Calcio

Il Thun e quella fuga sulle montagne bernesi

I ticinesi Simone Rapp e Matteo Tosetti hanno vissuto con i compagni tre giorni di evasione da allenamenti e coronavirus, in attesa di capire come evolverà la situazione

12 marzo 2020
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In un mondo del calcio (e dello sport in generale) scombussolato dall’emergenza sanitaria, c’è anche chi ha deciso di approfittarne per prendersi una “vacanza”. Il Thun ha infatti anticipato la tre giorni di team building inizialmente programmata per l’ultima settimana di marzo (ossia durante la pausa dedicata agli impegni delle nazionali, con la Svizzera che sarà impegnata in Qatar nelle amichevoli a porte chiuse contro la Croazia il 26 e con il Belgio quattro giorni dopo) e così tra lunedì e mercoledì Simone Rapp e compagni sono scappati dalla nuova routine pesantemente condizionata dal coronavirus trovando rifugio ai piedi della Jungfrau.

«Visto che il coronavirus ci ha costretto alle vacanze forzate, ne abbiamo approfittato - ci ha raccontato l’attaccante ticinese dei bernesi, che con i compagni a Grindelwald si sono cimentati in diverse attività alternative come l’hockey su ghiaccio, le passeggiate sulla neve, e un’ultima giornata passata nell’Indoor-Seilpark della cittadina dell’Oberland bernese -. Abbiamo alcuni elementi che se la cavano mica male a hockey, come Teo (Tosetti, ndr), ma non è il mio caso visto che sono mediocre nel pattinaggio e non sono nemmeno troppo dotato con il bastone. Diciamo che un po’ come capita sul campo da calcio ce l’ho messa tutta nei contrasti, dando qualche “sportellata qua e là”. Scherzi a parte, questi tre giorni sono stati un toccasana, ci hanno permesso di staccare dalla frenesia di queste settimane e dal bombardamento di notizie spesso anche contraddittorie a proposito del virus. Purtroppo è una brutta situazione per tutti, non solo per noi sportivi».

Sportivi che però rimangono tali anche in un contesto del genere e di conseguenza i tre giorni di evasione sulle montagne sono stati una semplice parentesi nel lavoro che giocoforza deve continuare, nella speranza di poter tornare in campo al più presto… «La domanda principale in questo momento è quanto durerà. Ci chiediamo se e in che modo riusciremo a chiudere la stagione, in questo senso una prima risposta dovrebbe arrivare lunedì (quando i club di Sfl si riuniranno in assemblea generale staordinaria per decidere appunto il prosieguo della stagione anche in base alle nuove direttive a livello federale, nonché per votare l’eventuale allargamento della prossima Super League da 10 a 12 squadre, ndr), nel frattempo non abbiamo potuto fare altro che allenarci, ma non è facile farlo mantenendo alte concentrazione e tensione in queste condizioni, nella totale incertezza e senza partite vere».

Ma da ticinese in “trasferta” oltre Gottardo Rapp come ha vissuto in particolare le prime fasi dell’emergenza sanitaria in Svizzera, con il primo caso di coronavirus su suolo confederato emerso proprio a sud delle Alpi e una certa diffidenza verso il nostro cantone, anche per la vicinanza con il focolaio italiano? «A parte le inevitabili battute dei compagni, sinceramente non mi sono sentito discriminato in alcun modo, anche perché in spogliatoio il tema è sì entrato, ma soprattutto relativamente all’aspetto sportivo. La società dal canto suo non ha approfondito più di tanto la tematica e non ci ha dato direttive particolari, se non di seguire le indicazioni generali. Non ci hanno nemmeno vietato di venire in Ticino, anche se non avremmo avuto il tempo per farlo. Proprio per cercare di non abbassare troppo l’intensità, prima della “pausa” in montagna gli allenamenti sono stati continui e impegnativi, con tanto di diverse partite interne, mentre sabato dovremmo sfidare in amichevole l’Aarau».

Sempre che abbia ancora senso, visto che la decisione del Ticino di bloccare qualsiasi attività sportiva sul suolo cantonale fino al 29 marzo complica ulteriormente la situazione e potrebbe portare la Lega di calcio (così come quella di hockey) a reagire in maniera drastica, ossia decidendo di interrompere la stagione… «Speriamo di no. Se le opzioni dovessero giocare a porte chiuse o non giocare, preferei evidentemente giocare senza pubblico, anche perché a livello di spettatori non saremmo certo quelli che ci perderebbero di più, mentre per altri club non avere il sostegno dei propri tifosi sarebbe certamente più penalizzante. In ogni caso sarebbe un peccato, così come sarebbe triste retrocedere, ma anche salvarsi, con un campionato interrotto (il Thun, in netta ripresa in questo 2020 nel quale ha ottenuto 10 punti in cinque partite, attualmente occupa l’ultimo posto in Super League, a pari punti con lo Xamax e a -7 dal Lugano, ndr). Per non parlare di un San Gallo campione in questo modo (i biancoverdi sono primi a pari punti con lo Young Boys, ma vantano una miglior differenza reti, ndr), non so quanto avrebbe da festeggiare. Speriamo, in un modo o nell’altro, di poter concludere la stagione».