La rabbia dopo un sabato folle non intacca le speranze bianconere in un acceso quarto di finale. ‘Cercheremo di sfruttare i tifosi come un’arma in più’
Ginevra – ‘That’s hockey’, direbbero in Nordamerica. A Lugano, invece, dicono che questa serie è più viva che mai. Infatti, se chiedete a Giovanni Morini cosa rimane dell’interminabile terza partita del quarto di finale tra Ginevra e Lugano, il centro della terza linea non ha dubbi: «La consapevolezza di poter vincere questa serie».
Del resto, i bianconeri sono andati a insidiare il Servette in casa sua nonostante i soli cinque stranieri in pista (complice l’assenza per malattia di Granlund), giocando una partita totalmente impostata sulla disciplina tattica e sul coraggio. «Questi sono i playoff e il sacrificio ne è un elemento essenziale. Deve per forza di cose far parte del nostro Dna, a maggior ragione se perdiamo i giocatori più talentuosi e più tecnici. Tutti devono dare il loro contributo. Anche i nostri uomini offensivamente più creativi si sono sacrificati, a immagine di Carr (uno dei più infuriati dopo la partita nei vecchi e cupi corridoi delle Vernets, ndr) che ha bloccato una grande quantità di tiri. Questo è il segnale giusto per tutta la squadra».
Dopo un simile e interminabile epilogo, in cui il dispendio di forze è evidente, viene tuttavia da chiedersi se sia davvero molto più sportivo assegnare una vittoria in quella maniera che non ai tiri di rigore. Morini però, ancora una volta, non ha dubbi. «Ammetto che la qualità delle giocate diminuisce con il passare del tempo, ma io ritengo che sia più corretto così che non decretare la vittoria ai rigori dopo il primo overtime. Alla fine vince comunque la squadra che è più sul pezzo. Noi a partire dal secondo tempo supplementare eravamo più vicini a portarla a casa e avevamo più gambe. Poi abbiamo avuto la sfortuna d’incassare una penalità, ma siamo ai playoff e quindi va bene così».
‘Cosa pensano quelli del Servette? Non mi interessa’
Poi c’è quella clamorosa, maledetta traversa colpita da Samuel Guerra dopo poco più di centonove minuti di hockey. «Meglio riderci sopra», dice a denti stretti il difensore numero ventotto. Anche perché i bianconeri non debbono fasciarsi la testa: se è vero che il punto è andato al Ginevra, è altrettanto vero che il Lugano ha disputato una partita con grande personalità, oltre che sacrificio. «Durante la partita siamo stati veramente disciplinati ed è proprio grazie a questo che siamo riusciti a metterli in difficoltà. In fin dei conti è mancato solo quel centimetro per vincerla. C’è comunque un fattore positivo e riguarda il come siamo stati in grado di affrontare la partita. Non abbiamo mai mollato, volevamo vincere a tutti i costi e sono stati un paio di episodi a deciderla. Rimane tanta fiducia in vista di gara-4».
Con pochi spazi per le sortite offensive (condite, queste, da una straordinaria dose di cinismo), i ticinesi si sono concentrati soprattutto nel limitare il gioco delle bocche da fuoco delle Aquile, rimanendo quasi sempre padroni dello slot e concedendo pochissimo. Non è un caso che due delle tre reti subite siano arrivate in inferiorità numerica. E domani sera, a Lugano, Tanner Richard e compagni dovranno tornare nella bolgia della Cornèr Arena, dopo il nervosismo già dimostrato oltretutto dal numero 71 dei granata al termine di gara 2, giovedì scorso. «La nostra testa rimane altissima e non vediamo l’ora di giocare domani. Cercheremo di sfruttare i nostri tifosi come arma in più. Il nervosismo del Ginevra? Non mi interessa ciò che succede nella testa degli avversari, a me interessa la nostra di condizione mentale. Il nostro pubblico riesce a darci quella spinta in più, e fino a questo momento negli incontri più importanti ha sempre risposto presente. Domani, senza dubbio ci sarà di nuovo un grande ambiente».
‘Ho imparato qualcosa anche stavolta’
Certo che, però, qualche tossina da qualche parte – e non solo nel fisico – l’epico terzo atto di Ginevra-Lugano l’avrà pur lasciato. «Ma non direi di essermi sentito particolarmente frustrato: subito dopo una partita del genere, il sentimento che prevale è la rabbia – dice il coach bianconero Luca Gianinazzi –. Al tempo stesso, però, sono molto orgoglioso della nostra prestazione. E questo orgoglio riesce a superare la rabbia: non c’è un singolo giocatore nel nostro spogliatoio di cui io non sia contento. Era impensabile pensare di venire alle Vernets e dominare. Il Ginevra ha chiaramente creato più gioco rispetto a noi, ma siamo stati molto abili a non concedere troppo e a rimanere in partita per mezzo secolo».
Quanto alle individualità, è praticamente impossibile, e probabilmente anche ingiusto, vedere in questo o quel giocatore l’assoluto protagonista, è però innegabile che in questi playoff il Lugano possa affidarsi su un Koskinen in formato extra lusso e su un Carr ritrovato. «Mikko ha fatto una partita eccellente. I ginevrini hanno tirato tanto, ma spesso tiravano da molto lontano e noi abbiamo pure bloccato moltissimi tiri. Siamo quindi stati bravi a proteggerlo. Daniel invece ha avuto un anno complicato. È rientrato dopo un infortunio che l’ha tenuto fuori dal ghiaccio per tanto tempo. La sua situazione di salute non solo gli impediva di giocare ma anche di vivere bene in generale. La sua stagione è cominciata tardi e quindi ha avuto bisogno di maggior tempo per acquisire la fiducia in sé stesso e poter tornare a giocare nel suo modo. Ed è sotto gli occhi di tutti quanto sia forte e dominante quando riesce a giocare alla Carr».
In una partita durata il doppio del normale, la suddivisione del lavoro fra i vari giocatori assume un ruolo chiave: se Jan Cadieux ha spremuto moltissimo i propri uomini migliori (Tömmernes ha concluso con 55’38’’ di ghiaccio), Gianinazzi ha centellinato le forze di ognuno, dosando bene l’impiego di tutte le linee, compresa la quarta. In un sabato folloe che anche per il giovane coach bianconero ha segnato una prima. «È la prima volta che mi capita di vivere una cosa del genere: è un’altra di quelle cose che posso mettere nella mia valigia d’allenatore, perché ho imparato qualcosa anche stavolta. Penso che la gestione delle linee è importante, pensando alle energie: ovviamente l’intento è quello di vincere e quindi si vorrebbe forzare subito gli uomini migliori per poter segnare. Allo stesso tempo però non si può mai sapere quanto si andrà avanti. È importante essere capaci di tenere tutti coinvolti e far dare a tutti il loro contributo, per questo ho dato ghiaccio a tutti durante i tre overtime».