La frattura della tibia sinistra del 24enne con origini di Medeglia è un colpo durissimo, ma i Lions sembrano attrezzati per poter sopravvivere
I Detroit Lions sono una delle quattro franchigie della National Football League a non aver mai avuto l’onore di disputare un Super Bowl (le altre sono Cleveland, Houston e Jacksonville). Un anno fa si erano fermati a due quarti dal sogno, nella finale di Conference contro San Francisco, e il 2024 sembrava poter essere l’anno buono. Tutti i tasselli parevano essere al loro posto, dal quarterback ai ricevitori, dai runner alla difesa. Tuttavia, le ambizioni di Detroit potrebbero aver subito un duro colpo all’inizio del terzo quarto della sfida contro Dallas (peraltro vinta 47-9, a dimostrazione del potenziale dei Lions), quando si è infortunato il defensive end Aidan Hutchinson, il 24enne originario di Medeglia. Seconda scelta assoluta nel draft 2022, Hutchinson si è procurato la frattura della tibia della gamba sinistra in uno scontro di gioco con il compagno di squadra Alim McNeill. Rimasto a Dallas, il giocatore è stato immediatamente sottoposto a un intervento chirurgico, ma per lui la stagione è già andata in archivio. Per i Lions si tratta di un colpo durissimo, in quanto perdono il loro miglior pass-rusher, al momento dell’infortunio in vetta alla speciale classifica con 7,5 sack. Dal lato d’attacco della linea di scrimmage, il materiale umano a disposizione di coach Dan Campbell è di indubbia qualità (Jared Goff in cabina di regia, la coppia Montgomery-Gibbs palla a terra, Williams, St. Brown e LaPorta via aerea) e sembra in grado di trascinare la squadra ai playoff e pure oltre: la difesa è altrettanto solida, ma qualcuno dovrà riuscire a far scordare la perdita di Hutchinson, anche perché in infermeria era già finito Marcus Davenport, l’altro defensive end titolare. E nel football moderno, mettere pressione sul quarterback avversario è un esercizio di fondamentale importanza sulla strada del successo di squadra.
Cos’altro ha detto la sesta giornata di campionato? Innanzitutto che Baltimore, dopo la crisi delle prime due giornate, appare adesso come la squadra più in forma. Domenica ha messo sotto Washington, in quella che era la sfida più accattivante della giornata. Lo ha fatto sia palla in aria (323 yarde), sia su corsa (176 yarde). L’innesto di un runner del calibro di Derrick Henry ha conferito all’attacco dei Ravens una nuova dimensione. Le difese avversarie devono focalizzarsi sulle corse di Herny, sulle ricezioni di un elettrico Zay Flowers, ma anche sulla mobilità del solito Lamar Jackson, con l’elevata possibilità di sbagliare lettura. Jackson, grazie alle 40 yarde corse contro i Commanders, ha superato nella speciale classifica Cam Newton (5’631) ed è diventato con 5’661 yarde il secondo quarterback più prolifico nel gioco di corsa, alle spalle di Michael Vick (6’109), il cui record rischia però di cadere già nel corso di questa stagione.
Altro? Sì, ad esempio che Washington si è dimostrata all’altezza della situazione e che Jayden Daniels si sta sempre più candidando per il titolo di rookie dell’anno dopo aver giocato alla pari con il ben più quotato Jackson. Oppure che San Francisco è tornata alla vittoria dopo due sconfitte consecutive, ma in attesa del rientro di Christian McCaffrey (ne avrà ancora per un mesetto) non appare in grado di puntare al Super Bowl, a maggior ragione alla luce del recente infortunio del sostituto di McCaffrey, il sorprendente Jordan Mason. O ancora che Dallas ha confezionato un regalo avvelenato per gli 82 anni del suo proprietario Jerry Jones. La sconfitta con Detroit è la peggiore patita in casa nei 35 anni di presidenza del petroliere nato in California e cresciuto in Arkansas.
E se un giorno il Super Bowl si disputasse a est dell’Atlantico? Quella di traslocare in Europa il carrozzone della finalissima del campionato Nfl non è un’idea nuova, da tempo stuzzica l’immaginazione del commissioner Roger Goodell. Che sia altresì realizzabile è tutto un altro discorso. Il numero uno della National Football League è tornato a parlare del tema in occasione del secondo appuntamento inglese degli International Games. Al Tottenham Stadium, Goodell ha confermato la possibilità che un giorno il Super Bowl si sposti in Europa, precisando che al momento si tratta, appunto, di un’ipotesi e nulla più. Da anni la Nfl sta portando avanti una politica di espansione in altri continenti, in particolare in Europa. Inghilterra (dal 2007) e Germania (dal 2022) hanno già ospitato partite di regular season, l’anno prossimo sarà la volta della Spagna (al Santiago Bernabeu di Madrid), mentre in futuro è praticamente certo lo sbarco sull’Isola di Smeraldo.
Ma un conto è parlare di partite della stagione regolare, il Super Bowl è una faccenda ben diversa. Si tratta dell’appuntamento per antonomasia e non è per nulla scontato che i tifosi statunitensi accettino di buon grado un eventuale trasloco. Le città nelle quali lo si potrebbe organizzare non sono molte e comunque sembra scontato che siano in Europa. Londra è ovviamente la strafavorita, nonostante i dubbi legati alle condizioni atmosferiche.
Se lo sbarco in Europa della finalissima è, per quanto possibile, tutt’altro che imminente (la stagione in corso si concluderà a New Orleans, quella 2025 a San Francisco e quella 2026 a Los Angeles), il discorso è diverso per l’ampliamento delle partite di regular season. A maggior ragione se dovesse andare in porto il progetto del commissioner, inteso a strutturare una stagione di 18 partite e soltanto due pre-season. In quel caso l’intenzione sarebbe di disputare ben 16 partite al di fuori dei confini statunitensi, in Europa come in Sudamerica (si è iniziato lo scorso settembre con São Paulo e nel 2025 dovrebbe toccare a Rio) e soprattutto in Asia, dove a detta di Goodell l’interesse è in crescita esponenziale. Inoltre, Jacksonville, già impegnata a Londra per due partite a stagione, nei prossimi anni è intenzionata ad aumentare il numero di trasferte nella capitale inglese in concomitanza con i lavori di ristrutturazione dell’EverBank Stadium.