Stasera a Friborgo Marzio Franscella incrocia i guantoni col serbo Geard Ajetovic: 'Un incontro e un avversario voluti da Farace'
L’ho conosciuto anch’io, Alfredo. In fondo, è anche merito suo, se mi sono avvicinato alla nobile arte. Merito della sua capacità di parlare di pugilato a un profano quale in fondo sono ancora, con il cuore in mano e quella dose di sentimento che incuriosisce e affascina, con la cognizione di causa di chi ne sa e ha la capacità di intrigare chi ne sa molto meno. Dote rara, comunque la si voglia vedere.
Non era una conoscenza diretta, quella con ‘il maestro’, ma tanto è bastato a farmene apprezzare competenza e approccio alla materia. Schietto e competente, diretto e rispettoso.
C’è tanto Alfredo, nell’incontro che Marzio Franscella sosterrà questa sera al Forum di Friborgo, teatro prestigioso del decimo incontro da professionista del 30enne pugile ticinese del Boxe Club Ascona (ancora imbattuto), la grande famiglia nella quale c’è un vuoto. Un vuoto, quello lasciato da Alfredo Farace, sconfitto dalla malattia che, prima di portarselo via, lo aveva a lungo solo fiaccato, costringendolo alle corde, senza però riuscire a metterlo al tappeto.
C’è tanto Alfredo, a Friborgo, perché Marzio è l’allievo prediletto, l’altra metà di un binomio che solo il destino poteva scindere, ma che per una sera verrà però ricostituito, almeno idealmente, per un commiato sul ring, il proscenio più adatto. Per un addio che non potrebbe essere più simbolico di così, combattendo contro un avversario scelto da Alfredo, in una riunione scelta da Alfredo. In un match al quale ha comunque avuto il tempo di dare la sua impronta. «È vero, è come se ci fosse», conferma Marzio Franscella, costretto dalle mie domande a rivivere, ad alcune settimane di distanza, il dolore per la perdita di un amico, oltre che dell’allenatore di fiducia. Ma è un passaggio obbligato, questo. Il suo decimo incontro ‘pro’ si snoda su due livelli, quello meramente tecnico, che non è possibile scindere da quello emozionale e dei sentimenti. «Questo incontro e questo avversario (il serbo Geard Ajetovic, 33-21-1) – prosegue Marzio – li ha voluti lui. Li ha individuati nel solco della filosofia cara a lui e al mio team, che fa da filo conduttore al mio percorso da professionista: affronto solo avversari degni, contro i quali i rischi di essere sconfitto ci sono. Ci sono sempre, ma questa volta sono anche maggiori».
Ai rischi della sconfitta fanno da contraltare i bonus della vittoria. È sport, è competizione, ci sono leggi da rispettare. «Sono consapevole del valore dell’opportunità che questo incontro mi offre a livello sportivo. In caso di vittoria, la ricompensa sarebbe l’entrata tra i primi 150 al mondo, un traguardo piuttosto interessante».
I primi 150, un altro degli obiettivi fissati da Alfredo, per il suo pupillo. «Era quello che voleva lui per me, sì. Il ranking preciso che potrei avere in caso di vittoria non lo posso stabilire, ma la posizione sarebbe più o mena quella che Alfredo avrebbe voluto che raggiungessi, visto che si prospetta un balzo in avanti di un centinaio di posizioni. Pensava anche di salire un po’ più in alto, ma il mio futuro è un discorso che affronterò solo più avanti. Mi sono imposto di concentrarmi su una cosa sola, poi avrò a disposizione le festività per riposare e fare tutti i ragionamenti del caso. Alla fine di questo incontro dovrò mettere un bel punto, e voltare pagina. Foglio bianco. C’è un allenatore da trovare, una stagione da programmare... Una riflessione l’ho fatta, due principi ai quali aggrapparmi anche in futuro li ho già buttati là, nella mia testa. Sai, nei momenti di inattività io ho questo limite, inizio a pensare (ride, ndr). Ma adesso è il momento di focalizzare attenzione ed energie al match di stasera».
