Dopo quattro partite lontano dalle competizioni, Alessio Bertaggia è tornato a scalpitare. ‘Le prime sensazioni sono state positive’
La coperta ora è un po’ più lunga. Dopo settimane in cui l’infermeria del Lugano è andata via via popolandosi, da lunedì la tendenza si è invertita. E così a Rapperswil McSorley ha potuto contare sul rientro di diversi elementi. Come Josephs, Herburger e Bertaggia (oltre allo squalificato Walker e all’esordiente in bianconero Hudacek). «Era ora che si ricompattassero un po’ i ranghi – sottolinea proprio Alessio Bertaggia –. Con il mio rientro e quello di diversi miei compagni, la squadra ha guadagnato in profondità. Inoltre, con un lineup più completo, possiamo alternare i cambi con maggiore agio, senza sovraccaricare qualcuno». Parole, quelle del numero 10 dei bianconeri, che trovano puntuale riscontro nelle statistiche delle ultime due partite del Lugano: se contro il Davos erano stati quattro i giocatori a superare quota 20 minuti di ghiaccio, a Rapperswil lo hanno fatto unicamente in tre. «Martedì abbiamo fatto un passo nella direzione giusta, con la speranza di dare continuità a questo cammino contro il Langnau». Quello visto martedì è già il vero Lugano o c’è ancora margine di crescita? «Personalmente penso che ci sia sempre un margine di crescita, anche per noi. Sarebbe un errore pensare che una prestazione sia il massimo oltre il quale è impossibile andare».
A decidere la partita di martedì è stato l’ultimo arrivato: Libor Hudacek. L’uomo della provvidenza? «Beh, non poteva scegliere miglior biglietto da visita che questo per presentarsi ai nostri tifosi e a noi. Oltre alle due reti, Libor ha fornito un’ottima prestazione, disputando una grande partita. È un giocatore prezioso, fa piacere averlo con noi».
E sul piano personale, come è andata martedì? «Le prime pattinate dopo uno stop causa infortunio sono sempre un po’ strane. Quando ritrovi il gruppo, i compagni e la competizione, è sempre una bella sensazione, ma ci metti un attimino a ritrovare il ritmo ideale. Ma a Rapperswil è andata tutto sommato bene, e le sensazioni che ho ricavato da quella partita sono pure state positive». L’infortunio rimediato a Davos ti ha costretto a saltare quattro partite: quella di Champions League contro il Berlino e tre di campionato, fra cui due derby; è stata dura guardare i compagni da fuori e non poter dar loro una mano? «Non è mai facile dover restare forzatamente a margine della competizione. Specie se vedi che i tuoi compagni in pista faticano; lì vorresti buttarti nella mischia e dar loro una mano... In questo senso quando si vince, la pillola è un po’ meno amara, sebbene la devi comunque ingoiare. D’altro canto anche gli infortuni fanno parte del gioco, e devi imparare a conviverci».
Torniamo indietro di due settimane, e a quello scambio di vedute... manuale con Barandun che ti è costato lo stop forzato: rimediare una commozione cerebrale in una situazione di gioco, per un hockeista, rientra nelle cose ordinarie, meno quando è la conseguenza di una scazzottata con un avversario. «Fortunatamente, non capitano con tanta frequenza casi così – ride –. E per fortuna ho recuperato bene; sono contento di essere potuto tornare sul ghiaccio in tempi relativamente stretti». Ci hai mai ripensato a quell’episodio? «Non in modo particolare, anche perché sono cose che possono capitare in una partita, niente di eccezionale. Quando si verifica una bagarre può sempre succedere che qualcuno abbia la peggio e si faccia male. A Davos, purtroppo, è toccata a me...».
A livello di schieramento tattico, per Bertaggia il punto di riferimento è Thürkauf, visto che spesso, complici i vari infortuni (non da ultimo anche quello occorso al numero 10 dei bianconeri), il terzetto è stato ridisegnato da McSorley: frequenti cambiamenti che non aiutano ovviamente la ricerca degli automatismi ideali. «Nonostante i cambiamenti, dettati da motivi di forza maggiore, per me le cose sinora stanno andando molto bene. Il fatto di aver quasi sempre avuto uno come Calvin all’ala è sicuramente stato un bell’aiuto. In ogni caso, indipendentemente da chi siano i miei compagni di linea, cerco di fare sempre del mio meglio per mettere al loro servizio quelle che sono le mie caratteristiche».
I casi di positività al coronavirus emersi nello spogliatoio dello Zugo hanno fatto rispuntare dall’armadio lo spettro del coronavirus, lo stesso che la passata stagione aveva dettato i ritmi di avanzamento (a singhiozzo) della stagione regolare, poi chiusa prima delle 52 giornate previste. Dopo il rinvio della partita di martedì, i campioni svizzeri domani riceveranno il Berna, per poi far visita al Lugano alla Cornèr Arena sabato, ma lo faranno con una formazione giocoforza decimata... «La passata stagione era tutta un’altra cosa, con partite che saltavano all’ultimo. Ora, per fortuna, abbiamo ritrovato una certa normalità nel calendario, con qualche eccezione. Ciò non vuol comunque dure che il coronavirus faccia ormai parte del nostro passato, un passato a cui non ci si pensa più. In ogni caso anche quest’anno si deve dare prova di grande flessibilità, né più né meno di come era stato il caso l’anno scorso, perché gli imprevisti sono sempre in agguato. Alla partita di sabato, a ogni buon conto, per ora non ci pensiamo: prima di quella c’è la trasferta di Langnau, altrettanto importante, su cui dobbiamo concentrarci».