Dopo la cavalcata del postseason, il ‘diesse’ Rapperswil Jannick Steinmann si confida. Dal cambio di allenatore al dover di no a un amico
L’incredibile percorso del Rapperswil si è concluso in semifinale. Il direttore sportivo dei Lakers Janick Steinmann racconta le sue emozioni. «È il bello dell’hockey, a volte accadono queste storie. A inizio stagione il nostro obiettivo era il raggiungimento dei pre-playoff, era realistico. In qualità di outsider siamo riusciti ad arrivare sino a qui grazie alla compattezza del gruppo. Onestamente sono sorpreso, non avrei pensato di terminare il campionato tra le prime quattro squadre».
L’effetto Tomlinson
In parecchi sostengono che i sangallesi siano arrivati così lontani a causa della risaputa partenza del coach Jeff Tomlinson, in sella da sei anni. Ciò ha forgiato ancora di più lo spirito di squadra, in sostanza i giocatori avevano una missione, onorare l’addio del canadese. «Credo che questa storia sia stata più che altro pompata dai media, ma sapevamo che tale notizia avrebbe provocato delle reazioni. Jeff è molto amato, magari questo fatto ha dato ulteriori stimoli, anche se solitamente quando sei giocatore non giochi per l’allenatore o contro di lui, entri sempre sul ghiaccio per vincere, perlomeno per il sottoscritto era così».
La partenza del coach e la conseguente pressione
Eppure, malgrado i successi e il fatto che Tomlinson sia venerato da tifosi e giocatori, non è stato confermato. Steinmann si è pentito della sua scelta? In fondo ora ha solo da perdere, se con il nuovo allenatore Hedlund non dovesse andare così bene, la piazza non gli perdonerà il cambio di guida. La pressione per lui e per il nuovo staff tecnico sarà enorme. «Dobbiamo restare con i piedi per terra. Con le nostre possibilità l’obiettivo sarà sempre e solo il raggiungimento dei pre playoff, è la realtà delle cose. Sapevo che il fatto di cambiare staff tecnico avrebbe provocato critiche, è stata una decisione difficile, ma resto convinto che sia la scelta giusta», afferma Steinmann che non vuole entrare nei dettagli in merito alla motivazione.
Il duro lavoro con i giovani rampanti
Per l’ex giocatore del Lugano il lavoro futuro non sarà facile. Parecchi giovani hanno fatto passo da giganti e sarà difficile trattenerli, basta pensare a Nyffeler, Eggenberger, Lehmann, oltre a Egli che già dal prossimo campionato cambierà aria e sarà a Davos. Frustrante per il direttore sportivo? «Ovviamente a livello finanziario possiamo competere solo con Ambrì e Langnau (oltre che Ajoie ndr). Pensiamo a Egli, chiaramente mi fa male la sua partenza, ma si parla di cifre che per noi erano impossibili da raggiungere. È il rischio che corri quando punti sui giovani. Da noi i ragazzi ricevono molte responsabilità e spazio. Con la fiducia diventa tutto più facile, inoltre qui a Rapperswil c’è serenità e si respira un bell’ambiente, tutti elementi che aiutano allo sviluppo. Ad esempio con Eggenberger siamo riusciti a rinnovare il contratto, Nando ha mostrato riconoscenza nei confronti del club affermando che il suo percorso con noi non fosse ancora concluso. Vuole continuare a progredire a Rapperswil e partecipare all’ulteriore costruzione del club. La mia speranza è che altri seguiranno il suo esempio, ma sono cosciente, non tutti decideranno di rimanere. Il nostro obiettivo non deve e non può però essere quello di perderli a favore di altri club di National League, bensì di aiutarli a raggiungere la Nazionale elvetica e di ricevere delle offerte dall’estero. In questo senso spero che presto arrivi il financial-fairplay».
Il lato umano, è dura dover dire di no a un amico
Steinmann ha dovuto interrompere prestissimo la sua carriera attiva a causa di problemi fisici e a soli 34 anni ha già concluso la sua seconda stagione in una funzione solitamente ricoperta da gente più matura, un’età dove solitamente si è ancora sul ghiaccio (Vukovic ad esempio ha un anno in più di lui ndr). «Ho avuto molta fortuna nella sfortuna e devo ringraziare tantissimo lo Zugo. Dopo la nona commozione cerebrale chiesi al mio club formatore se avessero qualche lavoretto per me; ho potuto iniziare come scout e svolgere diverse mansioni, in seguito dopo qualche anno mi sono canidato per il posto qui a Rapperswil e sono stato scelto. Sono grato a tutti per la fiducia dimostrata, mi trovo benissimo e spero di poter continuare a implementare la mia filosofia qui a Rappi per ancora diversi anni. Però devo ammetterlo, ogni tanto mi brucia ancora il fatto di non poter più giocare, quando vedo appunto dei coetanei in pista». La giovane età non è sempre facile da gestire nelle trattative. «Non disdegnerei di avere cinque o sei anni in più. A volte capitano situazioni davvero delicate a livello emotivo. Un esempio su tutti è con Corsin Casutt. Siamo arrivati assieme in National League in quel di Zugo, dovergli dire la stagione scorsa che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato è stato davvero duro».