Il presidente bianconero, preoccupato più per l'assenza di gioco che per i risultati, a un passo dall'esonerare l'andaluso: 'Il messaggio non passa'
Sembra ormai giunta al capolinea l’avventura di Guillermo Abascal sulla panchina del Lugano. O, per dirla con le parole del presidente bianconero Angelo Renzetti, solo «qualcosa di eclatante» (leggasi una larga e clamorosa vittoria domenica contro il Basilea, ma forse nemmeno quella) potrebbe salvare il posto del giovane allenatore andaluso, scelto lo scorso aprile quale successore di Pier Tami e capace di traghettare la squadra alla terza salvezza consecutiva nella massima serie, ma che nella nuova stagione non è ancora riuscito a far decollare il suo Lugano. E se la situazione in classifica è preoccupante ma non certo drammatica (il fondo della graduatoria è pur sempre alla stessa distanza, 3 punti, della terza piazza), il problema per Abascal è che secondo il suo presidente, potrebbe non riuscirci mai.
«Purtroppo non è solo in questo momento che le cose non funzionano, perché a guardar bene la squadra non ha mai avuto gioco né tantomeno un’organizzazione precisa – ci spiega l’imprenditore locarnese –. Poi a volte i risultati coprono determinate situazioni, ma i problemi prima o poi vengono a galla e nelle ultime due partite è successo in maniera eclatante (pareggio 2-2 a San Gallo e sconfitta 2-0 in casa dello Xamax, ndr). Io è da un po’ che lancio l’allarme. Non dico che la colpa è solo dell’allenatore e non mi piacciono le cacce alle streghe, ma alla fine è il campo a parlare e dice che qualcosa non funziona. Sono ancora convinto che la rosa sia all’altezza, quindi probabilmente il messaggio del tecnico non è passato. E difficilmente inizierà a farlo adesso».
Secondo Renzetti, al 29enne di Siviglia «è stato dato tutto il tempo per lavorare, compresi questi ultimi venti giorni comprendenti la pausa delle nazionali. E non dico che ha lavorato male, anzi, vedo l’impegno e la qualità che ci mette, ma il problema di fondo è che il suo stile di gioco non è adatto a questa rosa. Come tecnica, ma anche mentalità e approccio. O forse non è adatto al campionato svizzero, molto fisico e nel quale gli avversari non ti lasciano giocare con un pressing asfissiante. La mia impressione è che ai giocatori chieda un gioco che non hanno nelle loro corde, ma così facendo ci facciamo male da soli. Ho provato a farglielo capire, perché ci parliamo quasi ogni giorno, però non voglio nemmeno imporre le cose, se lui vuole lavorare in un certo modo è giusto che lo faccia. Senza contare che quando uno ha lavorato per due mesi in una direzione, non è che poi basta schiacciare un bottone per invertire marcia, non è così semplice».
A questo punto l’esonero di Abascal sembra solo questione di tempo, ma prima c’è una partita da giocare, visto che domenica a Cornaredo arriva un Basilea a sua volta in chiara difficoltà ma che mercoledì ha perlomeno reagito trovando il successo 2-1 sul Lucerna... «In questo momento il mio pensiero è al Basilea, perché mi ero ripromesso di fare almeno quattro punti nelle tre partite dopo la Coppa. Per ora ne abbiamo fatto uno, per cui mi aggrappo ai ragazzi e a una loro presa di coscienza, vorrei che domenica cercassimo di essere uomini ancor prima che calciatori o allenatori e che tirassimo fuori l’amor proprio che abbiamo dentro per cercare di conquistare più punti possibili. Questo ci permetterebbe di affrontare in maniera più serena la riflessione che comunque andrà fatta e che potrebbe comportare anche decisioni drastiche».
L’impressione come detto è però che il numero uno del Lugano, la sua scelta l’abbia già fatta... «No, non ho ancora deciso niente, ma è evidente che dovrebbe succedere qualcosa di eclatante per non cambiare».