I biancoblù di Luca Cereda fermati dalla nuova variante del Virus. Mona: ‘Non fosse stata quella, a Davos ci saremmo potuti andare’
Un crocione sulla Coppa Spengler, per il secondo anno di fila. Dopo che i test Pcr hanno confermato ciò che ad Ambrì tutti temevano, ovvero che il virus che s’era diffuso nello spogliatoio della Gottardo Arena fosse della variante di cui ancora poco si sa, se non che è più contagiosa: l’Omicron.
Quella che fino a ieri mattina era una quarantena preventiva, per i biancoblù di Luca Cereda adesso è quarantena a tutti gli effetti, ciò che costringerà i giocatori a restare a digiuno di ghiaccio da qui a Capodanno. «Dover rinunciare alla Spengler è un dispiacere enorme, per noi– racconta il direttore generale dell’Ambrì, Nicola Mona –. Dal punto di vista sportivo, certamente, ma non solo: infatti l’appuntamento di Davos era una festa da vivere con i nostri tifosi e con gli sponsor, e per la seconda volta la dobbiamo spostare».
Significa che è concreta la possibilità che l’Ambrì ci possa riprovare una terza volta l’anno prossimo?
Concreta, per me, è la parola sbagliata. Di tale eventualità al Davos abbiamo soltanto accennato, ma come si può ben capire nei Grigioni hanno altre priorità, al momento.
Oltre all’assenza forzata dell’Ambrì, in effetti, all’ultimo gli organizzatori hanno dovuto fare i conti con la rinuncia del Team Canada (in quel caso, però su decisione della Federhockey canadese a tutela della salute di giocatori e staff), sopperita dall’arrivo degli slovacchi dello Slovan di Bratislava e da una squadra battezzata Bern Selection, composta da giocatori di Berna, Bienne e Langnau. Il vostro forfait quale impatto avrà sulle casse dell’Ambrì?
Diciamo che quello è il capitolo che si apre ora, perché dobbiamo capire quali costi sono da considerare persi e quali, invece, saranno recuperabili.
Nonostante non andrete a Davos, nella nota stampa diffusa ieri avete invitato i vostri tifosi a non rinunciare a seguire la Spengler dal vivo. Perché quell’appello?
Perché è vero, purtroppo noi non ci saremo, ma parliamo pur sempre di una festa dell’hockey ed è bello che i nostri tifosi se la godano, sostenendo al contempo un torneo che è storico. Poi senz’altro grazie alla Spengler il Davos farà dei bei guadagni, ma è una macchina che costa, quella. E noi conosciamo bene le difficoltà che ha un club di montagna...
Quand’è stato il momento in cui vi siete dovuti arrendere all’evidenza di non poter prendere parte alla novantaquattresima Coppa Spengler?
Solo ieri mattina, quando Giorgio Merlani (il medico cantonale, ndr) aveva dato conferma che ci fossero forti indizi che si trattasse della cosiddetta variante Omicron del Covid. Lì ho pensato ‘les jeux sont faits’.
Domenica, però, non è che le premesse fossero delle migliori...
Sì, diciamo che lo si poteva supporre anche prima, perché così tanti contagi tra gente vaccinata...
Una quindicina di casi, stando alle indiscrezioni.
Esatto, sì.
Tutti della variante Omicron?
Mi risulta così. Anche se in uno o due casi non è stato possibile appurarlo con certezza, ma poco cambia.
Al contrario, se si fosse trattato di un’altra variante, più tradizionale per così dire, la speranza non sarebbe svanita?
In quel caso avremmo avuto a disposizione un gruppo di giocatori (i non positivi, ndr) che sarebbe potuto andare al torneo. Naturalmente, a quel punto l’effettivo andava rimpolpato in modo significativo. Tuttavia credo sia nell’interesse di tutti che una squadra arrivi alla Spengler con una squadra competitiva, in grado di fare spettacolo.
Alla Gottardo Arena, invece, lo spettacolo riprende a gennaio, dopo che già domenica era stata cancellata la sfida di giovedì a Berna: sarete di scena martedì 4 alle Vernets, contro un Ginevra finito a sua volta in quarantena (preventiva, per ora), poi l’8 ospiterete il Friborgo in un contesto senz’altro diverso, pensando agli spettatori. Come pensate di muovervi?
Ritorneremo, se vogliamo, allo scenario di un anno fa, quando si poteva consumare cibi e bevande unicamente stando seduti al proprio posto. Il resto del tempo, invece, si dovrà indossare la mascherina. Ciò che cambia è che stavolta negli stadi i posti in piedi rimarranno: in altre parole gli spalti continueranno a esistere, pur se bisognerà risolvere la questione della consumazione di cibi e bevande, che non può avvenire in piedi. Dovremo trovare soluzioni, ci stiamo lavorando: fortunatamente avremo tempo fino all’8 gennaio, ed evidentemente scambieremo le nostre opinioni con gli altri club, per capire cosa può funzionare e cosa no.
Sì, sicuramente sì. Intanto abbiamo ricevuto le linee guida per dei nuovi concetti di protezione a livello di Lega, e tra l’altro di questo parleremo domani (oggi, ndr) in una teleconferenza. Ovviamente qualcosa cambierà. Si sperava che il vaccino potesse bastare, e in effetti così è, visto che nella quindicina di casi con cui siamo confrontati nessuno ha sintomi gravi, ma purtroppo questa Omicron sta dimostrando di essere molto contagiosa.
Non c’è il timore che il proliferare di tale variante possa invogliare meno gente a recarsi allo stadio?
Evidentemente non sono cose che si possono predire, e ognuno avrà le sue giuste ragioni per venire o non venire. Però sì, credo che la media calerà, ed è comprensibile che finirà in quel modo. Noi però faremo di tutto per implementare i protocolli di sicurezza, verificando il 2G come sempre abbiamo fatto, oltre all’utilizzo della mascherina e al rispetto di tutte le norme attualmente in vigore, con l’obiettivo di far sì che la partita sia un avvenimento sicuro per tutti.