Il 'Rappi' e il coach dei miracoli, che ha portato la squadra dalla B alla Coppa fino a una sorprendente semifinale. Profico: 'Qui ha lasciato il segno’
«Onore a chi l'onore è dovuto. Grazie Jeff». Recita così l'enorme striscione che campeggia dall'inizio dei playoff sugli spalti della St. Galler Kantonalbank Arena. Già, perché, qualsiasi cosa succeda in questa semifinale tra lo Zugo e il suo Rapperswil, il cinquantuenne tecnico canadese Jeff Tomlinson può essere fiero di quanto è riuscito a fare sull'arco delle sue sei stagioni trascorse sulla panchina sangallese. Che, come ormai è noto, lascerà al termine della stagione.
Quando aveva preso in mano le redini del Rapperswil, nel 2015, il club era davvero a terra, complice la retrocessione in B. Sotto la sua guida, appena tre anni più tardi i Lakers sono però stati capaci di riguadagnarsi non solo il posto nell'elite nazionale, ma hanno persino chiuso la stagione vincendo la Coppa Svizzera. Poi, dopo dopo due regular season chiuse all'ultimo posto, Tomlinson dal suo cilindro ha saputo estrarre un altro colpo a effetto, regalando ai sangallesi i primi playoff dal ritorno in National League grazie al successo sul Bienne nei pre-playoff, e poi portandoli addirittura in semifinale (per la prima volta dal 2006, quando vennero battuti dal Davos) dopo il successo a sorpresa sul Lugano. «Ora posso dire di aver raggiunto ogni obiettivo», commenta con soddisfazione Tomlinson.
Al di là di come finirà, questa stagione ha già il sapore del trionfo. Per una squadra che ogni sera in pista porta grinta e cuore, qualità che il tecnico tedesco-canadese ha saputo inculcare nei suoi giocatori. «Questo è il suo biglietto da visita – racconta il 31enne difensore Leandro Profico, l'unico giocatore della rosa ad aver giocato tutte sei le stagioni della gestione Tomlinson. «Jeff è una persona molto umana, onesta, che rispetta tutti, ed è dotato di un buon istinto. Ci sono allenatori che per così dire fanno soltanto il loro lavoro, lui invece si preoccupa dei giocatori. La porta del suo ufficio è sempre aperta per tutti. Certo, le discussioni non sono mancate in questi anni, ma ha sempre trovato un modo per affrontarle in modo positivo. Ogni volta che sono uscito dallo spogliatoio, l'ho fatto con la giusta motivazione».
Fra le caratteristiche riconosciute a Tomlinson v'è pure la sua grande attenzione ai dettagli. «Ha il suo sistema per gestirci, con una briglia piuttosto corta. E questo modo di fare ci ha portati al successo: gioco semplice e nessun rischio, ma al tempo stesso qualche libertà in più per i giocatori tecnicamente più dotati. Trovo che sia un mix ideale. E poi c'è la sua passione: a volte sembra che sul ghiaccio ci vada lui stesso per le partite. Ma se non ci va di persona, ci mette il suo cuore. Questo è esattamente il tipo di allenatore che necessitava il club dopo la retrocessione: Tomlinson qui ha lasciato il segno».
Ma, appunto, la sua avventura alla testa dei sangallesi si chiuderà al termine di questo campionato. La scelta l'ha presa lui stesso appena appresa la notizia che i vertici del club avevano iniziato a valutare alternative per la guida tecnica della squadra. Tomlinson ha allora preferito farsi da parte. Una scelta che ha colpito pure Profico: «Già, anche se è così che va il business nell'hockey. Il club voleva un cambiamento e si è mosso in tal senso, anche se nessuno si sarebbe aspettato un finale di stagione come quello che stiamo vivendo. Bello per noi, ma anche e soprattutto per lo stesso Tomlinson».
Un Jeff Tomlison che, però, sta vivendo queste ultime settimane alla testa del 'Rappi' con sentimenti contrastanti, perché per lui questa è una separazione difficile. «All'epica, sono venuto qui con entusiasmo» spiega, premettendo che altre volte erano stati piuttosto gli interessi di tipo finanziario a spingerlo ad accettare degli incarichi. «Ora, però, non lo farei più. Beh, sono un allenatore esperto, adesso lo so».