Martin Blaser, CEO bianconero parla del suo stato d'animo dopo la sconfitta nella finale di Coppa e della sfide future della società
La stagione del Lugano è andata in archivio domenica al triplice fischio finale dell’arbitro Lukas Fähndrich. È andata in archivio con la grande soddisfazione per quanto fatto in dieci mesi di competizioni, ma altresì con l’amarezza per la finale persa. Tuttavia, se i giocatori potranno rimuginare per le prossime due settimane su ciò che sarebbe potuto essere e invece non è stato (la ripresa degli allenamenti è prevista il 22 giugno), a livello dirigenziale una volta rientrati a Cornaredo si è aperto il cantiere della stagione che verrà, tra Super League, Coppa ed Europa (o Conference) League. Nel calcio moderno, la gestione di una società professionistica è un lavoro da spalmare su dodici mesi. Martin Blaser, CEO dell’FC Lugano, non è uno che rimane con le mani in mano e dovrà smaltire in fretta la delusione patita al Wankdorf…
«Occorre scindere il Martin Blaser uomo dal Martin Blaser dirigente. Personalmente sono sempre stato uno che con le sconfitte ha un problema di accettazione, tuttavia sin da giovane ho imparato che nella sconfitta occorre dimostrare carattere, accettarla e guardare avanti verso sfide future, facendo tesoro di quanto appreso. Da un lato, quindi, sono rimasto molto deluso da come è finita – ma assolutamente non dalla prestazione della squadra –, dall’altro mi hanno fatto enorme piacere gli attestati ricevuti in queste ore da conoscenti vari, i quali hanno apprezzato quanto il Lugano ha saputo mostrare in campo. In molti hanno affermato che posso essere fiero di questa squadra, un’attestazione ulteriore del fatto che, tutto sommato, non abbiamo fatto una brutta figura. Poi, non voglio entrare nel merito del perché e del percome la Coppa sia andata allo Young Boys, questo capitolo lo lascio a Carlos Da Silva e Mattia Croci-Torti. Martin Blaser, in definitiva, si divide tra l’uomo deluso del risultato e il dirigente contento per come la nostra società è vista in Ticino e oltre San Gottardo. Si intuisce come anche al di là delle Alpi la gente inizi a rendersi conto che questo non è più il “piccolo Lugano”, ma che si sta costruendo qualcosa di importante. E il rispetto nei nostri confronti cresce».
Anche le sconfitte onorevoli, in un certo senso, possono aiutare a mutare l’immagine di un club. Tuttavia, negli ultimi tempi sembrava di poter percepire un rispetto già radicato nei confronti della società bianconera…
Dal lato sportivo, è innegabile che prestazioni come quella di domenica, pur terminata in una sconfitta, possano servire. Per quanto riguarda il rispetto di cui godiamo, i messaggi ricevuti nelle ultime 22 ore – per altro da persone non avvezze a complimenti gratuiti – sono senza dubbio serviti a far crescere in me questa convinzione. Un anno fa, prima della finale di Coppa, l'unico discorso che si sentiva nell'ambiente era legato al numero di reti che avremmo incassato e invece sappiamo che le cose sono andate diversamente. Dal 15 maggio 2022 a oggi c’è stata – è vero – la percezione che qualcosa nei nostri riguardi stesse cambiando, ma la conferma l’ho avuta soltanto dopo la sconfitta di domenica. Attenzione, però, perché per continuare a trovare porte aperte alle nostre esigenze dobbiamo essere una società dal comportamento irreprensibile. Prestazioni come quella del Wankdorf aiutano ad aprire i canali, ma è il modo in cui ci poniamo di fronte agli altri che li mantengono agibili.
Alla finale di Coppa era presente Dave Baldwin, ‘president of business operations’ dei Chicago Fire. Negli States come sono stati accolti i risultati stagionali dell’Fc Lugano?