D’accordo, c’è il combattimento. Ma... lunedì? «Lunedì gnocchi, garantito. Con la mamma, glielo devo. È sugli gnocchi che costruisco il mio prossimo programma alimentare», scherza.
La preparazione è stata lunga e, confessa Marzio, sfiancante. «Per l’incontro mi sono allenato, bene, tanto, sette o otto sedute alla settimana. Ho fatto sacrifici, due volte alla settimana su e giù da Milano. I tempi della preparazione si sono dilatati. Il lavoro specifico in vista del match ha preso avvio a inizio ottobre. Inizialmente era stato concordato un incontro sulle dodici riprese, con un avversario diverso. I piani originali, però, sono saltati. C’è poi stato un momento di stand-by, in attesa del nuovo rivale, che ho comunque trascorso allenandomi. Sono contento della preparazione, ho avuto ancora la possibilità di ‘godermi’ Alfredo, con il quale ho continuato a lavorare a Milano, nella sua palestra. Dopo la sua morte ho gestito l’attività con mio padre, chiedendo una mano ai ragazzi di Milano, agli amici di Ascona. Ho trascorso cinque giorni ad Arezzo, da Orlando Fiordigiglio. Con lui sono andato a Firenze a fare guanti, con Dragan Lepei, campione italiano, per sei riprese molto toste. Con Orlando, che vive per il pugilato, abbiamo portato avanti un lavoro specifico sul match e sulle caratteristiche dell’avversario. Si è documentato, tutti gli allenamenti che mi ha proposto erano mirati».
«Ho trascorso giorni proficui e sereni, tra amici, in un ambiente che ormai conosco. Giorni in cui ho anche potuto staccare. Mi ha fatto bene, perché confesso di essere un po’ saturo, a livello di testa. Soffro un po’ la lunghezza di questa preparazione, e tutto il carico emozionale generato dalla scomparsa di Alfredo, che tira in ballo sentimenti ed emozioni».
I sentimenti, già. Che a volte fanno a pugni con la forza e con la psiche. «Quando la salute di Alfredo ha ceduto ed è stato ricoverato in ospedale, ho continuato a lavorare seguendo comunque le sue indicazioni. Quello che ho imparato, è che la psiche umana è davvero fantastica da un alto, e str...a dall’altra: quando il tuo percorso non incrocia i sentimenti, resti lucido e razionale. Quando invece questi sono pesantemente chiamati in causa, il cervello ti porta a riconsiderare certe cose, da un’ottica completamente diversa. Per me, per mio padre, per tutti noi, per i ragazzi della palestra di Milano, per quelli del Boxe Club Ascona, la sua morte è stata un fulmine a ciel sereno, una gran notizia di m...a. A metà novembre, nonostante le indicazioni su come affrontare l’incontro le avessi ormai ricevute, mi sono ritrovato senza la spinta supplementare che Alfredo è sempre stato in grado di darmi. Un atleta non può essere polivalente né autodidatta. Ha bisogno del suo allenatore. Sono due ruoli definiti e molto diversi tra loro».
Sono anche due ruoli complementari. Se viene meno uno, l’altro ne risente, financo a pensare di lasciare perdere. «Quando mio padre ha bussato alla mia porta il mattino del 16 novembre per comunicarmi la notizia, mi ha subito detto che se avessi voluto avremmo potuto annullare il match. Confesso che per un attimo ci ho pensato, e sai perché? Perché avrei potuto riportare indietro Alfredo. Se avessi rinunciato, sarebbe tornato sulla terra, ma non per una visita di piacere, perché mi avrebbe preso a calci in c... In realtà, ho immediatamente detto che l’incontro lo avrei fatto. Alfredo ci credeva, lo aveva voluto lui. È il modo più giusto di dirgli addio».