Occhi ‘a cuoricino’ e sorriso più smagliante che mai, è con l’amore dentro (per Behrami, con cui si è sposata) che la Gut ha raccontato la sua estate.
Un anno fa a Zermatt, Lara Gut si era presentata per la prima volta davanti alla stampa dopo il grave infortunio patito ai Mondiali di San Moritz. Lunedì, lo ha fatto dopo il matrimonio celebrato in luglio con Valon Behrami...
«Sì, sono ancora un’altra persona, Valon mi ha cambiata – ammette la ragazza di Comano con due occhi “stile cuoricino” e un sorriso che parlano da soli –. L’anno scorso a Zermatt arrivavo da sei mesi senza sci, nei quali in un certo senso avevo scoperto che il mondo poteva essere diverso da quello che avevo conosciuto come atleta. Ora questo lo so già da un po’, nel frattempo ho ricalibrato la mia vita sui valori e sulle persone a cui tengo davvero, perciò sì, sono molto cambiata. Per la prima volta quest’anno mi sono resa conto che essere via ad allenarmi mi toglieva tempo per stare con mio marito, con mio fratello, con la mia famiglia e quindi se la scorsa estate ero smaniosa – dopo sei mesi nei quali avevo fatto tutt’altro – di ritrovare la mia routine d’atleta, che tornasse tutto “normale”, ora invece ho capito che non voglio più quello, il “normale” di prima adesso non mi va più bene. Perché diventa lunga quando per dieci anni l’unica cosa che fai sono le gare e riduci tutto a “vinco va bene, non vinco non va bene”, senza curarti di come stai davvero. Ero arrivata al punto, prima dell’incidente, in cui non mi divertivo nemmeno più a vincere e questo non aveva nessun senso, perché il problema non era sciare o vincere, ma che non mi rendevo nemmeno più conto di quello che stavo facendo e di chi ero. Non rinnego l’atleta e rifarei tutto, perché è stato tutto necessario per arrivare dove sono adesso, però lo rifarei con una testa diversa, con più serenità, consapevole che a volte si vince e a volte si perde. Sarebbe comunque stato (e sarà) sempre difficile accettare le sconfitte per me, perché anche se andassi in partenza su una gamba ci andrei per vincere, sono fatta così, però certi momenti magari li avrei vissuti in maniera diversa ed è quello che voglio fare ora, cercare di godermela un po’ di più», anzi, ma accanto a quella parte di me ora voglio anche l’altra, la persona e grazie anche a Valon sento di aver trovato il giusto equilibrio».
E a chi pensa che la relazione con il calciatore dell’Udinese possa togliere qualcosa alla Lara Gut atleta, la 27enne risponde decisa... «Vivere davvero come persona non va a scapito dell’essere atleta, anzi, Valon mi ha cambiato la vita come persona, ma anche come atleta. Quando stai bene e sei serena è molto più facile esserlo anche come sportiva. Ci sono delle cose che da atleta non ti puoi permettere di esternare, come le paure e le frustrazioni, perché soprattutto in uno sport individuale finiscono per ritorcertisi contro. La pressione in questo senso è tanta, non ti puoi permettere di avere momenti di debolezza ma poi finisce che ti metti una maschera. Da un certo punto di vista è inevitabile, serve per proteggerti, ma non deve diventare una seconda pelle. Adesso con Valon ho la fortuna di poterla togliere questa maschera e di affrontare temi e situazioni che magari da sola non affronterei, ma in due è tutto più facile. Ad esempio penso che riuscirò a reagire meglio quando le cose in pista non andranno come vorrò, rimanendo incavolata “solo” per un’ora al posto che per tre giorni. E questo non significa che darò meno importanza alla prestazione, semplicemente sarò in grado di passare oltre più in fretta sprecando meno energie e focalizzandomi subito sugli obiettivi seguenti. In questo senso tornare a casa sarà molto importante, con Valon ho ritrovato il senso di appartenenza a un luogo tutto mio, o meglio tutto nostro».
