MOUNTAIN BIKE

Filippo Colombo, il sogno olimpico è solo rimandato

Il posticipo dei Giochi, gli allenamenti al tempo del virus, il calendario stravolto. 'La precedenza va data alla salute, è triste ma necessario'

25 marzo 2020
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La stagione era iniziata con il botto, un sesto posto nella prova di Banyolès, in Catalogna, nobilitata dalla presenza di un parterre di primo livello. Poi, però, si è bruscamente interrotta sulla scia dell'espansione della pandemia di coronavirus. Filippo Colombo, come tutti gli sportivi di gran parte del globo, è stato costretto ad assistere, giorno dopo giorno, alla litania di gare cancellate, sia nella sua mountain bike, sia nel ciclismo su strada. Cancellazioni che hanno, di fatto, bloccato sul nascere la stagione... «Al momento in Ticino non è stata decretata la proibizione di uscire di casa. La mia non è un'attività di gruppo, ma solitaria. Mi alleno costantemente da solo e mi capita di rimanere in bici tre o quattro ore senza incontrare anima viva. Non mi sento in pericolo e ritengo di non mettere in pericolo altre persone. Ovviamente, cerco di allenarmi in modo proficuo, ma senza correre eccessivi rischi, perché non vorrei mai avere un incidente che mi costringa a sovraccaricare un sistema sanitario già sotto grande pressione».

La notizia delle ultime ore è rappresentata dall’annullamento di quello che era l’appuntamento principe dell’intera stagione: le Olimpiadi di Tokyo, spostate al 2021… «Mi sembra la soluzione più giusta per garantire a tutti un'equa possibilità di qualifica e il necessario periodo di preparazione prima dell’appuntamento a cinque cerchi. Ciò che al momento non era garantito, vuoi per la cancellazione di troppe competizioni, vuoi perché ci saranno sicuramente nazioni nelle quali sarà possibile riprendere l'attività prima che in altre».

Il sogno di partecipare al Giochi di Tokyo, al suo primo anno nella categoria élite, è dunque sfumato. Ma per il ticinese di Bironico, il rinvio non è necessariamente un male… «Mi dà un anno di tempo in più per maturare, per cui se quest’anno un’eventuale qualifica sarebbe stata una botta di fortuna, alla luce del fatto che il biglietto lo si sarebbe timbrato praticamente su una sola gara, tra dodici mesi le prove di qualifica ripartiranno da zero e le valutazioni da parte dei tecnici saranno senza dubbio più corrette. Non so se avrò più o meno possibilità, ma se mi qualificassi vorrebbe dire che me lo sono meritato al cento per cento. In questi giorni sono rimasto in contatto con i miei compagni di squadra francesi e tra di loro chi già era sicuro di partecipare ai Giochi non è stato particolarmente contento del rinvio, anche perché tra un anno i valori in campo potrebbero essere mutati. Nel complesso, però, l’opinione generale è che sia stata presa la decisione corretta».

Sfumati i Giochi, ma stravolto anche il resto del calendario... «La primavera è già bell'e persa. La Coppa del mondo doveva scattare il 24 maggio a Nove Mesto, nella Repubblica ceca, ma la gara è stata cancellata proprio in questi giorni. Per quanto riguarda l'Europeo di Graz (Austria), in programma una settimana prima dell'esordio in Coppa del mondo, già si sa che la prova è stata posticipata al 6 settembre. In Svizzera tutte le gare nazionali fino a maggio sono state cancellate o posticipate (un esempio per tutti, il Tamaro Trophy che sarebbe dovuto andare in scena domenica 22 marzo, ndr). E purtroppo il calendario è già saturo di sè, per cui non so quanto margine ci sia per eventuali recuperi». In forse, ovviamente, anche i Mondiali di Albstadt del 28 giugno che potrebbero essere posticipati. 

Come nel calcio l'allenamento non riesce a sostituire l'intensità, anche emotiva, di una partita, così nella mountain bike il semplice fatto di andare in bici non è sufficiente a mantenere la giusta condizione fisica... «Il problema è rappresentato dalla cancellazione di tutte le gare e dall'impossibilità di sapere quando e come ci sarà dato di riprendere l'attività agonistica. Di conseguenza, diventa estremamente difficile pianificare gli allenamenti, quale intensità dare loro, quando forzare e quando recuperare, perché non si sa quando programmare il picco di forma. Al momento mi limito a fare del fondo, è un po' come se fossimo tornati al mese di dicembre».

La stagione, come si diceva, era iniziata con il colpo di pedale giusto, ma questa pausa ha fatto tornare tutti pressappoco ai piedi della scala... «È vero l'approccio con la nuova categoria era andato al di là delle aspettative, in particolare nella prima delle due gare in Spagna. Il livello era molto alto e io ero stato in grado di chiudere con i primi, a pochissimi secondi di distanza. Questa pausa forzata rimette però tutto in gioco, azzera i valori. Tra l'altro, in alcuni Paesi è assolutamente proibito uscire, per cui in quei casi la perdita di condizione fisica è ovviamente maggiore. Per fortuna in Svizzera non siamo ancora a quel punto, ma è comunque vero che tutti i valori verranno rimescolati».

Ferma l'attività agonistica della mountain bike, Filippo Colombo si è visto chiudere anche il corsi universitari all'Usi... «Tutto sommato non ci perdo molto. Anzi, la chiusura in un certo senso mi favorisce. Siccome tutti si trovano nella mia stessa condizione, l'università sta fornendo molto più materiale per lo studio da casa, ad esempio organizzando lezioni in streaming. Per uno come me che per ragioni di forza maggiore frequenta poco le lezioni, il fatto di poter contare su un'accresciuta disponibilità di materiale per lo studio a casa è tutto fuorché negativo».

Si è fermata la mountain bike, ma a far scalpore sono stati soprattutto gli annullamenti di molte prove su strada, dal Giro d'Italia al Tour de Romandie, ai "monumenti" primaverili (Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi)... «È molto triste, ma il ciclismo a porte chiuse non si può praticare e alternative non ve ne erano. La Parigi - Nizza ha provato a sbarrare l'accesso alle zone di partenza e arrivo, ma anche per gli atleti si tratta di una situazione poco piacevole. Il ciclismo rimane uno dei pochissimi sport di massa nei quali il contatto tra atleta e tifoso non solo è accettato, ma addirittura favorito. Gareggiare senza la vicinanza del pubblico è lontano dallo spirito del ciclismo stesso. Adesso, però, la precedenza va data alla salute di tutti, è triste ma necessario».