Uno dei messaggi di felicitazioni arrivava proprio dalla Windy City. Quando ci troviamo con i miei colleghi d'oltre Oceano per consuntivi e preventivi sportivi, devo dire che viaggiamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Ciò non significa che non vi possano essere visioni diverse, ma che riusciamo a discuterne in modo aperto, per poi trovare un’intesa comune. E, se lo lasci dire da uno che da 37 anni bazzica questo mondo, l’opportunità di confrontarsi in modo franco non è il pane quotidiano.
A Berna avete portato quasi 12’000 spettatori, circa 2’000 in più rispetto all’anno scorso. Qual è la sua analisi di una simile straordinaria partecipazione popolare, tutt’altro che scontata considerando la forza dell’avversario e il fatto che, dopo il trionfo del 2022, non si trattava più di una novità?
In effetti non era per nulla scontata, tant’è che subito dopo la semifinale non tutti in società erano convinti di poter migliorare il risultato dello scorso anno. L’affluenza di tifosi bianconeri rappresenta senza dubbio l’aspetto più positivo della giornata. Ed è difficile spiegare come mai tutto il Ticino si sia mosso per venire a sostenerci. Alcuni ritengono sia stato l’“evento”, ma comunque si trattava di un evento che comportava una trasferta di quattro ore all’andata e altrettante al ritorno, non proprio una manifestazione organizzata sulla porta di casa. Tuttavia, la grande affluenza non può mutare la nostra pianificazione per il 2023-24, ad esempio implementando una strategia ad hoc. Sinceramente, non ho una risposta sicura, ma so che il Vallese in occasione delle finali di Coppa si mobilita in massa in quanto Cantone e ciò nonostante riesce a portare al Tourbillon – forse non in questa difficile stagione – una media di 10-12’000 spettatori. È una differenza rispetto a noi che non riesco ancora a spiegarmi.
Una spiegazione della partecipazione di massa alla finale potrebbe essere la presenza di Mattia Croci-Torti e dell’entusiasmo che riesce a catalizzare attorno alla squadra. Il suo contratto porta fino al 2025, un anno prima della prevista apertura del nuovo stadio. In questo momento è possibile pensare, proprio nell’ottica delle nuove infrastrutture, a un futuro senza l’uomo immagine Croci-Torti?
In primo luogo, a parlare sono i risultati. Se malauguratamente tra luglio e agosto dovessimo perdere le prime sette partite, faticherei ad andare davanti ai colleghi a spiegare loro quanto sia importante per il dipartimento marketing proseguire il rapporto con il mister. D’altra parte, statistiche alla mano, un grande allenatore difficilmente rimane sette o otto anni nella stessa società e devo ammettere di sentirmi in qualche modo gratificato se un mio dipendente mi dicesse di aver ricevuto la classica offerta che non si può rifiutare: si tratterebbe di un attestato importante sulla qualità della nostra formazione. Di conseguenza, qualche club potrebbe vedere in lui l’uomo ideale per un certo tipo di progetto e a quel punto non sarebbe più sufficiente la nostra sola volontà di trattenerlo. A mio modo di vedere, il lavoro di Mattia dentro e fuori dal campo è paragonabile a quanto fa Christian Streich a Friburgo o a quanto fatto da Otto Rehhagel a Brema: la domanda lecita verte sulla capacità di far funzionare la sua personalità anche al di fuori del contesto luganese. Detto ciò, mi piace moltissimo il fatto che lui sia una persona autentica, con me chi vuole atteggiarsi e recitare non ha mai avuto grande fortuna. Spero che le nostre strade possano proseguire unite ancora per molto tempo. Se non dovesse essere il caso, ognuno deve essere in grado di creare qualcosa di nuovo da un’altra parte e che possibilmente funzioni come prima. Tuttavia, l’attuale costellazione funziona benissimo e spero possa andare avanti per molto tempo ancora.