Per una coppia formata da due atleti professionisti, è inevitabile che lo sport sia parte integrante della relazione, ma sci e calcio sono due mondi così diversi... «Ho imparato che riuscire a staccare da questo mondo (lo sci e in generale lo sport professionistico) che ti prende così tanto è fondamentale e in questo senso il fatto di praticare due discipline diverse aiuta molto. Quando tornavo a casa e vedevo mio fratello (Ian, ndr) che scia pure lui, si parlava praticamente solo di quello. Con Valon invece è diverso, anche parlando di calcio, che sempre sport rimane, per me è tutto un altro mondo del quale capisco ben poco, tanto che a volte devo fermarlo e farmi spiegare di cosa sta parlando. Ma questo mi piace molto, imparo cose nuove e lo stesso vale per lui, perché ci sono aspetti che per me sono scontati (ad esempio cos’è una ricognizione) ma che per lui rappresentano delle scoperte. È decisamente un modo diverso di parlare di sport ma molto interessante, a maggior ragione perché si tratta di due tipologie molto differenti nelle quali si ritrovano analogie così come differenze. Ad esempio il calcio è uno sport di squadra e lo sci principalmente individuale e devo ammettere che diverse cose che mi ha spiegato sulle dinamiche di una squadra mi hanno fatto riflettere e che potrei riportare nel mio mondo».
Quanto a portarci Valon in prima persona, per ora non se ne parla... «Da bambino sciava, ma penso sia più semplice che sia lui a regalarmi un pallone piuttosto che io un paio di sci, anche perché non ho intenzione di prendermi la responsabilità di portarlo a sciare e poi magari doverlo spiegare all’Udinese in caso di infortunio».
Meglio mettersi sul divano e guardarsi un bel film, forse però non quello che uscirà a fine ottobre sulla sua vittoria nella Coppa del mondo 2016, ma anche sull’infortunio... «Lo abbiamo guardato insieme ed è stato difficile, perché ho rivissuto quei momenti difficili, ma anche perché nel film mi manca Valon, in quel periodo non era ancora entrato nella mia vita, mi sono rivista sola e anche questo mi ha fatto male».
Vincere dovrà far rima anche con vivere
Dopo un’estate, la scorsa, giocoforza condizionata dall’infortunio al ginocchio, quest’anno Lara Gut è potuta tornare a svolgere una preparazione “normale”, ma non per questo identica alle precedenti... «L’anno scorso dovevo ascoltare dottori, fisioterapisti e capire come il mio corpo avrebbe reagito, quest’anno in questo senso è tornato tutto normale, dipende di nuovo tutto da me. Rispetto al passato, quando magari pensavo solo a lavorare, lavorare e lavorare, ho anche imparato ad ascoltare il mio corpo, a capire che magari è meglio fare una discesa in meno ma farla bene. In questo senso la preparazione sta andando bene, ho fatto due settimane a La Parva (Cile, ndr) con la squadra nelle quali mi sono allenata più in discesa, mentre nelle ultime settimane mi sono concentrata sul gigante per ritrovare le giuste sensazioni anche tra le porte larghe. All’inizio ho fatto un po’ di fatica, ma verso la fine cominciava ad andare meglio. Ho deciso che quest’anno mi concentrerò su gigante, superG e discesa, lasciando perdere le supercombinate, che ti portano via tante energie e giorni di allenamento. In questo modo spero di arrivare più pronta in tre discipline piuttosto che cercare di salire sul podio in quattro ma arrivarci stanca o meno preparata».
Con il gigante di Sölden del 27 ottobre partirà una stagione che a febbraio metterà in palio i titoli iridati ad Are... «Da sportiva voglio sempre migliorarmi e vincere, è normale, ma quest’anno voglio che vincere faccia rima anche con vivere. Come detto mi piacerebbe trovare il giusto equilibrio tra gare (e risultati) e vita “normale” anche durante l’inverno, dopo che ho passato una splendida estate. Mi piacerebbe riuscire a prendere il positivo dalle gare e dalle eventuali vittorie e non solo a farmi “mangiare” energie. Ho la fortuna di andare ancora in partenza con la stessa adrenalina della prima volta e voglio vivere tutto questo in maniera positiva, non guardando solo al risultato».