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Ascesa e caduta di Paul Pogba

La sospensione per doping del centrocampista francese è l'ultima tappa di un declino che pare inarrestabile

In sintesi:
  • Dopo i primi strepitosi anni di carriera, la parabola calcistica di Paul Pogba si è bruscamente interrotta quando aveva solo 25 anni
  • La positività al doping emersa di recente, che potrebbe costargli una lunga squalifica, rischia di rappresentare la fine della sua vita da calciatore
14 settembre 2023
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In principio fu un lampo, o meglio un sinistro al volo da fuori area contro il Napoli che si era infilato all’angolino. Era il 20 ottobre 2012 e Paul Pogba aveva 19 anni, il numero 6 sulla schiena ed era un perfetto sconosciuto. Alla Juventus era arrivato da appena qualche mese su intuizione del suo procuratore Mino Raiola, che l’aveva strappato dalle mani del Manchester United e di Sir Alex Ferguson (che si era arrabbiato tantissimo) per consegnarlo ad Antonio Conte, nella speranza di accelerare la sua affermazione tra i grandi.

Raccontano – aneddoto apocrifo ma illuminante – che ai primi allenamenti di questo francesino in bianconero, vedendolo giocare, Pirlo e Buffon si erano messi a ridere non potendo credere che in Inghilterra erano riusciti a farsi scappare un gioiello del genere per niente.

Gli anni da fenomeno

Dal gol al Napoli in poi era stata una corsa inarrestabile verso l’alto. Alto, grosso, veloce, forte e tecnico: sui campi di serie A Pogba era diventato una sentenza, un centrocampista che segnava come un attaccante, rifiniva come un trequartista e difendeva come uno stopper. Ma soprattutto, in un momento in cui la Juventus si stava riprendendo il suo dominio sull’Italia, Pogba aveva dato un nuovo appeal alla Vecchia Signora col suo stile di calcio di strada, i capelli ogni giorno più arzigogolati e un’efficienza invece molto sabauda.

A furia di trick da prestigiatore (leggendario un suo elastico contro l’Inter), gol prepotenti (cercatevi una doppietta all’Udinese), passaggi geniali e sgroppate condotte con l’eleganza di un generale napoleonico aveva attirato le attenzioni di tutto il mondo.

In quattro stagioni alla Juventus Pogba è passato da promessa a certezza, da ragazzo a uomo, con Allegri che gli ha affidato le chiavi della squadra e la maglia numero 10, che in bianconero ha un peso specifico davvero pesante. Quattro anni ricchi di vittorie – quattro Scudetti, tre Supercoppe, due Coppe Italia – ma a cui era mancata l’affermazione internazionale, fermati dal Barcellona di Messi, Neymar e Suarez in finale di Champions League. Nell’estate del 2016 Pogba, forse giustamente, si è scoperto troppo forte, troppo cool, troppo appetibile per rimanere in Italia, in un campionato ormai minore rispetto alla Premier League e in un club dove nessuno è più importante del club stesso, neanche se ti chiami Pogba e le tue giocate vanno tanto forte in campo e sui social.

Secondo capitolo a Manchester

Allora era tornato al Manchester United. Era sembrato tutto perfetto: alla Juventus 110 milioni di euro, a lui la palma di calciatore più costoso della storia del calcio, a José Mourinho un calciatore di soli 23 anni a cui far fare l’ultimo passo per diventare il migliore al mondo. C’era anche l’hashtag: Pogback, da aggiungere ai tanti soprannomi già in uso (il giovanile La Pioche, l’italianissimo Il Polpo, il fumettistico Pogboom). Allo United, però, le cose ci avevano messo un po’ a ingranare: nel tritacarne della Premier League il talento sfrontato di Pogba appariva meno evidente, il rapporto con l’allenatore portoghese poi si era incrinato quasi subito (storica la frase dell’allenatore che aveva invitato il francese a pensare più al campo e meno alle emoji).

Il Mondiale e poi la deriva

Pogba aveva vinto l’Europa League segnando un gol in finale, ma per il suo status non era abbastanza e nel paragone con la sua versione juventina mancava sempre qualcosa. Il riscatto era arrivato con il Mondiale del 2018 vinto da protagonista e leader della Francia, con altro gol in finale e un discorso prepartita molto sentito. È stato quello il picco della sua carriera ma non lo sapevamo. Da quel momento infatti, in poco tempo, l’idea che il mondo aveva di lui si è ribaltata: i suoi balletti sono diventati buffonate, i suoi tagli di capelli eccessivi, il suo calcio barocco si è come asciugato all’improvviso.

