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Lo sport? In qualche caso ormai non è che una farsa

Sempre più spesso le manifestazioni muscolari, considerate soltanto veicoli pubblicitari, finiscono per smarrire la loro stessa essenza

19 novembre 2024
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Che lo sport fosse diventato anche un’efficace macchina per fare soldi si sapeva ormai da un pezzo. Ma, almeno, per raggiungere questo scopo aveva fin qui sempre puntato sulla sua stessa essenza, e cioè l’eccellenza degli atleti. Si cercava, insomma, di fare il grano secondo il seguente principio: più sono bravi i campioni che riesco a ingaggiare, più svanziche mi entreranno in saccoccia.

Oggi però non è più così, le cose sono radicalmente mutate: non fa nulla se in campo ci saranno delle schiappe clamorose, l’importante è che siano straconosciute, di modo che la gente – cioè il pubblico pagante – si mobiliti per vederle all’opera. Di questo processo, come detto, avevamo già da tempo avuto sentore, ma negli ultimi giorni – grazie a un paio di eventi capaci di scatenare clamore a livello planetario – se n’è ricavata la conferma definitiva.

Il primo di questi sciagurati happening si è consumato in Argentina, dove il Deportivo Riestra – una squadra non troppo celebre ma comunque iscritta al massimo campionato di fútbol – ha pensato bene, in occasione del match contro il Velez Sarsfield leader della classifica, di schierare titolare non un calciatore (come si dovrebbe presumere), bensì uno streamer, un influencer, cioè qualcuno che di mestiere fa tutt’altro che dedicarsi al gioco del pallone.

Il personaggio di cui parliamo, il ventiquattrenne Ivan Buhajeruk – Spreen il suo nom de plume – vanta oltre 16 milioni di follower, molti dei quali pendono dalle sue labbra, e tanto è bastato per titillare l’immaginazione di Victor Stinfale, presidente e sponsor principale del sodalizio, che di lavoro produce bevande energetiche e che ha individuato nel ragazzo il miglior mezzo per veicolare il proprio marchio.

E così, come detto, Spreen è sceso in campo – benché col calcio non c’entri una beata mazza – in una partita importantissima. La sua avventura è durata poco, soltanto il primo minuto di gioco, giusto il tempo per consentire a fotografi e cameramen di immortalare il divo recante sul petto il brand in questione. L’allenatore lo ha dunque ben presto richiamato in panchina, inserendo al suo posto il centravanti titolare, ma sprecando in questo modo una preziosissima sostituzione a sua disposizione: una mossa che, inutile spiegarlo, è contraria a ogni logica. Ma, evidentemente, è stato ritenuto che ne valesse la pena, poco importa l’indignazione generale che l’estemporanea operazione ha suscitato. ‘Una totale mancanza di rispetto per il calcio e i calciatori’, ha giustamente commentato la Brujita Veron, ex centrocampista di qualità eccelsa e ora presidente dell’Estudiantes.

Nulla che possa ad ogni modo far vergognare gli artefici di questa mascherata. Interrogato sul modo in cui ha accolto l’ordine giunto dall’alto di schierare un dilettante, Cristian Fabbiani, tecnico del Deportivo Riestra, ha così risposto: «Starò dalla parte del presidente fino alla morte, è lui che dà da mangiare ai miei figli e che mi ha offerto l’occasione di allenare in Serie A». Insomma, tiene famiglia, non state a rompergli troppo le balle.

L’altra recentissima kermesse dai toni carnascialeschi – ma estremamente redditizia per tutte le parti implicate – è ovviamente il match di boxe andato in scena in Texas nella notte fra venerdì e sabato, che col vero pugilato aveva ben poco a che fare. A incrociare i guantoni, il 58enne Mike Tyson – ex re dei pesi massimi – e Jake Paul, trent’anni più giovane, pure lui proveniente dal mondo dei social media e solo di recente convertito alla noble art.

A rendere patetico l’evento, al di là delle regole appositamente stravolte e dell’imbarazzante differenza d’età fra i contendenti, c’era pure il fatto che Paul – oltre a salire sul ring – stava pure al botteghino: era infatti fra gli organizzatori della farsa. Un autentico oltraggio al mondo del pugilato, o a ciò che ne rimane, ma un innegabile capolavoro di marketing: in centomila si sono recati infatti ad assistervi dal vivo, pagando prezzi più che immorali, mentre si stima che siano state addirittura fra 25 e 50 milioni le persone che hanno seguito la pagliacciata dal divano di casa, per la gioia delle piattaforme televisive, divenute ormai più avide delle pompe idrovore.

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