SCI ALPINO

Mauro Caviezel e la caduta di troppo. ‘E non so il perché’

Sei settimane dopo Lake Louise, a Wengen il grigionese si congeda dopo una carriera tartassata dagli infortuni. ‘Devo ancora digerire la mia decisione’

Si spengono i riflettori sul grigionese, campione vero nella lotta contro la sfortuna
12 gennaio 2023
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Il pianeta sci e il dramma degli infortuni sono indissolubilmente legati. Tuttavia, esattamente come Mauro Caviezel, c’è chi in carriera s’è dovuto confrontare con i guai fisici ben più frequentemente di altri. Al punto da arrivare un bel giorno a dover dire basta.

Talento, capacità tecniche e fisiche, volontà di migliorarsi e perseveranza nel sormontare le situazioni più sfavorevoli: il grigionese trapiantato a Pfäffikon aveva tutto per puntare a vincere e arrivare sul podio con regolarità, invece quel suo sviluppo che pareva scontato è stato frenato più e più volte dalla sfortuna. Nonostante dopo ogni sberla ricevuta, Caviezel si sia ributtato nella mischia più corazzato di prima. «Ogni volta ho avuto soltanto brevi esitazioni – racconta il trentaquattrenne della Val Domigliasca, in quella che ha il triste sapore di una conferenza stampa d’addio –. Passato quell’attimo, però, ho sempre cercato di guardare avanti, con ottimismo».

Finché due giorni fa, con ancora nel cuore la paura per quelle bruttissime immagini in mondovisione da Lake Louise a fine novembre, ha confessato a tutti che non ce la faceva più. Dopo un elenco d’infortuni che pare un bollettino di guerra: dal 2010 in poi, quando s’era lussato una prima volta la spalla, è passato attraverso una seconda lussazione dello stesso arto, la rottura del legamento crociato, la lacerazione del legamento crociato posteriore e del menisco (tutto tra il 2012 e il 2013), una prima frattura del perone nel 2015 e poi una seconda l’anno seguente, a cui si era sommata la frattura e la lussazione di una mano, quindi ha dovuto fare i conti con la rottura del tendine d’Achille nel 2019, una commozione cerebrale nel 2021 e infine, appunto, il trauma cranico con contusioni e stiramenti vari il 27 novembre scorso in Canada.

Undici anni di attesa

Mauro Caviezel fa parte della medesima generazione di Carlo Janka e di Beat Feuz. Ma a differenza di loro due, ha dovuto aspettare a lungo il giorno della consacrazione in Coppa del mondo: tra quella medaglia d’argento in combinata ai Mondiali juniores 2006 e il primo podio nell’élite dello sci, in effetti, passarono più di undici anni. A titolo di paragone, l’ascensione di Janka è stata fulminea, siccome due anni e mezzo dopo era già sul podio, mentre Feuz ha dovuto mordere il freno per sei stagioni.

Un mese prima di festeggiare quel primo podio in Coppa del mondo, in occasione delle finali ad Aspen, in Colorado, il fratello maggiore di Gino Caviezel si mise al collo la medaglia di bronzo in combinata ai Mondiali in casa sua, a St. Moritz, dietro a un più che sorprendente Luca Aerni, il quale si concesse il lusso di battere nientemeno che sua altezza Marcel Hirscher. «Questa giornata mi ricompensa per tutte le cose brutte che mi sono capitate in passato» disse il grigionese in quel giorno di febbraio del 2017.

Fu soltanto l’inizio di una carriera che avrebbe potuto riservargli soddisfazioni ben maggiori di quegli undici podi celebrati nel Circo bianco. L’apice della sua tormentata carriera, Mauro Caviezel lo toccò sulle nevi francesi di Val d’Isère nel 2020, quando – all’età di trentadue anni – riuscì infine a conquistare quello che rimarrà il suo unico successo a tale livello, sbaragliando la concorrenza in superG. Ma dopo aver vinto anche la coppa di specialità al termine di quella stagione, la stessa sfortuna che ne aveva minacciato la prima parte di carriera tornò a farsi sentire l’inverno dopo, con una brutta caduta in allenamento a Garmisch che gli costò una severa commozione cerebrale.

‘Non basta più, semplicemente’

Gli ci sono poi voluti quasi due anni per tornare a fare capolino sui pendii di Coppa del mondo. Prima che un nuovo, incredibile colpo basso del destino lo rimandasse al tappeto, sei settimane fa, nel superG di Lake Louise. Una caduta, quella, che a tutt’oggi non ha un perché. «Non riesco a spiegarmelo, nonostante abbia rivisto quelle immagini centinaia di volte – spiega –. Ho cercato di pensare a tutte le ipotesi, ma non me ne capacito: cado a terra così, senza cercare in alcun modo di difendermi. Davvero, non posso dire cosa sia successo perché non ne ho il ricordo’.

È stato quell’episodio senza spiegazioni ad aver fatto maturare in lui la scelta di appendere gli sci al chiodo. «Ho preso quella decisione nonostante tutta la passione per lo sci che provo anche in questo momento – ammette –. Direi che di principio ora sto molto bene, che non c’è nulla che mi ostacoli nella vita, ma dopo ciò che è successo, apparentemente non sono più in grado di controllare certe situazioni quando mi trovo su una pista. Quindi direi che non mi è più possibile fare sci da competizione, semplicemente».

Quanto al futuro, Mauro Caviezel per ora preferisce non esprimersi. «Tanto per cominciare in questi ultimi giorni ho cercato di tenere la mente lucida per prendere con serenità questa mia decisione di metter fine alla carriera. Riguardo al prossimo capitolo invece vedremo cosa capiterà. Ma prima devo già riuscire a digerire il fatto d’aver messo un termine alla mia carriera».