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Max Verstappen, il piede nell’olimpo

Dopo aver contestato la Sprint Race, è proprio grazie a quella che sabato s’è confermato re del Mondiale. Poi, però, oggi l'olandese ha regolato i conti

(Keystone)
8 ottobre 2023
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È sereno Max Verstappen, mentre dice al cronista della tv inglese che lo sta intervistando, che ora potrebbe anche ritirarsi. Ventisei anni appena compiuti e già tre titoli mondiali sotto la cintura, Verstappen questo weekend si è elevato nell’olimpo dei grandi della specialità: ha raggiunto gente come Jack Brabham, Niki Lauda e Ayrton Senna, nomi che fanno tremare le vene. Il ragazzo olandese, cresciuto sotto la rigida regola del padre-padrone Jos, sente di aver ricevuto dalla Formula 1 più di quanto era legittimo sognare. Il ritiro non è un’ipotesi sul tavolo, ma Max non è uno di quegli assi del volante campioni di longevità. Il suo modo di vivere il motorsport è intenso, logorante. Il suo contratto con la Red Bull scadrà nel 2028 e chissà se in quella data, superata la soglia dei trentun anni, sentirà che è arrivato il momento di appendere volante, casco e guanti al chiodo.

L’ufficialità del terzo titolo è arrivata al sabato, per la prima volta è stata la Sprint Race ad assegnare l’alloro. Per assurdo, è stato proprio Verstappen a contestare la legittimità della gara breve del sabato in più occasioni, l’ultima pochi giorni fa: «La Sprint Race è contro lo spirito della Formula 1». Verstappen non le manda a dire ai microfoni e nemmeno in pista. Nella Sprint si è rammaricato per aver lasciato la vittoria a Oscar Piastri, un’altra prima volta per il pilota australiano, talento in rampa di lancio che ha vinto tutto nelle categorie propedeutiche. Alla domenica Verstappen ha regolato i conti, mettendo le mani sulla vittoria e sul giro più veloce in gara in assoluto controllo della situazione. Fanno sorridere i battibecchi alla radio con il fido Gianpiero Lambiase, ingegnere di pista anglo-italiano. Al sabato Verstappen avrebbe voluto picchiare sull’acceleratore, mentre l’altro lo riportava a miti consigli. Alla domenica le McLaren risalivano forti e l’ingegnere ha dovuto dare la sveglia al suo ragazzo.

La crescita della McLaren di gara in gara impressiona. Piastri e Norris sono consistenti, oltre che veloci, non sbagliano niente. Ma la scuderia che veste di arancione ha messo a disposizione dei piloti un mezzo eccezionale. Nessuno si aspettava una McLaren così forte in Qatar, che in alcuni settori della pista andava meglio della Red Bull e che sul rettilineo ha mostrato una velocità di punta da paura, mai così bene finora in questo fondamentale. Ad inizio anno le vetture inglesi occupavano le ultime posizioni in griglia, con metodo e coraggio hanno risalito la china. Grossi meriti vanno alle scelte di Andrea Stella, ex tecnico della Ferrari e ora team principal alla McLaren.

Già, la Ferrari: il suo team principal, Fred Vasseur, si lamenta della penuria di talento nei quadri tecnici. Quando li hanno, i bravi ingegneri per di più italiani, a Maranello li lasciano andare via. La SF-23 avrebbe trovato indigesta la pista qatariota, si sapeva. Il flop di Carlos Sainz nelle qualifiche del venerdì, fuori dal Q3, e dei tecnici alla domenica, che perdono di vista una falla nel circuito della benzina, ha poche spiegazioni. La Ferrari perde otto punti in classifica da Mercedes e le dice bene che Lewis Hamilton finisce la gara nella sabbia alla prima curva, per un attacco troppo ambizioso al suo compagno di scuderia. Per quello che aveva fatto vedere nel fine settimana, con uno dei due piloti, la scuderia della stella a tre punte forse avrebbe potuto insidiare la vittoria a Verstappen.

È stato il Gran Premio che ha riportato al centro della scena il tema della sicurezza. Al termine delle prime prove libere del venerdì, la Pirelli ha trovato delle micro-crepe sospette sul battistrada delle proprie gomme, per via dei nuovi cordoli dal profilo tagliente. Un numero sufficiente di giri avrebbe potuto provocare la perdita di pressione improvvisa di uno pneumatico, con conseguenze per il pilota molto gravi. Una situazione simile a quella vissuta dalla Formula 1 nel 2005, a Indianapolis, stavolta gestita con meno isteria di allora. La Federazione Internazionale è corsa ai ripari, modificando il tracciato al sabato e imponendo un numero massimo di giri per ogni treno di gomme alla domenica. Ne è nata una gara strana, con soste obbligate per tutti. Lo stesso Verstappen ha tenuto a sottolineare che il margine per il vincitore avrebbe potuto essere più ampio: notoriamente la sua auto non soffre di degrado e aumentare le soste ai box ha aiutato gli altri. Chissà che non abbia dato un’idea a chi organizzerà i prossimi Mondiali. La corsa, divisa in piccole frazioni, ha ricordato quelle dei primi anni Duemila, con le soste obbligate dai serbatoi piccoli e dalla possibilità di rifornirsi di benzina ai box. Un massacro per i piloti, forzati a un ritmo da qualifica per un’ora e mezza, in un clima caldo e umido, inaffrontabile persino nelle ore notturne. Nella cool down room prima del podio, Verstappen e Piastri erano distesi in terra; Norris appollaiato su uno sgabello, esangue.

L'Alfa Sauber guadagna punti

È stato un buon weekend per le Alfa Sauber, con entrambi i piloti finiti in zona punti. Guanyu Zhou ha avuto una condotta di gara regolare, mentre Valtteri Bottas ha sentito di dover sparigliare le carte con le soste. Si è fermato presto, durante la pausa per recuperare la Mercedes di Hamilton, e da quel momento si è trovato fuori sincrono rispetto ai cambi gomme imposti agli altri piloti. Bottas si è dimostrato in palla fin dai primi chilometri su questa pista, quando è finito tra i migliori dieci delle qualifiche. Monaco, Ungheria, Qatar: piste tortuose, gradite alla C43. Ci si aspettano buone notizie anche dal Gp del Messico, ma si dovrà pazientare. Prima la F1, nel suo pazzo giro del mondo, farà una visita al Circuito delle Americhe, in Texas.