Romain Loeffel e compagni vogliono chiudere in bellezza la prima fase dei Mondiali, terminandola con il miglior piazzamento possibile
Dodici punti due anni fa in Slovacchia, altrettanti in Danimarca nel 2018. Per ritrovare una Svizzera con un bottino di 15 punti al termine della prima fase di un Mondiale bisogna allora tornare indietro di quattro anni, a quell'edizione organizzata congiuntamente da Germania e Francia e chiusasi, per gli elvetici, allo stadio dei quarti di finale. Contro, guarda un po', la solita Svezia. Ed è appunto per eguagliare quel bottino raccolto nella poule parigina che la Svizzera di Patrick Fischer torna in pista per affrontare la Gran Bretagna nel suo ultimo impegno della prima fase. Contro quella che, a tutti gli effetti, è la selezione meno dotata di questo girone (anche se la classifica la colloca al penultimo posto, comunque appaiata al fanalino di coda Bielorussa). La vittoria in quest'ultima partita permetterebbe infatti agli elvetici di terminare la prima fase a quindici punti, quota che potrebbe pure garantire loro un interessante piazzamento nella classifica finale del girone A, con conseguente avversario teoricamente più abbordabile nei quarti di finale. «Certo, la Gran Bretagna non avrà un roster fatto di grandi nomi, ma sta pur sempre disputando un buon Mondiale, nel corso del quale ha comunque retto bene anche al cospetto delle grandi – premette Romain Loeffel –. Per cui non possiamo certo permetterci di abbassare la guardia, anche perché la posta in palio in questo ultimo confronto per noi è comunque parecchia».
Dopo aver affrontato tutte le squadre del vostro girone, eccezion fatta per la selezione britannica, dove collocheresti la Svizzera? «Siamo ancora in corsa per il primo o il secondo posto e ci batteremo per chiudere in una di queste posizioni. E in fondo trovo che sia una rivendicazione legittima per come stiamo giocando. Anche se non dobbiamo illuderci che sia così semplice nemmeno questo ultimo confronto: l'hockey non è mai facile, specie se non fai le cose giuste al momento giusto; devi veramente lavorare in modo costante per tutti i sessanta minuti, indipendentemente dall'avversario che hai di fronte». E delle sei partite giocate, qual è quella in cui la Svizzera ti è piaciuta di più? «Forse contro la Cechia nella sfida inaugurale, o quella con la Slovacchia. Ma, in generale, tutte le partite che abbiamo vinto le abbiamo ben interpretate. Pure quella contro la Danimarca, sebbene in quell'occasione abbiamo segnato un solo gol: contro i danesi siamo stati brillanti dietro, concedendo loro la miseria di quattro tiri; qualcosa di incredibile!».
L'unico vero neo di questa prima parte di torneo è la partita con la Svezia, completamente mancata da Loeffel e compagni: «Proprio così. Quanto ne prendi sette di gol, non puoi certo dire di aver giocato quella partita come avresti voluto e men che meno dovuto fare. Quel match è stato la dimostrazione pratica che quando non giochiamo il nostro hockey, o non lo facciamo con la giusta convinzione, poi sono guai... È stato un peccato che sia successo a un Mondiale, ma sono comunque cose che succedono. L'importante è che quell'incidente di percorso sia servito a tutti da lezione: abbiamo capito che qualcosa andava cambiato, ed è quello che abbiamo fatto già dalla partita successiva». E la Svizzera ha continuato a farlo anche in quelle che sono seguite alla goleada con la Slovacchia. Pure contro la Russia, sebbene l'esito finale di quella partita non abbia dato ragione a Loeffel e compagni: la lezione, insomma, è decisamente servita. «È vero che sabato abbiamo perso, ma siamo stati sconfitti al termine di una bella partita. Abbiamo pagato quel paio o tre errori che abbiamo commesso in più della Russia, errori che i nostri avversari hanno sfruttato per far pendere l'ago della bilancia in loro favore. Anche quella è stata una lezione per noi: quando concedi due-tre dischi di tropo a un avversario così, puoi star sicuro che qualcosa poi succede... Ora l'abbiamo capito, abbiamo capito di farci trovare subito pronti e con la massima concentrazione ogni volta che tocchiamo il ghiaccio per un cambio. E contro squadre così dobbiamo imperativamente anche concretizzare di più: dobbiamo imparare da loro».
Te la aspettavi una prima parte di torneo così ricca di soddisfazioni per la Svizzera? «Siamo sbarcati qui a Riga con la consapevolezza di avere una buona squadra e con parecchia fiducia nei nostri mezzi. Sapevamo, e sappiamo, che giocando il nostro hockey per tutti i sessanta minuti (o più) del confronto, possiamo veramente compiere qualcosa di grande. Ma lo dobbiamo appunto fare dal primo all'ultimo secondo, con le medesime intensità ed energia. Detto ciò, ad ogni buon conto, non abbiamo fatto ancora niente di concreto: prima di tutto da giocare resta ancora una partita di questa prima fase, e poi vedremo ciò che succederà».
C'è qualche squadra che a tuo modo di vedere ha un po' deluso qui a Riga? «Di risultati sorprendenti ce ne sono stati parecchi, sin dal primo giorno. A colpirmi in negativo sono stati in particolare Canada e Svezia, soprattutto per le difficoltà palesate nelle loro prime partite».
Che bilancio parziale stili del tuo Mondiale? «È un torneo strano, veramente strano. Non siamo abituati a viverlo così, impossibilitati a uscire e goderci un po' di quell'atmosfera speciale che solitamente accompagna una simile competizione, e, anzi, siamo costantemente immersi in una 'bolla', che comprende praticamente solo la pista e il nostro albergo. L'unica cosa che puoi fare è allenarti e giocare, per poi tornare al tuo accampamento. Ma al di là di tutto va benissimo anche così: nonostante tutto puoi giocare, ed è quel che più conta. L'hockey è la mia professione ma anche la mia passione, e sono felicissimo che, malgrado i non pochi scompensi dettati dalla pandemia, possa essere qui a Riga a calcare questa ribalta». Una ribalta che sin qui ti ha anche regalato diverse soddisfazioni personali, come le due reti realizzate (entrambe contro la Slovacchia), a cui va aggiunto un assist. «Sì, non posso che essere contento di come stanno andando le cose per me: ogni partita ho l'opportunità di dare una mano concreta alla squadra, sia difensivamente, sia offensivamente. A livello di qualità di gioco sono anche soddisfatto, sebbene ci siano sempre cose che posso migliorare. Per questo dopo ogni partita guardiamo i video per capire quali siano i dettagli che possono essere perfezionati».