Roberto Kovac e la nazionale svizzera di basket iniziano le qualifiche europee con molti assenti.
Il basket torna sui parquet con la Nazionale per le prime due gare di pre-qualificazione agli Europei del 2025. Un traguardo decisamente troppo lontano in tutti i sensi: vuoi per la forza delle avversarie del girone, Austria, Croazia e Polonia, vuoi per quel lassismo gestionale che permette, con tutte le scappatoie del caso, di rinunciare o meno alla nazionale del 5x5. Se si parla del 3x3 le cose cambiano perché chi vi partecipa si diverte di più, a sentire i protagonisti almeno: vi è una maggior coerenza gestionale, la Federazione si applica con maggior impegno con un obiettivo olimpico e, altro aspetto non indifferente, si guadagna qualche franchetto senza camp lunghi decine di giorni, come è stato il caso per questo ultimo. Sulle rinunce pare che dalla finestra di novembre in poi, ci saranno sanzioni per chi rinuncerà alla maglia ma ci crediamo poco, considerato come sono lustri che si dicono le stesse cose senza però metterle in pratica. Vedremo, ai miglioramenti siamo sempre attenti, anche perché merce rara sui nostri parquet.
Veniamo alle sfide di domani contro l’Austria e di domenica in Croazia. L’Austria è stata avversaria delle prequalifiche e ne siamo usciti in pareggio: e ora? Lo chiediamo a Roberto Kovac, da 13 anni in nazionale, scafato e attaccato alla maglia come pochi. Cosa pensi di rinunce di alcuni compagni e dell’Austria? «Sulle defezioni non mi esprimo perché io faccio il giocatore, chi viene o non viene fa delle scelte e quanto siano giustificate non spetta me dirlo. Poi è importante che chi rinuncia alla nazionale maggiore non si faccia prendere in altri ambiti competitivi ma, lo ripeto, c’è una Federazione che deve tutelare la nazionale. Per quanto riguarda gli austriaci diciamo che è una squadra tosta ma certamente alla nostra portata. Nel girone precedente ci sono state le vittorie casalinghe, anche se maturate in maniera diversa».
Croazia e, nel futuro, la Polonia sono fuori portata? «Direi di sì, sempre al netto di chi sarà presente. I croati hanno diversi giocatori dell’Nba e dell’Eurolega per cui sarà interessante vedere chi sarà disponibile e per quali gare. Idem per la Polonia che ha un roster di qualità certamente superiore al nostro».
In Croazia una sfida in… famiglia? «Diciamo di sì, viste le mie origini: giocarci contro è sempre un’emozione e spero di fare una buona prova».
Da quasi un anno il nuovo coach è Papatheodorou: quali sono le sensazioni? «Premetto che con Barilari ho sempre avuto un rapporto schietto e sempre improntato a costruire e non a distruggere. Con Papatheodorou c’è stato un balzo in avanti legato al curricolo differente in quanto l’attuale coach ha un’esperienza internazionale di altro spessore. È in ogni caso una persona squisita con la quale i rapporti umani sono positivi, oltre ad avere appunto una conoscenza del basket europeo a tutto tondo. Purtroppo, come con Barilari, non riusciamo mai ad avere in campo o almeno in squadra tutti i migliori. Anche per domani non sappiamo chi ci sarà, visto che Jurkovitz è arrivato ieri, Cotture non si sa, Dubas ha rinunciato e Gravet ha dato forfait. È chiaro che non si può costruire al meglio, ma chi c’è non lascerà nulla al caso. L’impegno c’è stato in tutti gli allenamenti e nelle partite amichevoli contro la Repubblica Ceca, vedremo giovedì come andrà. Vincere in casa sarà fondamentale per tutti».
Parole chiare su come si lavora a livello generale e come il basket manchi non poco a livello di coerenza strutturale e gestionale. Cose dette e ridette, dirà qualcuno, ma c’è la volontà di combattere la sordità?