E se a puntare su Deshaun Watson, Cleveland avesse sbagliato ancora una volta? Quinn, Weeden, Manziel, quanti flop per una franchigia dalla scarsa visione
È facile essere Kevin Costner e recitare il ruolo di un general manager nel bel mezzo di un draft della Nfl. Lui, alla fine, pur rischiando la rottura con il coach e quella familiare, la scelta giusta l’ha fatta. O, almeno, così si desume dal finale del film Draft Day, quando tutti inneggiano al brillante futuro che attende i Cleveland Browns. Ben altra cosa è essere un vero general manager in una franchigia il cui profilo dirigenziale è tra i più disastrati della Nfl.
Domenica, la compagine dell’Ohio è incorsa nella terza sconfitta stagionale, un 24-20 a Seattle, con sorpasso a 1’19” dalla conclusione. Nulla di irrimediabile, per carità: tuttavia, in chiave playoff qualche motivo di apprensione sussiste. Ancora una volta, a dirigere l’attacco dell’unica squadra che sul casco non porta uno stemma, è sceso in campo P.J. Walker, in sostituzione di Deshaun Watson, colui il quale doveva essere la stella della squadra e che, invece, rischia di diventare una sorta di buco nero per tutta l’organizzazione. Fermo una stagione intera nel 2021 per dissapori con Houston, Watson lo scorso anno aveva raggiunto Cleveland e, dopo aver scontato le 11 giornate di squalifica inflittegli dalla Nfl per ripetuti abusi sessuali su più massaggiatrici, è sceso in campo sei volte nel 2022 (1’102 yarde, 7 touchdown e 5 intercetti) e quattro (su sette partite) nell’attuale campionato (683 yarde, 4 touchdown e 3 intercetti), per una media di 178 yarde a partita e un totale di 11 touchdown e 8 intercetti. Decisamente troppo poco per un quarterback tre volte selezionato per il Pro Bowl e il cui passaggio da Houston a Cleveland è stato pagato con tre prime scelte (2022-23-24), una terza (2023) e una quarta (2024).
Può essere che, una volta ristabilitosi dall’attuale infortunio alla spalla, Watson torni a essere il quarterback degli anni in Texas, tuttavia esiste pure la concreta possibilità che si tramuti nell’ennesimo clamoroso flop di una franchigia le cui magagne iniziano ai vertici della piramide. Dal 1999 a oggi, quindi in meno di un quarto di secolo, ai Browns si sono succeduti 3 proprietari, 12 capi allenatore e 10 general manager. E siccome ogni general manager ama lavorare con giocatori da lui selezionati, il continuo viavai nella stanza dei bottoni ha fatto sì che ogni nuovo arrivato smantellasse il lavoro svolto dal suo predecessore.
Un caos che il delicato processo dei draft ha palesemente messo a nudo. Ad esempio, per trovare l’ultimo quarterback capace di fare la differenza in maglia Browns occorre risalire alla seconda metà degli anni Ottanta, con Bernie Kosar, rimasto a Cleveland otto anni, durante i quali ha portato la squadra per tre volte alla finale di Conference (1987, ’88, ’90), per altro sempre persa a favore di Denver. Dal 2000 a oggi, i Browns hanno speso per tre volte la scelta numero 22, convinti di trovare il quarterback del futuro, selezionando Brady Quinn nel 2007, Brandon Weeden nel 2012 e Johnny Manziel nel 2014.
Soltanto l’ultimo dei tre possedeva le qualità per emergere nella Nfl, ma la sua palla al piede era rappresentata da un egocentrismo esasperato e una forte riluttanza a sottomettersi alle regole, a volte ferree, imposte da lega e franchigia. Manziel era considerato una scommessa e Cleveland l’ha persa. A otto anni di distanza, nell’Ohio si è tornati a giocare d’azzardo con un quarterback dal comprovato talento, ma fermo da oltre un anno e non proprio irreprensibile (eufemismo) dal profilo comportamentale. Su Watson, “the jury is still out”, come si dice, ma per il momento nemmeno la sua sembra essere una scommessa vinta.
