Sabato nella Greifenseelauf, Nicola Spirig disputerà l’ultima competizione di una carriera che l’ha vista salire due volte sul podio olimpico
Campionessa olimpica nel 2012 a Londra (e argento quattro anni dopo a Rio de Janeiro), Nicola Spirig concluderà la sua impressionante carriera sabato nella Greifenseelauf. Prima dell’addio, ha rilasciato un’intervista all’agenzia Keystone-Ats.
Nicola Spirig, perché ha scelto il Greifensee come ultima gara da professionista e non un triathlon?
È successo e basta. Potrei dire che ho iniziato a fare atletica e che smetterò, ma non è questa l’idea. Penso che sia piuttosto bello che coloro che vogliono rivedermi, ad esempio i miei genitori, abbiano la possibilità di farlo nella Svizzera tedesca. Mi è sempre piaciuto partecipare alla gara del Greifensee, quindi, dopo la richiesta dell’organizzatore Markus Ryffel, ho pensato: perché no?.
La decisione di chiudere la carriera è stata presa da tempo, ma adesso quel giorno è arrivato per davvero. Come si immagina la sua ultima competizione?
La gente mi chiede spesso cosa provo in questi giorni. Al momento per me è ancora tutto normale, perché mi sto preparando per una gara ed è quello che ho sempre fatto. Potrò dire come mi sento solo tra due o tre mesi. Di certo so che si tratta della decisione giusta per noi. Aspetto con gioia questa tappa successiva della mia vita, il fatto di poter trascorrere più tempo con la mia famiglia. Ma è chiaro che mi mancheranno alcune cose, non avrebbe senso non ammetterlo. Mi mancheranno le gare e tutte le emozioni ad esse legate. Ma la gioia di ciò che mi aspetta sarà sicuramente maggiore. Apprezzo il fatto di poter smettere in buona salute e con buone prestazioni, il che mi permette di guardare alla mia carriera con orgoglio e soddisfazione.
Ha vissuto molti momenti importanti, ma il titolo olimpico del 2012 a Londra è stato probabilmente il momento più importante della sua carriera…
Dal punto di vista dell’impatto, sì. Il titolo olimpico è sicuramente quello che ha avuto l’influenza maggiore sulla mia carriera in termini di percezione pubblica. Tuttavia, la medaglia d’argento, quattro anni dopo, per me è stata quasi più emozionante. Ero la detentrice del titolo, il che ha reso tutto più difficile. Ero madre, il che ha reso tutto molto più difficile. E mi sono rotta la mano a marzo. Vincere di nuovo una medaglia ha significato molto per me. È bello ripensarci. Sono riuscita a rimanere ad alto livello per tanto tempo, ho partecipato a cinque Olimpiadi, ho vinto sette titoli europei, sono stata in tanti posti, ho conosciuto tante persone, ho acquisito tanta esperienza...
Nonostante il successo, con il senno di poi c’è qualcosa che avrebbe fatto in modo diverso?
No, quando mi guardo indietro non ho rimpianti. Il mio allenatore, Brett Sutton, mi diceva spesso che se avessimo iniziato a lavorare insieme prima, non avrebbe funzionato perché sarei stata troppo giovane per farlo. Per me è stato importante costruire la mia carriera in questo modo, affiancando attività sportiva e studio. Naturalmente, come atleta, si desidera che gli infortuni spariscano, così avrei potuto vincere ancora di più. Ma forse avevo bisogno di quegli infortuni per avere voglia di impegnarmi così tanto. Alla fine, non posso dire che se nella mia carriera avessi fatto qualcosa di diverso le cose sarebbero andate meglio.
La Greifenseelauf è davvero l’ultima competizione o soltanto l’ultima a livello professionistico?
È difficile per me rispondere a questa domanda. Per il momento non gareggerò più. Non ho idea di cosa accadrà l’anno prossimo o tra cinque anni. Quando ero incinta e non gareggiavo, non mi sembrava fosse un grosso problema. Ma devo comunque fare sport, non posso stare ferma. Non sarebbe solo un male per il mio corpo, ma anche per la mia testa. Forse mi impegnerò in una sfida completamente diversa, nella quale non dovrò confrontarmi con le performance precedenti e dove il cronometro non sarà l’unico e assoluto giudice. Ma al momento non ho in programma nulla.