Per Stöckli, quello di Parigi è ‘un bilancio solido’. Pur se a fare da contraltare c'è il lungo elenco di quarti posti. ‘Dobbiamo lavorare sui dettagli’
Manca un'ora alla conferenza stampa di bilancio dei Giochi, e Ralph Stöckli, l'ex campione del curling che dal 2016 è il capo delle delegazioni rossocrociate ai Giochi, a Casa Svizzera s'intrattiene un po’ con tutti. Tema delle discussioni, le tre settimane trascorse in una Parigi scintillante, dove tutti erano contenti, i trasporti funzionavano e l'atmosfera era fantastica. Poi arriva il momento di parlare di cifre, delle otto medaglie conquistate dagli atleti elvetici alle Olimpiadi 2024. E otto sono una in più delle sette messe a preventivo, ma naturalmente quello era l'obiettivo minimo. Il 48enne sangallese, che aveva posto fine alla carriera agonistica dopo i Giochi di Vancouver del 2010, aveva reso tutti attenti da tempo che sarebbe stato utopico immaginare di ripetere i tredici podi di Tokyo 2021: «Infatti se guardiamo alle discipline olimpiche, nell'ultima edizione dei Mondiali di quegli sport abbiamo totalizzato nove medaglie». In altre parole, spiega, «più o meno ci siamo. E queste otto medaglie costituiscono un solido risultato d'assieme».
Il problema, semmai, è che a far da contraltare a quelle otto medaglie d'oro (1), argento (2) e bronzo (5) ci sono le ben nove medaglie di legno. Un interminabile elenco di quarti posti in un'Olimpiade che ha lasciato un retrogusto amarissimo a diversi atleti: dal pianto di Angelica Moser, allo sguardo nel vuoto di Simon Ehammer fino, naturalmente, alla delusione del nostro Noè Ponti, quarto nei 100 delfino, oltretutto con l'aggravante del tocco irregolare a fine vasca del canadese Liendo, il vincitore dell'argento (tuttavia, il ricorso della delegazione elvetica per essere ammesso andava fatto entro mezz'ora dalla fine della gara, non giorni dopo). Tutti e tre erano arrivati a Parigi con personali che li piazzavano sul podio virtuale, quindi con più che legittime ambizioni di poter dare il classico morso a qualcosa di metallico, anziché ligneo. Poi sarà vero che in quella sfilza di quarti posti ce ne sono un paio davvero gratificanti – soprattutto quelli della grigionese Annik Kälin, autrice del suo nuovo personale nell'eptathlon («una performance eccezionale la sua», dice Stöckli), o la velista losannese Maud Jayet – ma in altri casi, su tutti quello di Raphaël Ahumada e Jan Schäuble, i campioni europei del due di coppia volati a Parigi con l'obiettivo dichiarato di finire sul podio, la delusione è straziante. E, naturalmente, alle nove medaglie di legno vanno aggiunge le altre grosse occasioni mancate ai Giochi: dalla delusione della mountain bike a quella, clamorosa, di Morgane Métraux, rimasta sul podio virtuale del golf per tre giorni su quattro, prima di scivolare in poche ore addirittura al diciottesimo posto.
A conti fatti, le uniche medaglie preventivate ed effettivamente centrate sono quelle di Steve Guerdat (argento nell'ippica), Roman Mityukov (bronzo nei 200 m dorso) e Zoé Claessens (bronzo nella Bmx). «C’è una sorta di formula magica secondo cui ci vogliono tre atleti col potenziale da podio per arrivare a una medaglia – aggiunge Stöckli –. Ciò dimostra che è molto, molto difficile arrivare ai massimi livelli sulla scena olimpica. Infatti non sono sempre gli atleti migliori o i più conosciuti a vincere le medaglie. C’è tanto lavoro dietro a ogni podio, ed è un lavoro accanito. Poi, naturalmente, ci vuole anche un po’ di fortuna». E a Parigi, non ce n’è stata moltissima, infatti nove medaglie di legno sono più di otto di metallo. «Il potenziale per fare meglio c’è – conclude Stöckli –. Dobbiamo lavorare sui dettagli. Bisogna far sì che le nostre conoscenze vengano integrate in modo ancora più efficace nello sport d'élite, sfruttando le sinergie con l'economia per sviluppare ulteriormente lo sport ai massimi livelli. Ci sono diverse misure da adottare nel campo della ricerca, e la Svizzera è leader nella ricerca e nell'innovazione».