CALCIO

Nonostante tutto, Spagna superiore

Nations League: Svizzera uscita battuta da Madrid, vittima della sua stessa filosofia di gioco (e di un errore di Sommer). Martedì trasferta in Germania

11 ottobre 2020
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Tre partite e un solo punto. La seconda edizione della Nations League è nata sotto una cattiva stella per la Nazionale svizzera. Dopo la sconfitta in Ucraina e il pareggio casalingo con la Germania, è giunta sabato la sconfitta di misura in Spagna. Un bilancio decisamente magro, al quale va aggiunto l'1-2 subito in amichevole contro la Croazia. Come nelle precedenti tre uscite, anche a Madrid la selezione elvetica non ha demeritato, mostrando a tratti un atteggiamento propositivo, ma nel complesso è stata troppo timida (soprattutto nel primo tempo) per sperare di poter davvero impensierire una Roja in fase di ricostruzione, ma che presenta un tasso tecnico chiaramente superiore a quello elvetico. A fine partita il selezionatore rossocrociato, Vladimir Petkovic, ha affermato che la prestazione fornita dalla sua squadra è stata «anche migliore rispetto a quella della Spagna». Pur senza voler mettere in discussione la qualità e l'impianto di gioco proposti dalla Nazionale elvetica, le affermazioni di Petkovic sembrano indirizzate a nuora perché suocera intenda, dove il ruolo della nuora è affidato ai microfoni della stampa e quello della suocera allo spogliatoio: insomma, una difesa a favore del collettivo a pochi giorni da un'altra trasferta insidiosa, quella di Colonia contro la Germania. Perché a voler essere onesti, la differenza in campo s'è vista, eccome. È vero, alla fine la Spagna è passata soltanto grazie a un erroraccio in fase di disimpegno di Sommer, il quale invece di Xhaka ha servito un avversario e da una decina di metri Oyarzabal ha insaccato il pallone dell'1-0 (l'esasperazione della filosofia dell'uscire palla al piede dalla propria area a volte può rivelarsi un boomerang). Ma nel complesso le nude cifre fornite dall'Uefa sono eloquenti: 61% di possesso palla per gli iberici, 599 passaggi riusciti contro 378, una precisione dell'87% contro il 79%, 13 conclusioni a 4 (l'Uefa è stata di manica larga, perché al di là dell'occasione di Benito nei primi minuti, è difficile ricordarsi gli altri tre tiri). Insomma, la supremazia degli spagnoli è stata chiara, evidenziata nel primo tempo dall'incapacità della Svizzera di impostare l'azione per il forsennato pressing avversario, con il risultato di una marea di passaggi errati e di palloni regalati ai padroni di casa.

Nella ripresa un atteggiamento maggiormente propositivo, con i due laterali Widmer e Benito più alti in fase di costruzione, ha permesso alla Svizzera di farsi vedere nella metà campo iberica, senza per altro creare grossi grattacapi a De Gea (e aprendo gli spazi per qualche veloce ripartenza dei padroni di casa). Anche perché la filosofia del posesso palla a tutti costi ha frenato le poche buone iniziative degli uomini di Petkovic. In una partita nella quale l’evidenza dei fatti ha dimostrato quanto fosse difficile arrivare dalle parti dell’area avversaria, non ci si poteva permettere il lusso di sprecare le poche finestre di spazio apertesi. E invece, almeno in tre circostanze (abbastanza clamorosa quella di Sow che dopo una sgroppata di una trentina di metri invece di affondare il colpo ha aperto sulla fascia), la Svizzera non ha osato… osare, con il risultato che nel susseguente giro palla la sfera è tornata da Sommer ed è poi stata persa nella costruzione successiva. Saper controllare il possesso del pallone è senza dubbio segno di qualità, sia individuale, sia dell’impianto di gioco, ma a volte occorrerebbe riconoscere i propri limiti e adattare le proprie convinzioni. Nazioni come Spagna, Italia, Germania o Francia saranno sempre meglio attrezzate rispetto alla Svizzera, non fosse altro che per l’ampiezza del bacino dal quale possono attingere (dalle sette alle dieci volte superiore): pensare di porsi su un piano di parità tecnica rasenta la supponenza, meglio sarebbe adattarsi alle esigenze imposte dall’avversario, senza per questo snaturare i propri principî.

Sabato il divario tecnico è apparso evidente a tutti, da Sommer (rimane comunque il portiere svizzero più abile con i piedi) a Seferovic (sacrificato come unica punta, rientrando a centrocampo ha sbagliato un'infinità di gesti tecnici), da Benito (in balia della partita per tutto il primo tempo) a Shaqiri (entrato al 60’, ma passato praticamente inosservato). Un pizzico di concretezza in più nelle poche occasioni avute, avrebbe forse reso miglior servizio alla causa rossocrociata del tentativo (abortito) di controllare lo sviluppo della partita.

A questo punto, il piatto piange. L’obiettivo è di arrivare all’ultima sfida, quella del 17 novembre a San Gallo contro l’Ucraina, con la possibilità di scavalcare in classifica i diretti avversari ed evitare la retrocessione in Lega B. Prima di allora, racimolare qualche punto ulteriore sarà difficile, ma non impossibile, né contro la Germania martedì, né contro la Spagna a Basilea il 14 novembre. A patto di non volersi considerare a tutti i costi allo stesso livello dei nostri avversari: senza inutili bagni di umiltà, ma con un pizzico di realismo in più.

‘Errori che possono capitare’

Nel dopopartita di Madrid le discussioni si sono focalizzate sull’errore di Yann Sommer… «Quando vedo che per 90’ abbiamo conservato lo stesso tipo di approccio, il medesimo stile di gioco, penso che quanto successo sia soprattutto da addebitare alla malasorte – ha affermato Vladimir Petkovic –. Può darsi che in quella circostanza il fattore rischio fosse troppo elevato, ma tutto sommato abbiamo avuto un sacco di altre situazioni simili e ne siamo usciti benissimo. Sono cose che possono succedere».

In alcune circostanze la Svizzera è apparsa timorosa… «Non credo si possa parlare di paura. Eravamo di fronte a un avversario molto forte, ma è vero che in alcune circostanze uno o due giocatori hanno un po’ faticato. È normale, quando si gioca con ragazzi giovani. Abbiamo comunque dimostrato di voler proporre il nostro gioco fin dal fischio d’inizio. C’è stata la prima occasione, quella di Benito, che avrebbe potuto mutare le carte in tavola. Nel primo tempo siamo stati troppo bassi, nella ripresa, giocando più alti, abbiamo potuto controllare meglio il nostro avversario».