Inizio di campionato sotto le righe per i rivieraschi campioni svizzeri in carica, attesi sabato nel palazzetto del Ce Noia, già campione di Spagna e d’Europa
«Posso dire tranquillamente che abbiamo iniziato male – commenta Ivan ‘Piwi’ Ruggiero, capitano di lungo corso –. Aver vinto solo contro la neopromossa non può certo accontentarci». Cosa non ha funzionato, all’interno di un gruppo che a inizio giugno ha vinto per la prima volta il titolo nazionale e che è rimasto molto competitivo, sul piano tecnico? «Forse, e parlo a livello di squadra, è subentrato un po’ di appagamento, ci siamo sentiti ‘arrivati’. Manca un po’ di quella consapevolezza di forza che nelle ultime due stagioni ci portava a essere sicuri di poter anche ribaltare un risultato negativo. Quest’anno fatichiamo ad andare a bersaglio, un limite che paghiamo a caro prezzo. I punteggi sono sempre stati piuttosto stretti, ma un calo di rendimento è sempre dietro l’angolo. Non giochiamo tutti i 50 minuti come dovremmo fare».
In gruppo, però, queste cose ve le siete ripetute, vero? «Certo. Prima dell’incontro con il Montreux l’allenatore ce lo ha ribadito, rendendoci attenti a queste difficoltà. Confidavamo in una scossa, ma la reazione non c’è stata». L’obiettivo è bissare il titolo. «Siccome riconfermarsi ai vertici è molto complicato, strizziamo l’occhio anche alla Coppa Svizzera, ma non possiamo negare che competere nuovamente per la vittoria in campionato sia il nostro obiettivo. Siamo forti abbastanza per poterci riprovare. La doppietta è difficile, tutte le principali avversarie – il Diessbach, il Ginevra, e anche il Montreux – si sono rinforzate con giocatori stranieri di livello, spagnoli e portoghesi, ma i playoff sono ancora molto lontani, tutto è ancora possibile».
Prima di riprendere la marcia in Lna, c’è la parentesi affascinante della Coppa Europa, da affrontare con il piglio giusto, lontani dalle pressioni derivanti dal campionato. «Infatti puntiamo tanto sulla trasferta di Coppa Europa, proprio perché è una sfida che possiamo disputare a mente sgombra. Le possibilità di spuntarla sono poche, contro dei professionisti che militano nel campionato migliore d’Europa. Giocando con la testa libera, chissà che ci riesca una prestazione di livello, da “portare” a casa per riproporci ai nostri livelli anche in campionato, i livelli della scorsa stagione».
Il salto in Europa è notevole: si passa dalla realtà ‘dopolavoristica’ nazionale (con il massimo rispetto verso la disciplina), a quella professionistica del massimo campionato spagnolo, in casa di una delle squadre più forti del continente. «È una ricompensa per i risultati ottenuti, ma anche un banco di prova per una squadra molto giovane, ad eccezione del sottoscritto e del giocatore-allenatore Alberto Orlandi. Anche se ormai sono un veterano, per me è la prima volta, a questi livelli. Sono emozionato, non vedo l’ora di confrontarmi con un avversario così forte, per capire in quali settori dobbiamo anche migliorare. È un premio, ma anche una bella opportunità per capire a che livello siamo, e quali margini abbiamo. È fondamentale che i nostri giovani che sono arrivati in prima squadra e già hanno vinto un campionato, possano toccare con mano che il roller non finisce a Biasca, o a Diessbach. Per loro sarebbe bellissimo riuscire a esprimere tutto il loro valore anche fuori dai confini nazionali in cui sono abituati a giostrare».
34 anni, capitano di lunga data, Ivan Ruggiero indossa la fascia dal 2005. «All’inizio ero piuttosto giovane, per questa carica. Il capitano di allora, Lori Losa designò comunque me quale suo successore, lui che a sua volta subentrò a suo fratello Fabio. Ero giovane, ma vedeva in me le qualità giuste per ricoprire questo ruolo. Ne hanno scelto uno che potesse durare nel tempo». La mossa ha funzionato, la fascia è ancora al braccio di “Piwi”. «Ne è valsa la pena, anche perché sono stato il primo a sollevare al cielo un trofeo».
Il Biasca è un’entità particolare, sui generis: l’unica in Ticino, in ambito roller. Una delle poche in Svizzera. Da anni è competitiva, e non smette di esserlo. È un progetto che ha anche una pregevole continuità. Al di là della retorica dello sport, questa è davvero una grande famiglia. «Non so bene come sia possibile che riusciamo ogni anno ad andare avanti, ma ce la facciamo, e ne sono felice. Siamo tutti amici, ci frequentiamo sia in campo, sia fuori, la sera. Grande famiglia è un concetto che ben spiega la nostra realtà, che comprende anche i tifosi che ci seguono. Si sono avvicinati alla squadra nel 2008, in occasione della nostra prima partecipazione alla Coppa Europa, e non hanno mai smesso di seguirci. Al ‘Pini’, il nostro ritrovo, capita sempre di trovare qualcuno, tra tifosi, giocatori e membri di comitato».
