L'inseguimento (molto probabilmente attraverso lo spareggio) del Grasshopper del ticinese Giotto Morandi alla promozione riparte stasera ospitando l'Aarau
«L’adrenalina c’è eccome, perché dopo tre mesi e mezzo si torna finalmente a fare sul serio con partite ufficiali, ma soprattutto perché abbiamo un grande obiettivo da raggiungere».
È carico Giotto Morandi e mette subito le cose in chiaro: il suo Grasshopper, che stasera disputerà la sua prima sfida ufficiale post-Covid ospitando l’Aarau, vuole tornare «dove dovrebbe sempre stare, in Super League» e vuole farlo nella maniera più difficile ma anche più gratificante, ossia guadagnandosi la promozione sul campo. Già perché durante il lungo stop imposto dal Coronavirus le Cavallette hanno vissuto svariate emozioni legate ai possibili scenari sulla continuazione della stagione 2019/2020, che dovrebbe essere quella dell’immediato ritorno nella massima serie rossocrociata dopo lo scivolone del passato campionato e che al momento dello stop a fine febbraio vedeva gli zurighesi in netto ritardo (15 punti) sul leader Losanna ma in piena corsa perlomeno per lo spareggio con la penultima classificata della massima serie (secondo posto a pari punti con il Vaduz). Si è passati dal possibile annullamento della stagione e dei relativi verdetti all’ipotesi di andare avanti senza retrocessioni dalla massima serie ma facendo salire direttamente le prime due della lega cadetta (con conseguente allargamento da 10 a 12 squadre), fino ad arrivare all’opzione votata dall’assemblea della Swiss Football League che prevede di seguire quanto previsto inizialmente, ossia una promozione/retrocessione diretta e il citato spareggio. Così se il Chiasso e tutte le altre formazioni a rischio possono ormai dormire sonni tranquilli visto che l’annullamento delle categorie inferiori ha congelato anche le retrocessioni dalla Challenge League, per chi sta davanti c’è ancora tanto da giocarsi.
«Sono state discusse molte possibilità ma alla fine si è scelto quella più giusta, ossia far decidere il campo - afferma il 21enne locarnese, figlio dell’ex giocatore e allenatore ticinese Davide Morandi -. Non sto dicendo che se ci avessero promosso a tavolino o in maniera diretta non saremmo stati contenti, ma avrebbe avuto tutto un’altro sapore. Non siamo sicuri di ottenere la promozione, anzi, ma siamo certi di avere i mezzi per giocarcela e anche per questo volevamo avere la possibilità di rimetterci in gioco dopo una prima parte di stagione che non è andata proprio secondo le previsioni. E siamo pronti a farlo, tanto che siamo stati i primi a riprendere gli allenamenti (l’11 maggio, ossia il primo giorno consentito dal Consiglio federale, ndr). In questo mese abbondante ci siamo allenati bene e personalmente anche il fatto di dover giocare ogni tre o quattro giorni non mi spaventa, anzi lo trovo bellissimo».
Il Gc vuole dimostrare di meritarsi la promozione insomma, anche se questo significa passare dallo spareggio… «Il primo posto è oggettivamente molto lontano, ma nel calcio in un mese e mezzo può succedere di tutto, a maggior ragione in una situazione inedita come questa. Per cui non darei per chiusi i giochi, anche se noi non dobbiamo sperare in un crollo dei nostri avversari ma pensare a fare il nostro e a ottenere più punti possibile, in palio ce ne sono ancora ben 39. In ogni caso ambiamo a giocare nella massima serie e pensiamo di essere pronti a farlo, per cui ci sta che per arrivarci dobbiamo superare in un doppio scontro una formazione della categoria superiore».
