Hockey

La tregua è finita: Gdt pronti a tornare in pista

Finita la quarantena, i biancorossi di Nicola Pini lunedì hanno ripreso ad allenarsi. 'C'è una grande voglia di ricominciare a giocare'

Pronti a ricominciare (Ti-Press)
21 ottobre 2020
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I Gdt Bellinzona sono pronti a ripartire. Quasi tre settimane dopo lo stop decretato dall'ufficio del medico cantonale a seguito della positività di ben 14 giocatori, i biancorossi di Nicola Pini sono pronti per riprendere il discorso interrotto praticamente all'indomani del successo in casa del Reinach a inizio mese. «E la mia speranza è che il discorso lo si possa riprendere esattamente da dove era stato interrotto da questo virus - puntualizza il coach dei ticinesi -. Eravamo reduci da tre vittorie consecutive, che mi auguro diventino quattro sabato dopo la trasferta a Wil (ingaggio d'apertura alle 17.30, ndr). Ciò che è capitato a noi, come pure a diverse squadre in questo primo scorcio di campionato, è la conferma di quanto dicevo all'inizio di questa travagliata stagione: non sapendo come (e se...) si arriverà alla sua conclusione è indispensabile fare più punti possibili fin dall'avvio». Cosa che, appunto i ragazzi di Pini avevano fatto inanellando la mini serie positiva con cui si era lasciata alle spalle il passo falso della giornata inaugurale contro l'Herisau.

In una classifica giocoforza di difficile lettura - solo il leader Burgdorf ha disputato sette match, mentre tutte le altre devono recuperarne chi uno, chi due e chi tre (fra cui i Gdt) -, nonostante lo stop forzato dettato dalla quarantena, il Bellinzona ha comunque saputo mantenersi nei piani alti. E, più indicativamente, con una media di 2,25 punti a partita vanta il secondo miglior rendimento dell'intero girone est di Prima Lega (dietro al solo Oberthurgau). «E non è detto questo criterio venga preso in considerazione per determinare una classifica finale qualora non si dovesse riuscire a recuperare tutte le partite rinviate. Un simile scenario è infatti evocato anche nelle misure previste dalla Regio League in funzione dell'evoluzione della situazione pandemica».

'Il peggio, per noi, adesso è alle spalle'

Come avete trascorso questo periodo di stop forzato? «Prima, ovviamente, ci siamo dovuto fermare e interrompere tutte le nostre attività, come da disposizioni dell'ufficio del medico cantonale. Sul ghiaccio ci siamo tornati lunedì, lavorando prevalentemente sulla condizione fisica, affinché i ragazzi potessero ritrovare il ritmo ideale della competizione. Perché quando ci si ferma, il rischio è appunto quello di andare incontro a un calo di forma... Del resto siamo un po' tutti sulla stessa barca: stavolta è capitato a noi, come ad altre era successo ancora prima. E con tutta probabilità altre saranno confrontate col medesimo problema più in là in stagione». Non tutto il male vien però per nuocere (o per farlo eccessivamente)... «No, infatti: avendo già avuto ben 14 casi di positività all'interno dello spogliatoio posso dire che noi il peggio dovremmo essercelo lasciato alle spalle. Un po' di anticorpi ce li siamo fatti: la probabilità che qualcuno di questi giocatori si ammali nuovamente già nelle prossime settimane è assai remota e, allo stesso tempo, sono in pochi i giocatori della mia squadra che non hanno ancora contratto il virus. Questo non vuol comunque dire che ora possiamo abbassare la guardia: quanto sperimentato sulla nostra pelle ci insegna che abbiamo a che fare con un virus assai contagioso, ragion per cui dovremo continuare a osservare in maniera scrupolosa tutti i protocolli sanitari e se del caso introdurne di ulteriori. Ad ogni buon conto possiamo ritenerci anche fortunati per il decorso della malattia tra i giocatori risultati positivi: nella stragrande maggioranza dei casi (ben undici) si è trattato di casi asintomatici, per cui, trascorso il periodo di confinamento, gli interessati hanno potuto riprendere quasi normalmente ad allenarsi. Ovviamente, essendo la Prima Lega un torneo non professionistico, ci vorrà comunque un po' per ritrovare la giusta velocità di crociera: a questi livelli non hai tutto il tempo che vorresti per recuperare il terreno perso dopo uno stop. Ma fin da subito ho visto in tutti una grande voglia di ricominciare».

Considerato però quello che sta capitando un po' dappertutto, è però lecito chiedersi quanto sia ancora giusto e giustificato andare avanti... «Premetto che non sono un medico e dunque non ho gli strumenti per poter valutare l'effettiva gravità della situazione. Chiaramente, se dovessero aumentare in modo sensibile i ricoveri o, peggio ancora, i decessi, sarei tra i primi a dire che sarebbe meglio fermare tutto, ma, per fortuna, son siamo a quel punto e allora trovo che sia importante andare avanti. Tanto più che, a quanto ne so, nella maggior parte dei casi di sportivi contagiati si parla di lievi sintomi se non addirittura di casi asintomatici, come appunto successo a noi. L'hockey, e lo sport in generale, rappresentano una componente molto importante in fatto di salute e vita sociale: fermare tutto sarebbe ugualmente dannoso, ecco perché questa sarebbe una scelta da prendere come 'extrema ratio'».