C’è una forte identificazione, di carattere comunale, o regionale. «Chi vuole, avvicinarsi al roller, lo deve fare a Biasca. «Chi ci segue, porta in pista un conoscente, un bimbo, che a sua volta coinvolge un compagno di scuola... Il nostro movimento si alimenta così, frequentandolo, dopo esserne stati affascinati. Nella scorsa stagione, persone che non avevano mai visto una partita, dopo averci seguiti una volta, anche per caso, hanno continuato a farlo, colpite dall’ambiente. Quando possono, si ripresentano al Palaroller o agli eventi che organizziamo». Il rumoroso e festante seguito rappresenta un “unicum” a livello svizzero, per il calore che trasmette. «Siamo l’unica squadra che può vantare un tifo così acceso. Altre società dispongono magari di strutture più accoglienti rispetto al nostro Palaroller, che avrebbe bisogno di qualche intervento, ma non c’è nessuno che va ad assistere alle partite, o a fare il tifo di cui noi, invece, beneficiamo, in casa come in trasferta. La nostra ‘curva’ ce la invidiano tutti, la reputano spettacolare. I nostri tifosi si fanno sentire, eccome». L’età media della squadra è bassa, i giovani non mancano, ma dare continuità al progetto sportivo non è scontato. «Siamo dieci, ma due ragazzi studiano oltre Gottardo, e in settimana si allenano con una compagine di Lnb. Giovani ce ne sono, ma c’è un buco generazionale. Grazie all’arrivo di Orlandi è ripartita la scuola pattinaggio, ed è stato ricostituito un gruppo U13. È stato fatto un ottimo lavoro, per il quale, però, si deve ragionare a medio termine. A corto termine, invece, bisogna fare fronte al “buco” venutosi a creare».
Ne consegue che, da buon capitano, ‘Piwi’ deve restare attivo ancora per qualche stagione. «Me lo dicono tutti – ride – ed è un bel problema. Tra poco, due o tre anni, festeggio i 30 anni da giocatore. A quella scadenza arrivo, sempre che il fisico regga. La prossima sarebbero i vent’anni da capitano, ma solo nel 2025...».
Alberto Orlandi, 46 anni, un palmarès da prima firma della disciplina, è stato l’artefice del salto di qualità del Roller Biasca nelle ultime due stagioni. La sua impronta è marcata. «Quando si fece il suo nome – ricorda capitan Ruggiero – il primo pensiero fu “wow, arriva il Messi del roller”. Ho però potuto conoscere ed apprezzare una persona di cuore, alla mano, umile. È il nostro mentore. Sin dal primo giorno del suo insediamento, ci ha messo a nostro agio. Ha capito bene quale fosse il nostro spirito, si è calato benissimo nella nostra realtà. Non dimentichiamo che era stato professionista fino all’anno precedente al suo arrivo in Ticino. Si è presentato così: “Sono qui per mettermi in gioco come allenatore, e per me allenare voi è come allenare il Barcellona”. Non siamo dei fenomeni, ma è riuscito a tirare fuori il meglio da ciascun giocatore e i risultati si sono visti. Da squadra da quarto o quinto posto quale eravamo, con lui siamo diventati finalisti nel 2018, beffati dal Montreux a 4 secondi dalla sirena, e poi campioni svizzeri per la prima volta nella passata stagione. È riuscito a farci capire che in noi c’era del potenziale inespresso. Ci ha fatto fare quel “clic” di cui in questo momento della stagione avremmo ancora bisogno. Non a caso, sta cercando di ‘riaccenderci’». Orlandi si è calato bene nella realtà in cui si è proiettato, ma voi giocatori avete per forza dato il vostro contributo. «Abbiamo fatto tutti qualcosa in più, ci siamo messi a sua disposizione. Siamo passati da due a tre allenamenti a settimana, allenamenti seri».
Il Roller Biasca è anche questo, Orlando questa realtà l’ha fatta sua. «Fa parte della grande famiglia, e della nostra comunità, nonostante provenga da una realtà molto diversa. Al ‘Pini’ è di casa anche lui. Tanto che è diventato il ritrovo prepartita. Vi facciamo un salto per salutare i tifosi, prima di spostarci al Palaroller per il riscaldamento e la partita».