Come il Lugano, affrontato sabato scorso in amichevole sul “campetto” di Altdorf (3-1 per i ticinesi)... «Le condizioni erano particolari (ad esempio si sono giocati quattro tempi da 30 minuti, ndr), ma è stato comunque un buon test. Sul piano del gioco non ci siamo fatti sovrastare, anzi, siamo riusciti a mettere in campo le nostre idee e a sviluppare le trame che volevamo. Per noi si trattava della seconda e ultima amichevole dopo la pausa (nella prima i biancoblù hanno superato 3-1 il Kriens grazie anche a una rete del centrocampista offensivo ticinese, ndr) e come detto le indicazioni sono state buone, abbiamo iniziato fino a due settimane prima degli altri la preparazione e come detto siamo pronti per ripartire».
A differenza ad esempio del Lugano, il Grasshopper e la maggior parte degli altri club di Sfl non hanno sottoposto i propri giocatori ai tamponi per individuare l’eventuale presenza del Covid-19, ma questo non spaventa il ticinese… «Sia durante il lockdown, sia dopo, ho sempre fatto attenzione e ho rispettato le direttive, ma senza particolare apprensione, perché in fondo la vita deve andare avanti. Inoltre a Zurigo l’emergenza è stata diciamo più “tranquilla” rispetto a quanto capitato in Ticino e pure il fatto che noi giovani siamo meno a rischio mi ha aiutato a stare relativamente tranquillo. In campo poi non ci penso proprio, lì conta solo quello che accade sul rettangolo di gioco. Ciò non toglie che sono contento che ora si stia lentamente tornando alla normalità».
La pademia ha portato nel mondo del calcio tanta incertezza a livello di contratti dei giocatori, in particolare per quelli in scadenza a fine giugno, ma anche a medio termine le prospettive per i giocatori sono tutt’altro che ben definite, con le conseguenze economiche del lungo stop che incideranno inevitabilmente sul mercato. Una situazione che tocca solo in parte l’ex giocatore del Team Ticino, il quale a febbraio, proprio prima dell’inizio dell’emergenza, ha rinnovato di tre ulteriori stagioni (fino al 2023) con il club che gli dà fiducia (inizialmente nelle selezioni giovanili) ormai dal 2016… «Effettivamente è stata una fortuna rinnovare, mi ha permesso di affrontare questa situazione con serenità anche da questo punto di vista e soprattutto è un attestato di stima da parte della società che si è tradotto in una bella iniezione di fiducia. E un’ulteriore stimolo nell’inseguire questa promozione, perché salire nella massima serie e avere in mano un contratto di tre anni con una società prestigiosa e ambiziosa come il Gc è uno scenario molto allettante».
A proposito di scenario, Morandi e compagni hanno la possibilità di riscrivere perlomeno il finale di una storia che se fosse stata interrotta con la pandemia, come detto non avrebbe probabilmente avuto il lieto fine che speravano… «Dopo una pausa così lunga è un po’ come all’inizio di una nuova stagione, quello che è stato non conta più adesso, si riparte da zero e nelle prossime sei settimane dobbiamo dare tutto sia individualmente sia a livello di squadra, per raggiungere il nostro obiettivo. A livello personale l’andata è stata un po’ come andare sulle montagne russe, dei mesi andava bene altri meno bene (il ticinese ha collezionato 18 presenze in campionato per una media di 40 minuti a partita, registrando un gol e due assist, ndr). La speranza è di poter giocare di più e credo che ci sarà questa possibilità con le tante partite ravvicinate, l’allenatore avrà bisogno di tutti».
Già, l’allenatore, non più né Uli Forte (esonerato a febbraio dopo circa un anno sulla panchina zurighese) né il suo successore Goran Djuricin (andatosene a metà maggio dopo aver scoperto che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato), bensì il romeno Zoltan Kadar… «Effettivamente ci sono stati parecchi cambiamenti in relativamente poco tempo, ma non penso che la squadra lo pagherà. Dopotutto Kadar in casa Gc è già molto conosciuto, è stato vice allenatore per molti anni e infatti la squadra si è subito adattata ai suoi metodi. No, direi proprio che non abbiamo scuse, ora dobbiamo andare in campo e dimostrare di meritarci quello a cui ambiamo, la promozione».