Il pugile ticinese, seguendo un programma impostato su due anni, il 1° giugno a Berna metterà in palio la sua cintura
Guido Carrera, membro di Swiss Boxing e, nello specifico, della commissione professionisti, lo sostiene in veste di consulente, anche perché – come lo stesso dirigente sostiene – «Ricardo Silva è manager di sé stesso, noi gli diamo una mano». Al 30enne pugile professionista ticinese ormai inattivo dallo scorso 14 aprile, una mano gliela continua a dare anche Giovanni Laus, allenatore di lungo corso attivo in seno al Boxe Club Riazzino, uno che sul movimento pugilistico ticinese potrebbe tranquillamente scrivere in paio di enciclopedie, tanti ne ha cresciuti e lanciati, tante ne ha viste.
Ebbene sì, Richi sta tornando. Si sta preparando come piace a lui, seriamente («a me piace fare le cose per bene») e con un obiettivo preciso nel mirino, una cintura, un riconoscimento internazionale, lo sfizio che vorrebbe togliersi prima che sia troppo tardi. Prima che l’anagrafe gli giochi contro lasciandolo con qualche rimpianto di troppo, per non averci provato fino in fondo. «Richi – analizza ancora Carrera – è, per così dire, al quarto round del suo percorso pugilistico: l’inizio, lo stop e la ripresa come dilettante, il passaggio al professionismo e ora l’imminente rientro dopo un leggero rallentamento dell’attività e un anno senza match».
«Nell’anno passato senza combattimenti – spiega Ricardo Silva – ho maturato la percezione di non aver ancora dato tutto. Volevo evitare di fare trascorrere anni prima di accorgermi di avere ancora qualcosa da offrire, e magari scoprire che è tardi per provare ancora a fare sul serio. Quando deciderò di smettere, sarà a titolo definitivo. Ecco perché mi rimetto in gioco, a 30 anni: la voglia c’è, la squadra anche, il ferro è ancora caldo, un anno di inattività è niente. Non volevo rischiare di finire un po’ ai margini e di perdere motivazioni e contatti. Ho un figlio piccolo, il lavoro è aumentato molto in questi anni... Probabilmente non è il momento più indicato, ma ho ancora le energie per provarci, con l’approvazione della famiglia, alla quale ho chiesto di avere tanta pazienza. Potrei anche aspettare che sul piano personale e del lavoro le cose si stabilizzino un po’, ma poi rischia davvero di essere tardi. Il tempo non lavora certo per me, come atleta. Due anni sono uno sprint, e mi sento di poterlo fare. Ritengo di avere ancora le qualità per un titolo internazionale valido, dignitoso, che porti onore alla boxe svizzera e ticinese».
Richi ha combattuto sabato scorso a Würenlingen, battendo Karlo Tabaghua (18 vittorie, 13 sconfitte), e prenderà parte alla prestigiosa notte di sabato 1° giugno a Berna, città il cui ‘Stadttheater’ lascerà per una volta fuori pièce e opera per ospitare per la prima volta un evento pugilistico di assoluto prestigio, nobilitato dalla presenza del beniamino di casa Alain Chervet. Il bernese sarà l’attrazione principale di una riunione nella quale Silva affronterà una sua vecchia conoscenza, Andranik Hakobyan. «La mia preparazione è basata su due anni, la prima tappa è l’appuntamento di Berna. Quello di sabato è stato un match di preparazione sulle sei riprese, utile per capire a che punto siamo in vista dell’incontro del 1° giugno nel quale metto in palio il titolo svizzero dei pesi welter. A Würenlingen ho affrontato un avversario degno. Nulla di spettacolare, ma pur sempre un antagonista che mi ha permesso di fare un buon test dopo un anno di inattività. A Berna difenderò il titolo svizzero conquistato tre anni fa ad Ascona (Kassongo battuto per ko, ndr). Kobian e io ci conosciamo da molti anni. Abbiamo combattuto assieme nei dilettanti, sempre per il Campionato svizzero. La prima volta l’ho battuto e ho vinto il titolo. L’ultima volta che l’ho affrontato, fu nell’anno che ha segnato la fine della mia esperienza da dilettante. Anche allora si lottava per il titolo svizzero, ma durante l’incontro avevo mollato. Ero demotivato, non ero più attivo mentalmente. Siccome ci siamo confrontati due volte da dilettanti, quella del primo giugno può essere considerata una ‘bella’, tra noi. Nel frattempo siamo entrambi passati ai professionisti. In palio c’è ancora una volta la conquista del titolo svizzero. La chiuderemo lì, tra noi: la cintura sarà sua o sarà mia, e basta. L’incontro dello ‘Stadttheater’ sarà a sua volta solo una tappa, dopo la quale riprogrammare incontri e avversari per i mesi a venire (il 26 ottobre Richi combatterà a Buchs, ndr). Faremo le considerazioni del caso in base ai match sostenuti, per capire come proseguire nel programma biennale che dovrebbe sfociare, come annunciato, in un match con in palio una cintura».
