Il direttore sportivo Roland Habisreutinger tira le somme dell'annata del Lugano. Andata comunque oltre le aspettative di inizio stagione
Lugano – Il tempo lenisce tutto. Pure le delusioni più grandi, anche se quello della finale persa in gara 7 venerdì, nel cuore dei bianconeri fa ancora un po’ male. «La delusione c’è ancora – sottolinea il direttore sportivo del Lugano Roland Habisreutinger –. Non tanto per come abbiamo giocato questa finale, ma per come è finita. Il gruppo ha lavorato bene fino alla fine, vincendo tre sfide della finale, ma, appunto, c’è mancata quella decisiva... Quando arrivi alla bella, indipendentemente da quanti giocatori sani hai a disposizione, vuoi vincerla. Mi rincresce perché non ci siamo andati lontani: lo Zurigo ha vinto due volte alla Resega segnando in totale la miseria di tre gol (di cui uno a porta vuota)... Forse, guardando nel dettaglio la serie, in gara 1 e gara 7 non abbiamo messo la stessa intensità che nelle altre sfide. Si possono fare mille teorie sul fatto che poteva andare diversamente cambiando questo o quello, ma la controprova non l’avremo mai».
Epilogo a parte, raggiungere gara 7 della finale è comunque un traguardo che va ben oltre le aspettative di inizio stagione: «La stagione nel suo insieme è stata soddisfacente. Da settembre a oggi il gruppo è cresciuto e maturato. È diventato squadra. A due giorni di distanza, a prevalere è l’orgoglio per quanto fatto piuttosto che la delusione per ciò che non abbiamo vinto venerdì. Per quello, ci riproveremo. Sono molti i momenti che hanno segnato questa stagione, in positivo e in negativo; da direttore sportivo, sono però soddisfatto di come il gruppo sia cresciuto in funzione al grande lavoro portato avanti da Ireland e da tutto il suo staff. La squadra ha risposto ottimamente agli stimoli richiesti dall’allenatore. All’interno dello spogliatoio si è creata grande armonia, e penso che questo sia stato il segreto del nostro successo. Perché, al di là di tutto, questa stagione è stata un successo».
Quando, alla 49ª giornata della stagione regolare, il Lugano si è ritrovato privato in un colpo solo di Brunner, Bürgler e Chiesa, i più scettici pronosticavano ben altri scenari per i bianconeri che quello di ritrovarsi in gara 7 della finale... «Nemmeno qui abbiamo la controprova che con loro sarebbe andata diversamente. È comunque innegabile che i loro infortuni siano stati un colpo duro. Di certo c’è invece che, dovendo fare i conti con le loro defezioni, il resto della squadra ha capito che avrebbe dovuto seguire alla lettera il sistema voluto da Ireland. Ognuno si è fatto carico di maggiori responsabilità, e ciò ha portato tutti a maturare la consapevolezza che solo giocando assieme si sarebbe potuto far fronte alle difficoltà. Forse, se avessimo avuto tutti a disposizione, avremmo peccato di supponenza, ritenendo che sarebbe bastato il talento per andare avanti».
Quanto ha giovato il camp in Engadina nella pausa olimpica? «Ogni club prepara la scaletta ideale al fine di arrivare in forma al momento clou della sua stagione. Sono poi i risultati a dire se quella era la scelta migliore. Nel nostro caso, il break di febbraio è stato ben sfruttato, anche se il risultato finale è la somma di un processo che dura tutta una stagione. Ci sono stati periodi in cui i risultati non sono seguiti alle prestazioni, ma non posso parlare di momenti di debolezza. Niente acuti ma nemmeno vere crisi».
Da ultimo, Habisreutinger spende due parole sul pubblico: «Ha risposto ottimamente. Per me è come un fuoco che necessita di una scintilla per essere acceso. E quella scintilla è stata brava la squadra a trovare il modo per scoccarla. Grazie ai risultati, il pubblico ha guadagnato fiducia nella squadra, alimentando il fuoco con nuova legna. L’affluenza è stata soddisfacente e a trarne beneficio sono stati anche i giocatori. Siamo riusciti a portare alla pista tanta gente e alla fine questa gente ha contribuito anche lei a portare la squadra fin dove è arrivata».
Usciti di scena Brunner, Bürgler e Chiesa, tutti costretti a saltare il postseason, alla Resega, giusto in tempo per i playoff, è approdato il difensore “tascabile” Ryan Johnston, acquisto che, con il senno di poi, si è rivelato provvidenziale: «Il suo arrivo ci ha permesso di compensare, almeno in parte, le loro assenze. Lo statunitense si è rivelato prezioso in fase di impostazione. Con Ryan abbiamo guadagnato un giocatore in più capace di far circolare bene il disco, settore dove prima eravamo un po’ sguarniti». La sua posizione, come pure quella di altri giocatori, sarà ora oggetto di valutazioni da parte dello staff tecnico, al fine di decidere se il suo futuro sarà ancora in bianconero o altrove. Il Lugano che verrà è ancora tutto da definire.
Per dare un volto più nitido al Lugano versione 2018/19 occorre però prima di tutto dare risposta ai punti interrogativi lasciati in sospeso dalla stagione che si è appena conclusa.
A destare apprensione non sono infatti unicamente le condizioni fisiche dei tre citati poc’anzi: «La finale ha lasciato il segno nel nostro spogliatoio. Ronchetti con tutta probabilità dovrà pure lui sottoporsi a un intervento chirurgico alla spalla. Operazione che al momento non si può escludere nemmeno per Sannitz. Poi c’è da valutare l’entità dell’infortunio di Vauclair... Nella riflessione su come muoverci per dare un volto al Lugano versione 2018/19 dovremo tenere conto anche dell’evoluzione di queste situazioni. È anche vero che non abbiamo moltissimo tempo per dare un volto alla nuova squadra, visto che a fine agosto saremo già in pista per la Champions League».
È in programma stasera la festa di fine stagione del Lugano: dalle 18 apertura del capannone Dna bianconero; mentre allo Shop 41 saranno presenti alcuni giocatori per firmare autografi. La festa proseguirà poi all’interno della Reseghina, dove dalle 19.30 sarà in funzione una griglia. Dalle 22 giocatori e staff tecnico ancora a disposizione per foto e autografi.