Oggi si corre il primo ‘monumento’ stagionale. Favoriti Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel. Le carenze elvetiche nelle volate
È una delle cinque classiche più importanti al mondo, uno dei cinque monumenti del ciclismo internazionale. Ed è la prima a ritrovare la collocazione naturale dopo il 2020 scombussolato dalla pandemia. Si torna a correre in marzo, in condizioni molto diverse rispetto all’ultima edizione di agosto. E si torna a correre su un tracciato pressoché identico a quello che ha contribuito a creare la storia della Classicissima di primavera. Si attraverserà di nuovo la Liguria, non mancheranno i tre Capi (Mele, Cervo e Berta), antipasto per i due strappi più importanti, la Cipressa e il Poggio, che lanceranno verso il traguardo di via Roma (arrivo previsto oggi attorno alle 15.50), dopo ben 299 km di corsa destinati però ad accendersi soltanto negli ultimi 50 km. A far difetto, rispetto alla tradizione, sarà soltanto il Turchino, impraticabile per una frana, sostituito dalla salita del colle Giovo.
La Sanremo è da sempre l'unica delle grandi classiche appannaggio dei velocisti, salvo qualche rara eccezione con un colpo di mano decisivo sul Poggio. E il 2021 potrebbe essere proprio uno di quegli anni. Sì, perché i grandi favoriti sono tre, tutti capaci di vincere una volata a ranghi più o meno compatti, ma soprattutto in grado di fare la differenza sul Poggio e tenere a distanza il ritorno del plotone. Wout van Aert, Julien Alaphilippe e Mathieu van der Poel sembrano i candidati principali al successo. Tutti e tre arrivano da una Tirreno - Adriatico corsa da protagonisti: due vittorie, due secondi posti e due terzi per il belga, una vittoria per il transalpino, due vittorie e un secondo posto per l'olandese. Il francese sembrerebbe avere in mano meno carte, ma in finali con il plotone allungato ha dimostrato di saper essere veloce, tant’è che delle ultime due edizioni una l’ha vinta e l’altra l’ha persa di un niente contro Van Aert.
Scattare sul Poggio e tenere fino alla fine è diventata negli anni specialità quasi impraticabile, se non per atleti con il motore superiore, alla Cancellara. Ecco perché una chance la si potrebbe dare anche al campione del mondo a cronometro, Filippo Ganna. Ma se togliamo i tre di cui sopra, a contendersi la vittoria dovrebbero essere soprattutto i velocisti puri, gente come Michael Matthews, Giacomo Nizzolo, Elia Viviani, Sam Bennett.
Quella delle volate a ranghi compatti è una specialità nella quale il ciclismo svizzero non ha mai eccelso, se non in alcune rare occasioni. Un ciclismo svizzero che altrove sa come mettersi in mostra ai massimi livelli. La stagione del World Tour è iniziata da appena un mese e già i rossocrociati sono saliti quattro volte sul podio, nonostante il gioiellino del movimento elvetico, Marc Hirschi, non abbia ancora iniziato a correre (esordirà settimana prossima al Giro della Catalogna). In evidenza si sono messi Stefan Bissegger e Gino Mäder, due della nuova generazione. Bissegger ha ottenuto la prima vittoria da professionista nella cronometro della Parigi-Nizza, dopo aver preceduto il campione del mondo Filippo Ganna nella crono dell’Uae Tour in febbraio. E, sempre sulle strade della corsa verso il sole, nella tappa regina Mäder ha sfiorato la vittoria, ripreso a 20 metri dal traguardo da Primoz Roglic. Stefan Küng, dal canto suo, ha chiuso al secondo posto la cronometro della Tirreno - Adriatico, battuto da Van Aert, ma davanti a Filippo Ganna. Prestazioni che lasciano ben sperare per il prosieguo della stagione, ma non per un successo alla Sanremo. Negli anni, il ciclismo svizzero ha avuto un solo grande velocista, Urs Freuler. In parallelo alla sua impressionante carriera su pista (dieci titoli mondiali), negli anni Ottanta il glaronese si era fatto un nome quale velocista su strada. Nel 1981 vinse una tappa al Tour de France, ma il suo territorio di caccia preferito era il Giro, dove timbrò il cartellino ben 15 volte.
Prima e dopo Freuler, però, le volate non hanno mai arriso al ciclismo rossocrociato, incapace di forgiare campioni del calibro di Cipollini, Zabel, Greipel, Cavendish o Petacchi. Per spiegare il motivo di questa carenza, basta dare un’occhiata alla filosofia della formazione in svizzera. Gente come Küng, Bissegger o Hirschi, prima di iniziare la carriera su strada si sono fatti le ossa in pista. Swiss Cycling ha costantemente concentrato la formazione sulle discipline di resistenza, con l’inseguimento a squadre quale fiore all’occhiello del movimento. Una strategia che ha dato i suoi frutti, con numerose medaglie e titoli mondiali nell’inseguimento individuale (Küng), nel Madison (Marvulli e Risi) e nello scratch (Marvulli). Le discipline dello sprint, al contrario, sono state quasi dimenticate.
Negli ultimi anni, tuttavia, la federazione sembra aver cambiato rotta, come conferma Beat Müller, capo degli sport di competizione per Swiss Cycling… «In futuro vogliamo poter contare di più sui velocisti. Un buon velocista porta spesso a casa un mazzo di fiori». Vale a dire: sono maggiori le occasioni di vincere una volata che di imporsi in una tappa di montagna… Per scovare il nuovo Freuler, la federazione sta affrontando il problema alla radice, vale a dire investendo nel talent scouting… «Fino a due anni fa nella ricerca dei talenti non rilevavamo sistematicamente le prestazioni degli sprint, in quanto l’attenzione era posta soprattutto sulla performance aerobica. Ora, con un semplice salto in lungo da fermo, misuriamo l’esplosività dei candidati, ciò che ci permette di fare una previsione molto accurata sulle prestazioni in bicicletta». Una volta selezionati, i candidati verranno inseriti nel sistema di formazione di Swiss Cycling. «L’obiettivo è di riuscire un giorno a costituire un gruppo di sprinter in grado di rivaleggiare ai massimi livelli. La strada per scovare il prossimo re dello sprint elvetico è ancora lunga, ma il casting è stato lanciato.