L'atleta bellinzonese chiude in bellezza un'annata strepitosa in cui si è laureato campione svizzero, europeo e mondiale
Avevamo incontrato Aris Idrizi la scorsa primavera, quando a Bangkok si era da poco laureato campione mondiale Under 18 della World muay thai Federation, e ora lo ritroviamo al termine di un’annata che si è chiusa ancor meglio di come si era aperta. Dopo il titolo iridato, infatti – per il 18enne atleta del Thai boxing Bellinzona – sono arrivati anche i successi nel Campionato europeo svoltosi in ottobre a Massa Carrara e in quello svizzero disputatosi a Ginevra lo scorso weekend. Ma stavolta non più nella classe riservata ai ragazzi, bensì a livello senior, cioè assoluto (nella categoria 75 kg). «È stata un’annata incredibile», conferma il ragazzo bellinzonese di origini kosovare, «davvero piena di soddisfazioni e culminata col titolo nazionale, che è prestigiosissimo».
Più di quello mondiale e di quello continentale?
Pare paradossale, ma per me essere campione svizzero vale quanto essere campione europeo o mondiale, perché il livello della thai boxe in Svizzera è davvero molto alto. Aver primeggiato a livello continentale prima di averlo fatto in casa, dunque, è solo in apparenza un percorso al contrario: il Campionato svizzero secondo me è stata la competizione più impegnativa di tutto l’anno.
Ed è anche la più recente: raccontaci un po’ com’è andata.
Per conquistare il titolo ho dovuto vincere tutti e tre i miei match. Dopo aver effettuato ‘il peso’ alle 7.30 del mattino, ho affrontato il mio primo avversario, per i quarti di finale, alle 10.30, e non è stato per nulla facile superarlo. Anche perché – oltre a essere ginevrino, e dunque facilitato dal combattere davanti al suo pubblico – si trattava di un atleta più esperto di me. A ogni modo, dopo tre round molto combattuti, sono riuscito a impormi ai punti.
Come si gestisce il tempo che intercorre fra un combattimento e l’altro?
Affidandosi alle cure e all’esperienza del mio maestro (Miki Sarayu, ndr) e di un mio compagno, che stava anche lui al mio angolo. Mi hanno aiutato sia dandomi consigli sia facendomi idratare e bere al meglio, ma anche cercando di tenermi caldo.
E la semifinale che storia ha avuto?
Il match, fissato alle 13.30, è stato ancor più combattuto del primo. L’avversario era di Nyon, pure lui più esperto di me. Durante il 1° round, purtroppo, non riuscivo a impormi, ma poi il mio maestro mi ha suggerito la strategia ideale, e infatti poi ho vinto per ko.
Come ti sei preparato per l’atto conclusivo?
Anche in questo caso ho trascorso le ore di avvicinamento mangiando qualcosa, e soprattutto ho cercato di mantenermi mentalmente più attivo possibile, perché concentrazione e motivazione sono fondamentali, sono ciò che poi sul ring ti spinge a continuare malgrado il dolore e tutti i problemi che possono presentarsi. Ne ho comunque approfittato anche per guardare l’altra semifinale, per studiare i miei possibili avversari in finale. A qualificarsi è stato un atleta più tecnico di me, e più esperto. Oltretutto, il mio avversario in finale, uno zurighese, aveva combattuto un match meno di me, e dunque era anche più fresco. Nonostante tutto, sono riuscito a rimanere lucido per tutto il combattimento, con la giusta grinta, e per questo devo di nuovo ringraziare il mio angolo. Malgrado la giornata lunghissima e un po’ di stanchezza accumulata nei match precedenti, sono infine riuscito a impormi, ai punti come nei quarti di finale.
E ora quali sono i tuoi programmi?
Vorrei ovviamente che il 2024 si rivelasse ancora migliore del 2023, ma per il momento non abbiamo ancora programmi del tutto definiti. Di certo continuerò ad allenarmi duramente, come ho fatto quest’anno, durante il quale ho perfezionato alcuni dettagli e ho imparato cose nuove. Sicuramente combatterò match di alto livello, sia in ambito professionistico sia in campo semiprofessionistico, in Svizzera e in Europa, e magari – speriamo – anche fuori dal continente.