SWISS OLYMPIC

‘Rispetto ai miei tempi, il curling è molto più professionale’

Ralph Stöckli, capo missione per Parigi 2024 e bronzo a Vancouver 2010: ‘Alle Olimpiadi 13 medaglie saranno un bottino difficile da raggiungere’

3 aprile 2024
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A Sciaffusa sono in corso i Mondiali maschili di curling, ai quali ieri ha presenziato anche Ralph Stöckli. Il 47enne, che ora è a capo della delegazione olimpica svizzera, ha preso parte a un evento insieme a Markus Egger, Jan Hauser e Simon Strübin, con i quali ha vinto il bronzo olimpico a Vancouver nel 2010. Il quartetto si riunisce una volta all’anno. In un’intervista con l’agenzia di stampa Keystone-Sda, Stöckli ha parlato, tra l’altro, degli sviluppi del curling e dei prossimi Giochi olimpici di Parigi.

Ralph Stöckli, lei è a Sciaffusa con i suoi compagni di squadra di Vancouver 2010. Quanto segue ancora il curling?

Moltissimo, sono ancora un grande appassionato. Il modo in cui il curling può essere seguito dai media è cambiato radicalmente, sia che si tratti di un campionato mondiale femminile in Canada o di un campionato mondiale maschile in casa a Sciaffusa. Ma l’atmosfera sul posto è ancora più speciale che in televisione.

Lei ha concluso la sua carriera dopo Vancouver. In questi quasi 15 anni, in quale ambito lo sport si è sviluppato maggiormente?

Sicuramente l’influenza dello sweeping. È incredibile come le pietre possano essere controllate. La fisicità è diventata molto più importante. Le squadre che sanno lavorare bene con le scope sono automaticamente avvantaggiate. Ecco perché è un gioco diverso rispetto a 14 anni fa.

Può essere più specifico?

Il “curl” può essere influenzato, il che rende possibile giocare in modo molto più preciso. Di conseguenza, il livello si è alzato. È anche molto più aggressivo. Le nuove regole fanno sì che ci siano molte più pietre in gioco, il che crea situazioni emozionanti e rende questo sport più attraente per gli spettatori.

Bisogna essere più professionali al giorno d’oggi?

Assolutamente sì. Il curling è diventato molto più professionale. Nelle squadre di oggi tutti sono semi-professionisti, se non completamente professionisti. Molti Paesi che in passato non ne avevano possibilità, come l’Italia, si sono affermati tra i migliori al mondo. Per le squadre svizzere rimanere ai vertici è diventato sempre più difficile.

Ciò nonostante, di recente la Svizzera ha avuto un grande successo, soprattutto nelle competizioni femminili, con quattro titoli e una medaglia d’argento agli ultimi cinque campionati del mondo. L'attuale generazione è semplicemente particolarmente brava?

Spero di no, naturalmente. In Svizzera stiamo facendo un buon lavoro per quanto riguarda i giovani talenti e abbiamo le migliori infrastrutture al mondo, oserei dire. Ci sono un gran numero di piste di curling con ghiaccio di ottima qualità. Questa è una buona base. Poi sono state create buone strutture attraverso varie organizzazioni, in modo da investire più risorse in questo sport. E infine, ma non meno importante, ci sono sempre giocatori che, pensando al sogno dei Giochi olimpici, subordinano tutto al curling, per quanto rimanga uno sport minore al quale è necessario sacrificare molto. Ma va detto che le prestazioni delle donne sono eccezionali.

Qual è la cosa più importante per essere al top?

Devi essere in grado di mettere insieme la squadra perfetta. Da un lato, servono giocatori forti fisicamente. Lo skip deve essere un tattico intelligente che sappia tenere testa alle migliori squadre del mondo. Oltre a numerose ore di allenamento, tutto questo richiede anche molta analisi. E la posizione numero 4 richiede un istinto omicida. L’esempio lampante per me è Alina Pätz nella Nazionale femminile, una ragazza che possiede i nervi saldi necessari per quel ruolo. Non ha prezzo e, secondo me, è una caratteristica innata.

Lei è a capo della delegazione olimpica svizzera. Tra poco inizieranno i Giochi di Parigi. Come stanno andando le cose?

Sono molto fiducioso che sul posto potremo godere delle migliori condizioni possibili. Tuttavia, sappiamo che quando si tratta di medaglie lo sport svizzero dipende da pochi atleti. A breve termine si capirà chi è abbastanza in forma per gareggiare e quale sarà il potenziale della delegazione. Lo sport di alto livello dimostra spesso quanto siano vicini gioia e dolore.

C’è sempre scetticismo nel periodo che precede i Giochi. Il traffico è un grosso problema a Parigi. Anche lei ha qualche timore?

Non ho alcun timore. Tuttavia, dobbiamo pensare a scenari diversi, perché non è la prima volta che andiamo in una grande città come questa. Abbiamo avuto gli stessi problemi a Londra e a Rio. Chiunque sia stato a Rio de Janeiro sa cosa significhi il caos del traffico. Non sto passando notti insonni, almeno al momento.

Secondo lei, è un vantaggio che i Giochi olimpici si svolgano così vicino alla Svizzera?

Può essere un vantaggio, perché giocheremo in casa, per così dire. Le Olimpiadi estive non si terranno mai più così vicine alla Svizzera come a Parigi. È con questa mentalità che ci prepariamo all’evento. Ma può anche essere uno svantaggio. È quindi importante essere preparati a possibili fattori di disturbo. L’ambiente privato e personale occuperà più spazio e gli atleti dovranno avere un piano per gestire la situazione. A Tokyo, avevamo vissuto i Giochi olimpici in una stanza sterile.

A proposito di Tokyo. La Svizzera aveva vinto 13 medaglie. Pensa che sia possibile ripetere un simile bottino?

Il mio team di curling mi ha sempre detto che non sono un ottimista, ma un realista. Penso che dobbiamo rimanere realisti, 13 medaglie per una delegazione estiva svizzera sono già un grande successo. Sicuramente non ci saranno più tre podi nella mountain bike femminile perché il numero di partecipanti per nazione è stato ridotto a due. Bencic, che presto diventerà mamma, aveva vinto due medaglie. Quindi 13 medaglie sarebbero un obiettivo molto ambizioso. Ma prima dobbiamo aspettare di vedere con quale delegazione arriveremo a Parigi il 26 luglio.

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