico coi Merril’s Marauder, unità speciale addetta ai combattimenti nella giungla. Sopravvissuto insieme a pochi altri compagni, tornò da eroe – riceverà la medaglia d’oro del Congresso – ma con lo spiacevole fardello del paludismo contratto a Rangoon.
A guerra finita riguadagnò i fornelli e divenne dapprima chef del ristorante riservato ai dirigenti della Ford – vecchi quotidiani del Michigan dicono che elaborò una ricetta particolare per un hamburger che Henry Ford II in persona elogiò pubblicamente – e poi si mise in proprio e a Walled Lake, sobborgo residenziale di Detroit, aprì il Pepino’s, locale che si fece presto un’ottima reputazione.
Joe non dimenticò mai le proprie origini ticinesi e nel corso dei decenni, proprio come aveva fatto in precedenza suo padre Valentino, ritornò a Medeglia più volte per trascorrervi periodi di vacanza. Un amore che seppe tramandare ai suoi discendenti, a cominciare dai suoi sei figli, fra cui c’è Kathryn, che è la nonna di Aidan Hutchinson, defensive end dei Detroit Lions, squadra della Nfl andata vicinissima quest’anno a qualificarsi per il Super Bowl, la partita che decide chi vincerà il massimo campionato di football, lo sport più seguito d’America.
Trattasi di un giovanotto alto due metri e pesante 120 chili nato nel 2000 che nel suo quadriennio all’Università del Michigan ha stabilito alcuni record – del suo ateneo ma non solo – e che nel draft 2022 è stato scelto col numero 2 assoluto. Aidan – che di step name fa Joe come il suo eroico bisnonno – per il suo antenato soldato ha un’autentica venerazione, tanto che per qualche tempo ha giocato portando al collo la piastrina militare che aveva accompagnato il suo avo in Birmania. Poi, temendo di perderla, ha preferito affidarla a mamma Melissa, piazzata a bordocampo.
L’amore per le radici, come detto, è una caratteristica di famiglia, e infatti Aidan ha fatto voti affinché venisse scelto proprio dai Lions, la squadra della sua città, invece che dalla lontana Jacksonville, ed è infine stato ricompensato. «Amo la mia casa, le mie radici e la mia famiglia», ha detto dopo il draft. «È un grande privilegio poter restare vicino a tutti loro».
L’unico altro posto dove i Bernardi-Hutchinson stanno bene, insomma, è Medeglia, dove è possibile che tornino a breve per rinnovare la tradizione dei pellegrinaggi verso le origini: l’ultima volta che vi hanno fatto tappa, pochi anni fa, sono ripartiti portandosi a casa la registrazione del suono delle campane del villaggio.