Marc Gianola parla dell’Ambrì, a due mesi dal torneo di Davos. ‘Sono al corrente degli infortuni, ma nel contingente per il torneo c’è posto per 28 giocatori’
Mancano ormai solo 54 giorni al via della Spengler. In uno stadio con una tribuna nuova di zecca, ma soprattutto con un totale di 13 spogliatoi di livello internazionale. E la novantatreesima edizione della storia sarà anche la prima in assoluto con l’Ambrì nel cast dei partecipanti. Dopo un accordo tra gli organizzatori e il club leventinese che venne pubblicamente annunciato alla festa di fine stagione dei biancoblù, lo scorso marzo: la famosa ‘notizia bomba’. «In verità , siamo in contatto da parecchio tempo – spiega Marc Gianola, il presidente del comitato organizzatore del torneo su invito più famoso al mondo, la cui prima edizione si tenne nel lontano 1923 –. Poi si può dire che l’arrivo dei biancoblù ai playÂoff nella passata stagione abbia spianato la strada verso un accordo. Per noi è chiaro, Davos e Ambrì hanno un terreno in comune, siccome sono due club di paese dalla filosofia simile, e potremmo persino arrivare a dire che si appartengono l’un l’altro. Ci sarebbe già stata la possibilità di invitare l’Ambrì tre o quattro anni fa, ma allora il Ginevra arrivò in finale alla Spengler e la vinse, di conseguenza venne automaticamente invitato per l’edizione successiva. Detto ciò, noi dobbiamo pure valutare l’aspetto puramente agonistico, perché vogliamo far sì che il livello del torneo rimanga elevato, e 3-4 anni fa, nonostante fossimo già in contatto, l’Ambrì stava vivendo momenti difficili sul piano sportivo. Ma dopo aver visto qual era l’andamento dei biancoblù nella scorsa stagione, abbiamo spedito loro l’invito. Ancor prima che iniziassero i playoff». L’Ambrì di adesso, però, non è lo stesso della scorsa primavera. Ma soprattutto ha dovuto fare i conti con moltissimi infortuni, in una stagione davvero massacrante sul piano agonistico. «Sì, ma alla Spengler le squadre si presentano con un contingente di 28 giocatori, quindi l’Ambrì avrà la possibilità di rinforzarsi bene. Mi spiace per le difficoltà che la squadra sta incontrando, ma penso che entro l’inizio della Spengler Cereda potrà contare sulla squadra al completo. E non ho dubbi che verrà al torneo con una squadra competitiva». Se per l’Ambrì si tratta di una prima, in quella squadra c’è un giocatore, cioè Daniel Manzato, che il clima della Spengler l’ha già saggiato a tre riprese: due volte con il Lugano e una – l’ultima – con i finlandesi del KalPa di un certo Sami Kapanen. Vincendola. E di quest’edizione, il trentacinquenne portiere friborghese si è detto sicuro che ci sarà un’invasione di tifosi ticinesi. «È vero, l’abbiamo già capito dalla prevendita, siccome la richiesta di biglietti dal Ticino è enorme – conclude Gianola –. Sarà una festa dell’hockey, e i sostenitori dell’Ambrì faranno la loro parte. Naturalmente, però, credo che anche i tifosi del Davos invaderanno lo stadio e la ‘Fan zone’, dove a spiccare sarà un mix di colori fra il giallo, il bianco e il blu».
Sulla cima dello Schneehüenerstock, al confine tra Uri e Grigioni, dove va in scena la conferenza stampa ufficiale di presentazione della Spengler 2019, tra chi prende la parola c’è anche il leggendario Bernhard Russi. Uno che non ha certo bisogno di presentazioni, e che oltre ad essere ambasciatore di Andermatt Swiss Alps, la società presieduta dall’uomo d’affari Samih Sawiris, è prima di tutto tifoso illustre dell’Ambrì. «Sin da quando, all’età di sette anni, mio zio mi insegnò la Montanara – dice l’oggi settantunenne ex campione urano –. Quando si dice che Ambrì e Davos hanno molto in comune, è vero. Dei montanari, come lo sono anch’io, che appartengono agli svizzeri che si battono affinché le montagne valgano la pena di essere vissute, e che non si limitino a diventare delle semplici riserve naturali. Io non ho nulla in contrario, dico soltanto che sulle montagne bisogna pure vivere, in parte sopravvivere. E quello dell’Ambrì è un modo di sopravvivenza estrema: e ovunque nel mondo, quando viaggio io ne racconto la sua storia, che è fantastica. Anche ciò che hanno fatto a Davos è fenomenale, ma francamente quella è una realtà più grande, con più abitanti, più ospiti, più alberghi eccetera». Però non sempre il connubio tra montagna e sport dà risultati impeccabili. Basti pensare alle tre volte (l’ultima, un anno fa) in cui la Svizzera ha respinto l’idea di ospitare i Giochi olimpici. «Non saprei dire se un giorno ospiteremo le Olimpiadi invernali, ma trovo che non sia necessario forzare le cose: sono abbastanza democratico da capire che se la maggioranza della popolazione di un cantone o della Svizzera non li vuole, perché non ne sente il bisogno, bisogna rispettare ed accettare quella scelta. Io considero il nostro Paese più portato ad organizzare dei Campionati del mondo, che sia nell’hockey, nello sci, sia esso alpino o nordico, o ancora nel ciclismo. Lo sappiamo fare e lo sappiamo fare bene: se ci concentreremo su questo, credo che sapremo venderci anche meglio che con i Giochi olimpici. I quali sono in ogni caso molto criticati, e in parte a ragione».