Passiamo a futuri aspetti sportivi più concreti. Croci-Torti ha più volte affermato che questo Lugano deve essere pronto a giocare per il titolo, approfittando di possibili passi falsi di Young Boys e Basilea, come aveva fatto lo scorso anno lo Zurigo…
È giusto avere simili ambizioni. Occorre essere pronti, ma ciò non significa iniziare il campionato con l’obiettivo di vincere il titolo. La differenza può sembrare sottile, ma è determinante. La vittoria della scorsa stagione contro lo Young Boys in Coppa Svizzera rappresenta l’esempio perfetto di come ci si deve muovere; abbiamo avuto l’opportunità, l’abbiamo colta al volo e da lì siamo andati di vittoria in vittoria fino alla conquista del trofeo. Se una simile costellazione si allineasse nel modo giusto, il Lugano deve farsi trovare pronto. Non desidero in alcun modo mettere pressione sulla squadra, tuttavia è vero che vedere come un gruppo reagisce a un’aspettativa più alta fa parte dello sviluppo di una società, perché se non si è in grado di gestire una pressione crescente non si raggiungerà mai il vertice della piramide. D’altra parte, non bisogna nemmeno dimenticare quanto è successo allo Zurigo. Un anno fa ha approfittato della giusta congiuntura ed ha vinto il campionato pur senza una squadra più forte delle altre, poi però, si è ritrovato per mesi in una situazione difficilissima a lottare contro la retrocessione. Non voglio certo fare l’uccello del malaugurio, ma nella testa di un dirigente deve sempre suonare il campanello d’allarme di potersi ritrovarsi, un giorno o l’altro, nella situazione dello Zurigo. Per questo se dovessi scegliere tra vincere il campionato e andare successivamente in difficoltà, oppure mettere assieme cinque stagioni di lenta crescita, opterei per la seconda opzione.
Tuttavia, il mercato estivo vedrà con ogni probabilità la partenza di qualche pezzo da novanta. I continui scombussolamenti della rosa possono rendere difficile il fatto di farsi trovare pronti per cogliere l’occasione…
In una lega come la nostra fa anche parte del gioco e rappresenta forse la base per il finanziamento societario. Gestire questi cambiamenti di sei mesi in sei mesi e riuscire nel contempo a non intaccare la mentalità e il “team spirit” del gruppo rappresenta la grande sfida del dipartimento sportivo. Sapevamo che con le partenze della scorsa estate non sarebbe stato possibile aspettarsi un gruppo coeso dopo quattro o cinque settimane di allenamento. Ed è proprio lì che Da Silva, Croci-Torti e tutto lo staff hanno svolto un ottimo lavoro, ricucendo quel gruppo e quello spirito che in tante occasioni ha fatto la differenza. Nel corso delle prossime settimane penso che succederà un po’ la stessa cosa.
La certezza di disputare almeno otto partite in Europa potrebbe indurre qualche giovane a rimanere e qualcun altro ad accettare la corte della società bianconera…
Con la vetrina dell’Europa, la pianificazione della rosa può cambiare. D’altra parte, se disputi una finale di Coppa Svizzera e sei protagonista, qualcuno ti vede e il tuo valore di mercato aumenta. Di fronte a un procuratore, per qualche anno ancora avremo l’handicap di strutture non proprio eccellenti. Il calciatore professionista, tuttavia, ha tutto l’interesse a valutare in primo luogo lo sviluppo della società e il livello sportivo nel quale potrebbe evolvere. Da Silva, a conferma di questo, ha già ricevuto numerose chiamate – e altre ne riceverà – di procuratori che due anni fa non avrebbero mai alzato la cornetta del telefono per proporci i loro pupilli. È altresì vero che una squadra non può basarsi unicamente sui giovani. Una U19 del Lugano vincerebbe poche partite in Super League, per cui occorre trovare il giusto mix tra uomini di esperienza ed esuberanza giovanile.