Costretto in tribuna da un guaio al ginocchio, Giacomo Casserini e tutta Porrentruy trattengono il fiato prima di un mercoledì che può anche valere la promozione.
Tra l’Ajoie e il paradiso resta un ultimo scalino. Su quel gradino, naturalmente, i giurassiani contano di salirci domani sera in casa loro, davanti all'ambizioso Kloten, convinto di aver vita facile sulla strada del ritorno nella massima serie. Invece, dopo la sconfitta dell’altra sera alla Swiss Arena, ora gli Aviatori si trovano spalle al muro, in ritardo 3-2 in una finale al meglio di sette partite che quest’anno, effetti del Covid, mette in palio la promozione automatica, senza dover passare dallo spareggio. «Il Kloten è una squadra tecnicamente molto valida, con parecchi elementi che hanno esperienza pure in National League (come Juraj Simek, René Back o Steve Kellenberger, per non citare che i più noti, ndr). Io, però, sono fiducioso: domani finirà 4-2 per noi». Parola di Giacomo Casserini, trentenne difensore di Muralto che da otto stagioni ormai veste la maglia di un club giurassiano che già cinque anni prima era riuscito a laurearsi campione di Swiss League, salvo poi dover rinunciare allo spareggio perché la società non aveva presentato alla Lega il dossier per la promozione. Stavolta, invece, quel passo è stato intrapreso, anche perché nel frattempo l'Ajoie si è dotato di un nuovo stadio, la Raiffeisen Arena, che ha soppiantato la vetusta Patinoire du Voyeboeuf. «Quella della promozione è una scelta che spetta ai dirigenti – dice Casserini –. Noi, quello che possiamo fare è fornire le premesse affinché ci siano i requisiti affinché ciò possa accadere: è chiaro, però, che la prospettiva di un salto di categoria senza lo spauracchio di dover subito investire per evitare l'immediata retrocessione (anche l'anno prossimo, sempre per effetto del Covid, non ci sarà infatti alcuna relegazione dalla National League) permetterebbe al club di avere più tempo per portare il budget a un livello tale da poter competere con le altre squadre di National League. E credo che questo abbia il suo peso».
Adesso, purtroppo, c'è ben poco che tu possa fare, costretto come sei a seguire i compagni dalla tribuna. «Già. Due mesi fa, neanche a farlo apposta proprio in una partita contro il Kloten, dopo aver fatto un movimento ho sentito che c'era un problema al ginocchio. Lì per lì non sembrava qualcosa di particolarmente grave; pareva un banale stiramento, tant'è che una decina di giorni dopo ho ripreso a giocare normalmente. Col senno di poi, però, forse avrei dovuto stare a riposo un po' più a lungo... Infatti, alla terza partita dal rientro (il 16 febbraio contro il Langenthal, ndr) il ginocchio ha fatto nuovamente crac. Esami più approfonditi hanno evidenziato una lesione del legamento. A quel punto potevo decidere se operarmi oppure cercare di rimetterlo a posto osservando una pausa di almeno un paio di mesi. Ed è quel che ho appunto scelto di fare».
Quell'episodio, però, non è stato il solo in una stagione che ti ha visto finire in infermeria una prima volta nel mese di ottobre, per colpa di quel disco in faccia durante un allenamento... «Se vogliamo, quello però è stato un incidente piuttosto banale. È successo nel warmup prima della trasferta a Zugo (contro l'Academy) quando c'è stata una deviazione su un passaggio di Devos e il disco mi è arrivato in bocca. Nulla di grave, comunque, ho perso solo un paio di denti. Se non ho potuto giocare quella sera è stato soltanto perché ero appena stato dal dentista per sistemare il problema: la mattina dopo, infatti, ero di nuovo sul ghiaccio per l'allenamento, naturalmente con una griglia protettiva montata sul casco».
Peccato che la stagione sia praticamente arrivata al termine, altrimenti... «Sì, è vero che nel frattempo ho potuto riprendere a pattinare e ad allenarmi a carico ridotto, con l'assistenza del nostro preparatore atletico che è una persona davvero competente, e di dolori non ne ho ravvisati. La mia stagione, però, è finita quel 16 di febbraio. Mi dispiace davvero aver dovuto saltare questo finale di campionato, ma sarebbe da irresponsabili rischiare di mettere a repentaglio anche il mio futuro per un rientro prematuro. E davanti a me ho ancora qualche stagione da giocare».
Pur se altrove: a Visp più precisamente, dove nel frattempo hai raggiunto un accordo per un contratto biennale. «Dopo otto anni stagioni a Porrentruy, parlandone con la mia ragazza avevo maturato la decisione che era arrivata l'ora di cambiare aria, vedere qualcosa di nuovo e conoscere altre persone. Per questo mi sono accordato con il Visp». Prima di allora, però, c'è ancora un campionato da concludere e una finale da giocare. E chissà, se l'Ajoie dovesse vincere, e poi salire, le carte in tavola potrebbero magari anche cambiare...
A proposito: sorpreso di come sia andata a finire l'altra sera a Kloten, in gara 5? «No, perché lunedì eravamo andati a Kloten con la convinzione che era quello il momento giusto per cercare il successo in trasferta e portarci avanti nella serie. Abbiamo fatto di tutto per imporci e alla fine ci siamo riusciti. Adesso siamo noi ad avere in mano le sorti di questa finale: certo, non è ancora finita, ma il fatto di poter giocare il primo match-point in casa, domani, aumenta sensibilmente le nostre chance».
Prima dell'inizio di questa finale i media d'oltre Gottardo hanno montato un 'caso' sul futuro dei canadesi Philipp-Michael Devos e Jonathan Hazen: quelle voci, a quanto pare montate ad arte nel canton Zurigo, volevano che i vostri due stranieri avessero già firmato un contratto a Kloten per la prossima stagione... Voi, questa cosa come l'avete presa? «Sinceramente io non presto attenzione alle voci di mercato sui giornali, men che meno in un periodo intenso come i playoff: a riferirmi questa cosa sono stati i compagni. Quel che è certo è che, avendo una pressione enorme sulle sue spalle in questa finale, il Kloten le prova un po' tutte per metterci in difficoltà, e dunque ritengo possibile che qualcuno abbia contribuito a fare del 'trash talking', pur se ritengo anche possibile che qualche media abbia liberamente interpretato un'affermazione distorcendo la realtà... Quando non si hanno prove, è difficile puntare il dito verso qualcuno. D'altro canto, anche queste cose fanno parte del gioco, quando la posta in palio ha una certa consistenza. La verità vera la conoscono solo i diretti interessati, ma al di là di tutto Hazen e Devos stanno indubbiamente giocando per il bene della nostra squadra, e se siamo dove siamo ora è anche (e non soprattutto) grazie a loro. Sia quel che sia, non dobbiamo pensare alle voci, ma concentrarci sul gioco: alla fine a contare è ciò che dice il ghiaccio, non le chiacchiere».