Sabato il ticinese è andato in rete nella prima partita disputata dal Thun (1-1 in amichevole ad Aarau) dopo la lunga pausa forzata per la pandemia
La marcatura stretta, uno strattone, un duello aereo, contrasti, provocazioni, un minimo di competizione. Insomma tutto ciò che era mancato nei quasi due mesi di lockdown e che finora si era cercato, nel limite del possibile, di tralasciare anche in queste prime settimane di allenamento - sia per un discorso di prevenzione sia per ridurre al limite il rischio di infortuni - molti dei calciatori professionisti in Svizzera sono tornati a viverlo, seppur in maniera “amichevole”, nel weekend con i primi test disputati dopo la pausa forzata. Tra essi anche il ticinese del Thun Matteo Tosetti, autore dell’unica rete della sua squadra nell’1-1 del Brügglifeld con l’Aarau.
«La voglia di tornare in campo c’era perché allenarsi da soli senza certezze sul se e sul quando si sarebbe potuto tornare a giocare non è stato evidente e non vedevamo l’ora di tramutare in una partita questi sforzi - ci racconta il 28enne ex centrocampista di Team Ticino, Locarno, Young Boys U21 e Lugano -. Inoltre la quotidianità della vita da calciatore con gli allenamenti, lo spogliatoio, i compagni è mancata in questi mesi ed evidentemente anche le partite, che in fondo rappresentano l’obiettivo finale del lavoro settimanale. Detto ciò e posto che per avere un quadro più completo su tutto bisognerà attendere le prime sfide ufficiali, ammetto che a me continua a fare tutto un po’ strano».
A cominciare dal fatto che non tutte le formazioni hanno effettuato i controlli per individuare eventuali portatori del virus Covid-19 all’interno del club (come ha invece fatto su propria iniziativa il Lugano), Thun compreso... «Non lo capisco e sinceramente proprio per questo non è stato evidente già solo tornare ad allenarsi, perché nemmeno all’interno della nostra squadra potevamo sapere se c’erano degli asintomatici. Ho provato a non pensarci, ma non è così semplice riuscire ad accantonare queste preoccupazioni e non a caso non ho ripreso nel migliore dei modi gli allenamenti, ho fatto fatica ad adattarmi a questa situazione. Il rischio poi è aumentato ulteriormente con l’inizio delle partite e con esso anche il timore di ammalarsi, fattore che secondo me è stato sottovalutato. I vertici del calcio svizzero si sono limitati a dire “se uno si ammala sta poi in quarantena”, ma è un discorso molto superficiale».
Una situazione sgradita alla quale però c’è solo un modo per reagire, anche perché come sottolinea il campione del mondo con la Svizzera U17 nel 2019, «come sempre noi giocatori veniamo trattati come l’ultima ruota del carro e nessuno ci ha chiesto la nostra opinione o ha tenuto in considerazione i nostri timori. Per cui non posso fare altro che provare a non pensarci, altrimenti non riuscirei proprio ad andare in campo. Ora con il passare delle settimane e visto che le cifre dei contagi stanno andando nella giusta direzione va un po’ meglio. Anche sabato mi sono reso conto che fortunatamente quando scendi in campo per una partita è più facile non pensarci, l’istinto di calciatore ha la meglio e ti fa solo concentrare su quello che accade sul terreno da gioco».
Un contesto reso ancora più complicato dal fatto di essere papà, ormai da quasi due anni, della piccola Noemi, che allo stesso tempo però ha rappresentato il rovescio (positivo) della medaglia durante la pandemia… «Se fossi stato da solo probabilmente avrei vissuto il tutto in maniera differente, con meno apprensione, però da papà guardi oltre le statistiche e l’istinto di protezione ti porta a preoccuparti sempre e comunque di ogni eventualità. A maggior ragione essendo ticinese e sapendo cosa succedeva nel nostro cantone, rispetto alla maggior parte dei miei compagni di squadra sono stato molto più coinvolto emotivamente, oltre Gottardo c'è stata tutta un'altra percezione di quanto successo. Volendo comunque cercare il lato positivo di questa faccenda, ho potuto godermi di più la mia famiglia e questo mi ha dato tanta energia per superare i momenti difficili e per continuare ad allenarmi».
Tra meno di due settimane si ricomincerà a fare sul serio anche con le partite e il 28enne losonese e il suo Thun sabato 20 giugno saranno subito impegnati nello scontro-salvezza in casa del Neuchâtel Xamax, con il quale condivide l’ultimo posto in classifica a quota 19 punti, quattro in meno del Sion e a 7 lunghezze dal Lugano. Già, salvezza, perché nonostante la situazione a dir poco straordinaria la Swiss Football League e i suoi club hanno votato (a larga maggioranza) non solo di terminare la stagione, ma anche di confermare le retrocessioni nella lega cadetta… «Una scelta che mi ha lasciato esterrefatto. Non tanto per quanto deciso, anche perché in fondo se siamo ultimi è colpa nostra e di conseguenza avremmo accettato anche la retrocessione immediata, bensì per come la cosa è maturata. Per settimane si sono lette dichiarazioni e anticipazioni che andavano in una direzione (favorevoli al congelamento delle retrocessioni e promozione delle due migliori di Challenge League con conseguente allargamento della massima serie da 10 a 12 squadre, ndr), poi al momento di votare è successo il contrario. Una mancanza di trasparenza che non mi è proprio piaciuta. Perlomeno potremo provare a giocarci la permanenza in Super League, ma non sarà per nulla facile, a partire dalla partita di Neuchâtel. Loro hanno superato 3-0 in amichevole il Servette e sono nettamente favoriti».
Dopo una pausa così lunga (saranno passati praticamente quattro mesi dalle ultime gare ufficiali) in molti si aspettano di vedere tutto un altro campionato, ma Tosetti fa notare come «i punti di partenza rimarranno quelli di prima. Inoltre se è vero che il girone d’andata lo cancelleremmo volentieri dalla nostra stagione, in quello di ritorno avevamo decisamente cambiato marcia (3 vittorie e 1 pareggio in 5 partite, ndr) e l’interruzione è arrivata nel nostro miglior momento. Cercheremo di ripartire da lì, ma fare pronostici è praticamente impossibile, l’unica certezza è che sarà - giocando ogni quattro giorni - tostissima».
Un discorso quello delle partite ravvicinate che tocca particolarmente da vicino il ticinese… «Nella scorsa stagione fisicamente sono stato gestito davvero male, eravamo implicati nella lotta salvezza e spesso ho dovuto giocare in condizioni non ottimali, per non dire disastrose. Questo ha condizionato negativamente anche la nuova stagione, tanto che al momento dello stop ero in crescita ma ancora lontano dal mio miglior livello. La lunga pausa mi ha permesso di dare un po’ di riposo al mio corpo e ora devo dire che da questo punto di vista sto meglio, ma dovrò fare molta attenzione».