Vittima di una caduta alla Roubaix domenica, il biker ticinese è stato operato al gomito fratturato e ipotizza i tempi di recupero
Raggiungiamo telefonicamente Filippo Colombo nella camera d’ospedale dove ormai da qualche giorno, dopo la rovinosa caduta nel corso della Parigi-Roubaix di Pasqua, è ricoverato. «Lunedì sera sono stato operato al gomito qui a Zurigo», ci spiega. «L’intervento è durato circa cinque ore, ma il chirurgo nel primo pomeriggio di oggi mi ha detto che tutto è andato secondo le attese».
Si trattava davvero di una frattura multipla?
Esatto, il gomito sinistro si è rotto in diversi punti, ed è stato necessario in pratica ricostruirlo, con un sacco di placche e viti.
Ricordi tutto della dinamica dell’incidente?
Sì, eravamo nel pieno dell’Arenberg, in uno dei tratti più brutti e più sconnessi. In quella zona di solito si spezza il gruppo e si decide un po’ la gara, e dunque tutti vogliono arrivarci stando davanti. Parliamo di un falsopiano in discesa che si restringe sempre di più e infine diventa pavé. Ero messo bene, sono entrato fra i primi e tutto pareva andare al meglio, le cadute sembravano ormai scongiurate, proprio perché ero piuttosto avanti. Purtroppo però, dopo un centinaio di metri, mi è esplosa la ruota davanti. Non sono caduto subito, sono riuscito a tenere la bici, però dopo pochi secondi è successa la stessa cosa a un corridore della Bahrain che era due posizioni davanti a me, solo che lui non è riuscito a tenere la bici ed è caduto subito. Il collega che mi precedeva lo ha preso in pieno ed io, con una ruota fuori uso, pur provandoci non ho potuto evitarli, anche perché andavamo ancora forte, almeno 45-50 km/h. E così ho preso in pieno la bici del corridore della Bahrain e sono caduto. Ho capito immediatamente, per via del dolore lancinante, che la mia gara sarebbe finita lì. Poi mi è caduta addosso altra gente e, vedendo arrivare il grosso del gruppo, sono schizzato a proteggermi ai lati, fra i cespugli. Solo a quel momento mi sono guardato il gomito, e ho subito capito che era fratturato, perché era fuori asse di almeno 3-5 cm.
Hai già un’idea di quelli che possono essere i tempi e le modalità del tuo recupero?
Starò qui in clinica fino a giovedì, quando mi dimetteranno. Avrò ovviamente il braccio steccato, ma credo di poter tornare a pedalare sui rulli abbastanza presto, e ciò potrebbe consentirmi di non perdere troppo la condizione, ma prima di tornare in sella – e soprattutto sulla mountain bike – dovranno passare almeno due o tre mesi.
Davvero una iella enorme, visto che la stagione della mountain bike, quella a cui tenevi di più, sta per cominciare…
Esatto. Per fortuna però quest’anno si gareggerà fino a ottobre, con molte gare dopo agosto, quindi spero di poter partecipare appieno alla seconda parte di stagione.
Anche due anni fa avevi subito un serio infortunio e poi eri rientrato ancor più forte di prima: questo precedente può almeno in parte consolarti e darti un po’ di fiducia, in questo momento così doloroso per te?
Sicuro, anche se credevo di avere ormai pagato il mio pedaggio alla sfortuna, almeno per un paio d’anni. Ma è così, gli infortuni fanno un po’ parte della vita di uno sportivo. Due anni fa si parlava di tempi di rientro molto più lunghi di quanto poi si erano invece rivelati, spero vada così anche stavolta, ma in questo momento posso solo affidarmi a ciò che dicono i medici, anche perché si tratta di una frattura molto diversa. Certo, esserci già passato mi aiuta almeno in parte, perché ho già vissuto l’esperienza e sono meno preoccupato.
Un incidente del genere non ti fa un po’ pentire di aver scelto di correre anche gare su strada?
Un po’ sì, anche se col senno di poi è facile parlare. Ogni tanto mi dico che forse non avrei dovuto correre questa gara, specie con quelle condizioni, solo per vivere l’esperienza di una Roubaix. Si sapeva che il rischio era alto, ma ripeto: certe cose fanno parte dello sport. Volevo almeno vedere com’era il ciclismo su strada, e questa era la stagione in cui potevo provare. Ovvio, se avessi saputo di rompermi un gomito in mille pezzi, avrei rinunciato, ma certe cose non si possono sapere.