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I mille traumi di Brett Favre, il fatalismo di Aaron Rodgers

Il 54enne ex quarterback di Green Bay ha annunciato di avere il morbo di Parkinson. L’attuale regista dei NY Jets: ‘Sono rischi del mestiere’

Stelle davanti agli occhi e fischi nelle orecchie
2 ottobre 2024
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La notizia risale a qualche giorno fa, ma negli Stati Uniti continua a fare discutere, anche perché coinvolge un’icona del football Nfl. Brett Favre, 54 anni, ha dichiarato durante un’audizione davanti a una commissione del Congresso incaricata di investigare su uno scandalo legato a una ditta farmaceutica, di essere affetto dal morbo di Parkinson. La notizia ha colto tutti di sorpresa: l’ex quarterback di Green Bay, inserito senza neppure discutere nella Hall of Fame nel 2016, tra i vari record stabiliti detiene pure quello del numero di partite consecutive disputate, ben 297, che sale addirittura a 321 se si includono pure le sfide di playoff. Un vero colosso che sembrava indistruttibile. E infatti lo era stato durante i 20 anni di carriera trascorsi con le maglie di Atlanta (1991), Green Bay (1992-2007), New York Jets (2008) e Minnesota (2009-10). Ma ora è costretto a fare i conti con una malattia che molti specialisti mettono in diretta relazione con l’accumulo di traumi cranici. E, su questo tema, Favre già alcuni anni fa non si era nascosto: «In carriera ho avuto tre o quattro commozioni cerebrali diagnosticate. Tuttavia, se prendo quale metro di giudizio gli attuali standard applicati dalla Nfl, penso che potrei averne avute a centinaia, se non a migliaia. Se le stelle davanti agli occhi o il fischio nelle orecchie sono sintomi chiari di una commozione, allora ne ho davvero avute migliaia».

Secondo quanto ha dichiarato, Favre ha capito che qualcosa non andava quando si è accorto di non riuscire a tenere correttamente in mano un cacciavite e si è rivolto ai medici quando ha iniziato a far fatica a infilarsi una giacca. I quali medici hanno sottolineato come, di norma, al momento della diagnosi l’età del paziente sia sensibilmente più alta (si parla di almeno dieci anni) e i sintomi molto più pronunciati.

La notizia, come detto, ha fatto clamore negli Stati Uniti e sono stati numerosi gli attestati di solidarietà nei confronti di uno dei più forti quarterback della storia. Non si è unito al coro e, nel contempo, ha espresso quella che è una cruda realtà, Aaron Rodgers, attuale quarterback dei NY Jets e che nel 2008 aveva strappato a Favre il ruolo da titolare a Green Bay: «Mi dispiace per lui e per (sua moglie) Deanna, ma purtroppo sono rischi che fanno parte del gioco del football». Come dire: “Nessuno ci obbliga a scendere in campo e a mettere a repentaglio la nostra salute”. E sono in parecchi a pensarla come lui, con una sorta di fatalismo forse inevitabile in uno sport duro come il football. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che, nonostante da quest’anno la Lega lo abbia sdoganato in partita e non solo in allenamento, praticamente nessuno indossi il sovracasco protettivo. Sarà pure discutibile dal profilo estetico e non rappresenta una garanzia assoluta di incolumità, tuttavia secondo le statistiche della Nfl nei camp pre-stagionali, dove per certi ruoli il suo utilizzo è obbligatorio, ha contribuito a diminuire di oltre il 50% i casi di commozione cerebrale. Ciò nonostante, su oltre 1’700 giocatori saranno una decina o poco più coloro i quali pensano che “vabbè essere fatalisti, ma nel dubbio al fato si può sempre provare a mettere i bastoni tra le ruote...”.

Ma veniamo al football giocato. La Nfl ha superato la boa del primo quarto di stagione e l’equilibrio regna sovrano. Lo dimostra il fatto che delle 32 squadre in lizza soltanto due (Kansas City e Minnesota) sono tuttora imbattute, mentre una sola (Jacksonville) rimane in attesa del primo successo. Dei Vikings abbiamo già detto settimana scorsa e il fatto che siano usciti indenni dal Lambeau Field di Green Bay, pur rischiando di subire una clamorosa rimonta – dal 28-0 a poco più di 5’ dalla pausa al 31-29 finale –, rappresenta senza dubbio un attestato di valore e una legittimazione delle ambizioni di una compagine che ha trovato in Sam Darnold un’inaspettata guida (20 su 28, 275 yarde, tre touchdown e un intercetto). Attualmente, nella Nfc la squadra più sicura sulla quale puntare è proprio Minnesota: San Francisco, in attesa del rientro di Christian McCaffrey, ha vinto ma non convinto, Dallas idem contro i deboli NY Giants, mentre Philadelphia si è fatta bastonare a Tampa Bay. E allora, che ci sarebbe di male se l’antagonista principale dei Vikings fosse Washington? I Commanders hanno vinto tre partite consecutive e stanno mettendo in vetrina Jayden Daniels, sin qui di gran lunga il miglior quarterback di una nidiata 2024 particolarmente prolifica: J.J. McCarthy (Minnesota) salterà la stagione per infortunio, Drake Maye (New England) e Michael Penix (Atlanta) non hanno ancora esordito, Caleb Williams (Chicago) ha lanciato 787 yarde, 3 touchdown e 4 intercetti, mentre Bo Nix (Denver) è fermo a 660 yarde, un touchdown (più due di corsa) e 4 intercetti. Per contro, Daniels sta trascinando Washington con 897 yarde, tre touchdown (e quattro di corsa), un solo intercetto e soprattutto una percentuale di completi dell’82,1%, superiore pure a quella fatta segnare nelle prime quattro partite della carriera da Tom Brady. Con il prodotto di Lsu in cabina di regia, la squadra che annovera nella cordata dei proprietari anche Earvin Magic Johnson può iniziare a sognare in grande, come non gli capitava dal 2012, quando aveva speso un patrimonio di scelte per scalare il draft e assicurarsi Robert Griffin III (miglior rookie offensivo dell’anno), la cui carriera era però stata rovinata quella stessa stagione da un infortunio al ginocchio e dalla scellerata decisione di coach Mike Shanahan di schierarlo nel wildcard contro Seattle, nonostante il preavviso negativo dello staff medico. Per una franchigia che dal 2000 a oggi ha conosciuto appena quattro stagioni vincenti e che un anno fa aveva chiuso con 4 vittorie a fronte di 13 sconfitte, l’arrivo di Daniels è manna dal cielo. Difficile pensare che i Commanders possiedano sin d’ora un organico sufficientemente competitivo per ambire a chissà quale traguardo, tuttavia con Daniels in cabina di regia (ma anche con la coppia di runner Robinson - McNichols, 169 yarde contro Arizona, i ricevitori Zaccheaus e McLaurin e una difesa guidata dal duo Wagner - Luvu) il futuro appare roseo.