Il 19 dicembre 1983, a Madonna di Campiglio, Pirmin coglieva il primo successo di una stagione che gli avrebbe poi regalato la prima Coppa del mondo
Il ventenne Pirmin Zurbriggen aveva già provato il prelibato gusto della vittoria alcune volte, ma è fuori di dubbio che il successo colto a Madonna di Campiglio il 19 dicembre 1983 – dunque esattamente quarant’anni fa – ebbe per lui e per tutto lo sport elvetico un sapore particolarmente delizioso. Prima di tutto, perché era la prima occasione in cui riusciva a primeggiare nel superG – fin lì si era infatti imposto soltanto in combinata (2 volte) e gigante (idem) – e poi perché si trattava della sua prima affermazione di una stagione che gli avrebbe poi regalato la sua prima Coppa del mondo generale.
In quel lontano mese di dicembre, Pirmin veniva da tre secondi posti consecutivi – in superG, combinata e gigante – aveva dunque di che esser soddisfatto, ma ciò che voleva davvero era finalmente salire sul gradino più alto del podio. E così fece, precedendo il connazionale Martin Hangl e l’austriaco Leonard Stock. Fu la vittoria che diede la stura a un’impressionante serie di grandi prestazioni – otto altre volte sul podio quell'anno, fra cui tre successi – che fecero capire a tutti cosa sarebbe stato in grado di fare quel giovane vallesano capace di sbaragliare la concorrenza in ben quattro diverse discipline.
Come detto, a fine stagione il ragazzo, grazie alla regolarità e alla polivalenza, si portò a casa la Generale grazie ai 26 punti raccolti più di sua maestà Ingemar Stenmark, che da un decennio stava cannibalizzando il circo bianco. Il mondo scopriva il prototipo dello sciatore moderno e multidisciplinare, un modello che negli anni seguenti sarebbe stato assunto, un po’ ovunque, come una specie di paradigma. Con lui, inoltre, lo sci elvetico si sarebbe garantito per molti anni a venire la continuità di una tradizione portata avanti in precedenza da grandi nomi come Lise-Marie Morerod, Marie-Therese Nadig ed Erika Hess, che proprio quell’anno mise in bacheca come Zurbriggen la Coppa del mondo generale, la sua seconda dopo quella del 1982. Quella degli anni Settanta e Ottanta, del resto, fu una stagione meravigliosa per i rossocrociati della neve: solo in quell’incredibile 1984, oltre alle due Coppe maggiori, gli svizzeri portarono a casa tre Coppe di specialità, senza contare i due argenti e i due ori olimpici conquistati a Sarajevo.
A fine carriera, il campione nato a Saas-Almagell nel 1963 collezionerà la bellezza di 2 medaglie olimpiche, 9 iridate, 4 Coppe del mondo generali, 8 Coppe di specialità e 3 classifiche generali di combinata: numeri che danno le vertigini, specie pensando che tutto ciò è avvenuto in pochissime stagioni. Pirmin, infatti, quando decise di ritirarsi nel 1990 aveva soltanto 27 anni compiuti da poco: roba che ai giorni nostri, dove vediamo carriere sportive protratte all’inverosimile – a volte anche in modo triste – pare semplicemente incredibile. Eppure, quando ancora era all’apice del rendimento, Pirmin si fece da parte per diventare, dopo una brevissima e abbastanza anonima esperienza da tecnico, un bravo albergatore.
Ho pensato a tutto ciò in questi giorni in cui, giustamente, stiamo celebrando Marco Odermatt, che proprio come Zurbriggen possiede stoffa e stimmate del campionissimo e che fra pochi mesi compirà 27 anni, l’età che aveva il vallesano quando disse basta. Odermatt però, con ogni probabilità, ad appendere gli sci al chiodo fra un solo anno non ci penserà nemmeno per scherzo. Oggi le carriere – grazie ad allenamenti più mirati, materiali più performanti, progressi della medicina e piste più sicure – si sono parecchio allungate. E a spingere gli atleti a proseguire quasi a oltranza c’è pure la pecunia, cresciuta esponenzialmente anche nelle discipline invernali, che ai tempi di Pirmin non solo non rendevano ricchi, ma con le quali addirittura faticavi a sopravvivere.
Zurbriggen chiuse l’attività con 40 successi in Coppa del mondo: per tutti i motivi di cui sopra – e anche perché oggi il calendario conta molte più gare rispetto a 40 anni fa – non v’è dubbio che l’ottimo Odermatt, che è ormai a quota 27, potrà superare facilmente quella soglia che a lungo ci era parsa irraggiungibile.