Chi si è messo davanti al televisore per l’ottava giornata della Nfl, avrà forse notato qualcosa di strano: Tennessee con un logo e una divisa particolare, inedita. E questa è una storia davvero difficile da comprendere per la mentalità sportiva europea. Va detto che la Nfl consente a tutte le squadre di disputare un paio di partite a stagione con loghi e divise utilizzati in passato, così da onorare la memoria della franchigia. Tuttavia, il caso in questione è davvero particolare. Sì, perché i Titans, in verità, sono i diretti eredi degli Houston Oilers. Nel 1997 Bud Adams, proprietario degli Oilers, decise di spostare la squadra a Tennessee. Nelle prime due stagioni (1997 e ’98), disputate a Memphis e Nashville in attesa della costruzione del nuovo stadio, Tennessee aveva mantenuto il nickname Oilers. Tuttavia, il fatto che a Nashville e dintorni la terra non spruzzasse petrolio, aveva indotto i nuovi tifosi a chiedere un cambio di nome. Decisione facilitata dall’allora commissioner della lega, Paul Tagliabue, il quale aveva assicurato che la storia degli Oilers sarebbe rimasta eredità di Tennessee qualunque fosse stata la scelta del nuovo nome.
A Houston però, non si diedero per vinti. Rimasti orfani degli Oilers, decisero di fondare una nuova franchigia che debuttò nella stagione 2002 con il nickname Texans. Tuttavia, l’unico legame con il passato era rappresentato dalla città nella quale la squadra aveva sede. E, come si sa, negli Stati Uniti questo riveste davvero scarsa rilevanza. Tant’è che Houston non ha il diritto di onorare con logo e divise la squadra fondata in città nel 1960 e lì rimasta fino al 1996, diritto che invece spetta a Tennessee che dal Texas dista oltre 1’000 chilometri in linea d’aria. Stranezze del mondo sportivo statunitense.
Per quanto riguarda la giornata numero 8, da segnalare le sconfitte di San Francisco (la terza consecutiva!) e Kansas City (con Mahomes influenzato, ma comunque in campo). Le ultime partite hanno inoltre lasciato pesanti strascichi per alcune squadre: Minnesota ha perso per tutta la stagione il quarterback Kirk Cousin (rottura del tendine d’Achille), mentre la sconfitta nel Monday Night a opera di Detroit, a Las Vegas è costata il posto di capo allenatore a Josh McDaniels e di general manager a David Ziegler.
Ottava giornata: Buffalo - Tampa Bay 24-18. Carolina - Houston 15-13. Dallas - LA Rams 43-20. Green Bay - Minnesota 10-24. Indianapolis - New Orleans 27-38. Miami - New England 31-17. NY Giants - NY Jets 10-13. Pittsburgh - Jacksonville 10-20. Tennessee - Atlanta 28-23. Washington - Philadelphia 31-38. Seattle - Cleveland 24-20. Arizona - Baltimore 24-31. Denver - Kansas City 24-9. San Francisco - Cincinnati 17-31. LA Chargers - Chicago 30-13. Detroit - Las Vegas 26-14
Nona giornata: Pittsburgh (4-3) - Tennessee (3-4). Kansas City (6-2) - Miami (6-2). Atlanta (4-4) - Minnesota (4-4). Baltimore (6-2) - Seattle (5-2). Cleveland (4-3) - Arizona (1-7). Green Bay (2-5) - LA Rams (3-5). Houston (3-4) - Tampa Bay (3-4). New England (2-6) - Washington (3-5). New Orleans (4-4) - Chicago (2-6). Carolina (1-6) - Indianapolis (3-5). Las Vegas (3-5) - NY Giants (2-6). Philadelphia (7-1) - Dallas (5-2). Cincinnati (4-3) - Buffalo (5-3). NY Jets (4-3) - LA Chargers (3-4)