Mentre intorno a lui nuovi fenomeni tecnici e atletici spuntavano come funghi, Pogba è rimasto incastrato nel personaggio, incapace di adattarsi alle nuove circostanze. Se alla Juventus il suo ruolo era ben definito, allo United è come se non avessero mai capito come usarlo, come se fosse troppo “dotato” per affidargli un unico compito. Le stagioni hanno iniziato a passare tutte uguali, anzi una peggio dell’altra: infortuni piccoli diventati grandi, prestazioni mediocri alternate sempre meno spesso a partite in cui sembrava poter tornare il giocatore di un tempo. Pogba, al contrario delle aspettative, non è stato capace di cambiare l’inerzia dello United che intanto intorno a lui falliva un progetto tecnico dopo l’altro.

Minestra riscaldata

Quando dopo sei stagioni ha scelto di non rinnovare il contratto e cambiare aria, a voler scoprire cosa era rimasto del vecchio Pogba è stata proprio la Juventus. Riportarlo a casa (nel mondo del calcio le case possono essere tante) è stato quasi un atto di fede da parte della dirigenza. Un regalo ai tifosi – o forse a loro stessi – nella speranza di ritrovare tutti insieme quella leggerezza estetica e mentale che il francese aveva portato la prima volta a Torino. In Italia però si dice che “le minestre riscaldate non funzionano mai” e c’è sempre qualcosa di vero in questi detti tra il saggio e lo strampalato.

Il ritorno di Pogba alla Juventus è stato sfortunato in modo quasi comico, se non fosse tragico. Ancora prima di giocare una partita, in un banale allenamento estivo, il francese si è lesionato il menisco.

La scelta di non operarsi – in contrapposizione con quanto voluto dalla società per provare a recuperare in tempo per i Mondiali in Qatar – ha finito per peggiorare le cose, costringendolo a uno stop più lungo, seguito da altri infortuni muscolari che hanno reso la sua prima stagione un calvario da appena 161 minuti in campo (meno della durata del Padrino parte I).

La stregoneria

Ma gli infortuni sono stati il problema minore. Nel frattempo si è scoperto che Pogba è da mesi sotto il ricatto del fratello Mathias (anche lui calciatore, con un passaggio anche al Pescara in Italia) e di altri presunti amici di infanzia che l’avrebbero minacciato in maniera anche violenta.

La leva per chiedere soldi al calciatore sarebbero le prove che Pogba avrebbe chiesto a un marabutto, una figura dell’Islam a cui si attribuiscono poteri soprannaturali, taumaturgici e profetici, di fare un incantesimo contro Kylian Mbappé, di cui sarebbe geloso dopo che gli ha sottratto il ruolo di star del calcio francese, e altri avversari. Secondo loro, questo marabutto servirebbe anche a proteggerlo dagli infortuni per quanto ironico possa sembrare. Ora c’è un processo in corso e, in teoria, tra pochi giorni Paul dovrebbe comparire in tribunale per un confronto col fratello.

Sul campo questa stagione era sembrata partire leggermente meglio: Pogba non era in forma ma nei pochi minuti giocati col Bologna aveva dato il via all’azione del gol. Contro l’Empoli ha sentito un muscolo tirare e si è seduto a terra sconsolato. La risonanza però aveva scongiurato il rischio di altri stop lunghi. Una prima, piccola buona notizia in oltre due anni.

Subito dopo però è arrivata quella della positività al testosterone, rilevata al termine di Udinese-Juve, gara della prima giornata di campionato in cui Pogba non era neppure sceso in campo.

Carriera finita?

È l’ultimo capitolo di questa storia e il rischio è che sia quello finale. Sembra che Pogba abbia assunto un integratore contenente testosterone negli Stati Uniti, su consiglio di qualcuno che non fa parte dello staff medico della Juventus. Lo avrebbe fatto senza accorgersi che era indicato come sostanza dopante. Il rischio massimo è che venga fermato per quattro anni, ma anche se fosse considerata la “buona fede” è difficile non vederlo come un segno cupo sul suo futuro. Cosa resta del calciatore Pogba? Gli anni sembrano avergli prosciugato talento, fisico e soprattutto gioia. La Juventus, si dice, sta già pensando al modo più cinico per sbarazzarsi di lui e del suo pesante contratto.

In un’intervista rilasciata ad Al Jazeera appena pochi giorni fa aveva detto che «il calcio è bello, ma è crudele. A volte penso che semplicemente non voglio più giocare. Voglio solo stare con persone normali, così mi ameranno per quello che sono, non per la fama, non per i soldi».

Sembra quasi che, questa volta sì, le sue parole siano state accolte come un incantesimo. Tra le righe già si parla di come la Juventus potrebbe presto scaricarlo, prendendo quasi come una benedizione la squalifica in arrivo per togliersi un impiccio. Il calcio è bello, ma negli ultimi tempi per Pogba sembra solo crudele.