Domenica, in Coppa Svizzera, Losanna e Basilea riapriranno la stagione. Il renano: 'Nessuno potrà accampare la scusa del deficit di preparazione'
Il calcio svizzero è pronto a tornare protagonista. Per il Basilea, primo club di Super League a tornare in campo, domenica a Losanna nell'anticipo dei quarti di finale di Coppa Svizzera, questa è un'occasione per parlare di sport. Fabian Frei, uno dei cardini della compagine renana, getta l'occhio sul periodo movimentato vissuto dalla società e sulle imminenti scadenze di campionato.
Fabian Frei, domenica il Basilea torna in campo dopo tre mesi di inattività agonistica. Come calciatore, eri probabilmente favorevole alla ripresa dell'attività... «Non ho certo intenzione di oppormi ora. Non vedo l'ora di ricominciare. Posso parlare a nome di tutti i giocatori: giocare è molto più divertente che allenarsi».
Durante l'ultimo mese il Basilea si è allenato in maniera collettiva. È possibile ipotizzare una percentuale di forma fisica rispetto a una normale preparazione? «Staremo a vedere. Anche con un normale allenamento, nella prima partita on è possibile raggiungere il massimo livello. Ma siamo tutti nelle stesse condizioni, tutte le squadre sono state in grado di riprendere gli allenamenti nello stesso momento, se lo volevano. Quindi la preparazione non può rappresentare una scusa».
A differenza di una ripartenza dopo una normale preparazione, le cose si fanno subito maledettamente serie, con il quarto di finale alla Pontaise. «Le partite che ci rimangono da disputare possono essere viste come tante finali. Questo rende la preparazione più facile. Tuttavia, non bisogna dimenticare che quasi un terzo del campionato è ancora da giocare. Ci saranno alcuni importanti scontri diretti e abbastanza opportunità per recuperare i cinque punti d ritardo nei confronti di San Gallo e Young Boys. Certo, avremmo preferito essere primi e doverli gestire noi quei cinque punti, ma nel calcio rimonte di questo genere non sono una novità».
Dal punto di vista atletico, gli ultimi mesi non sono stati i più impegnativi della carriera. Come hai gestito la situazione a livello mentale? «Come tutti gli altri, ci sono stati alti e bassi».
Vale a dire? «Nelle prime due settimane, mi sono abituato rapidamente alla situazione. Poi c'è stato il momento, dopo quattro o cinque settimane, in cui ho capito di averne abbastanza. Quando sono stati introdotti i primi allentamenti al lockdown, ho cominciato a respirare l'aria di un nuovo inizio».
Quando domenica tornerete in campo, la situazione sportiva del Basilea tornerà sotto i riflettori. Negli ultimi tempi, temi come la riduzione degli stipendi, le finanze e il futuro del tecnico hanno dominato le notizie provenienti dal club. Il fatto che l'attenzione sia nuovamente focalizzata sul campo può rappresentare un sollievo per i giocatori... «Il nostro lavoro è giocare a calcio. Non siamo direttamente interessati a ciò che scrivono i media. Siamo responsabili per quanto riguarda l'aspetto sportivo, punto e a capo. Tra l'altro, siamo a giugno e siamo ancora impegnati in tre competizioni (campionato, Coppa Svizzera e Europa League, ndr), cosa che non è successa molto spesso».
A volte i calciatori vengono considerati una classe privilegiata. Accuse non sempre facili da accettare... «Naturalmente ci sono momenti in cui sono amareggiato. Per esempio, quando leggo cose non veritiere o non espresse in maniera chiara... Mi fa arrabbiare, ma non devo reagire ogni volta. Sono nel settore da abbastanza tempo e ho già letto cose che non mi sono piaciute. In fin dei conti, è solo l'opinione di un giornalista. E non dobbiamo leggere tutto. Sappiamo anche che il successo riduce le critiche».
Quanto è stato difficile affrontare queste situazioni in un momento in cui la squadra non poteva frequentarsi fisicamente? «Abbiamo comunque mantenuto contatti regolari, soprattutto durante le sessioni di formazione online. Per il resto, ci siamo telefonati un po' più spesso del solito. Era importante dire ai ragazzi: "Sai esattamente di cosa si tratta, concentriamoci sull'essenziale". Come leader, non potevo fare altro che consigliare di non leggere troppi giornali, di godersi il tempo trascorso a casa e di occupare il tempo svolgendo altre attività».
Da qualche tempo si discute del futuro di Marcel Koller, il cui contratto scade alla fine del mese, discussioni che hanno destato preoccupazione. La squadra potrebbe non avere un allenatore a partire dal 1. luglio, anche se non dovesse perdere nemmeno una delle quattro partite in calendario. C'è da capire come il gruppo stia gestendo la situazione... «Non posso parlare a nome di tutta la squadra. La situazione non mi riguarda più di tanto, almeno a livello personale. Faccio quello che devo fare, rispondo presente e voglio giocare. Anni fa, una volta ho detto che non mi interessava chi fosse a sedere in panchina. Un'esternazione che non era stata ben accolta. Quello che volevo dire è che l'allenatore non gioca al mio posto. Con Marcel ci alleniamo duramente tutti i giorni e le cose vanno a meraviglia. La squadra sa esattamente ciò che il tecnico desidera, assieme abbiamo davvero una buona collaborazione. Questo è ciò che posso dire in qualità di calciatore. Pe il resto, il club è stato chiaro: dirà qualcosa quando avrà qualcosa da dire».