Giovanni Laus è certo delle qualità del suo pupillo. «Gli incontri titolati che Ricardo ha sostenuto in Francia – a Tolone contro José Gomez per l’Ibf internazionale un anno fa, a Montpellier nel novembre 2016 contro Mohamed Kani per il Wbc mediterraneo – sono la prova che ha le carte in regola per ambire a un riconoscimento internazionale. Abbiamo lavorato sulla tecnica e sull’aumento della potenza. Richi non aveva un gran pugno, in passato, ma ora il cazzotto ce l’ha. È un attendista, non un picchiatore. Se però riesce a portare due o tre colpi assieme, può vincere anche per ko».
Fare sparring è un’operazione necessaria? Ecco il punto di vista di Silva. «È determinante. È come preparare una partita di calcio con i giocatori che si allenano soltanto a ‘fare i conetti’, individualmente, senza un concetto di squadra. Si allenano fisicamente, tecnicamente, ma a titolo individuale, senza il riscontro di gruppo. Non esiste. Se affronti una partita senza aver fatto tattica, senza lavorare su situazioni precise, non hai possibilità. Vanno studiate, preparate. Fare sparring serve a quello. Aiuta a scovare sul momento strategie e tecniche che solo lo svolgimenti dei match possono generare. Al sacco fai forza, condizione, anche tecnica, ma non riesci a fare tutto. Anche la condizione atletica la moduli sulle esigenze del pugilato facendo sparring. È un elemento imprescindibile nella preparazione di un pugile professionista. Purtroppo le figure adatte sono difficili da trovare. Bisogna investire molto tempo per andare da loro, o molto denaro per farle venire da te. Chi la boxe la pratica per hobby, non ha vita facile, in tal senso. Non viviamo certo in un luogo ad alta densità di pugili. E per andare anche solo a Milano bisogna investire molte ore. Tuttavia, ci si può organizzare, fissando degli incontri con colleghi svizzeri o italiani, come successo a me nelle scorse settimane».
«Per uno come me – spiega Silva – che deve programmare ogni minimo dettaglio, e sacrificare parte della vacanze per la preparazione ai match conciliando gli impegni sportivi con quelli professionali, c’è bisogno della massima affidabilità da parte dei promoter che mi propongono degli incontri. È Richi stesso, quindi, a introdurci Leander Stupler, manager titolare di un’agenzia di marketing (cura gli interessi del bomber dell’Yb Guillaume Hoarau), al quale il pugile ticinese si è affidato per la programmazione dei suoi prossimi incontri. «Da tre anni – spiega l’imprenditore bernese – organizzo eventi di boxe. Sono l’unico a farlo slegato dall’uno o all’altro club. Conosco molte persone vicine al mondo della boxe. In Svizzera mancava la figura di un promoter classico. Le palestre si arrangiano per organizzare delle piccole riunioni, ma veri e propri eventi, con il coinvolgimento del grande pubblico e degli sponsor, non ne venivano proposti. È una lacuna che ho deciso di colmare. Sono a quota sette eventi. Da tre anni mi occupo del ‘Boxing Day’ (il 26 dicembre al Casinò di Berna), il più grande evento pugilistico in Svizzera, che fa il tutto esaurito e beneficia della diretta televisiva di Teleclub. Ho un contratto di sei eventi per due anni. Senza grandi mezzi, ma con la copertura televisiva, senza la quale non mi muoverei».
Come è arrivato a Silva? «Setaccio tutta la Svizzera, alla ricerca di pugili attrattivi. Attrattivi non solo sul ring, ma anche per quello che esprimono al di fuori, sul piano personale. Ricardo ha un profilo interessante sia sul piano tecnico sia umano, ma non può contare su un management all’altezza. Dal lato sportivo è molto ben seguito, ma la sua carriera non segue un concetto preciso. Tuttavia ha la giusta consapevolezza di quello che intende raggiungere, senza grilli per la testa. Ci sono pugili che parlano subito di campionati del mondo e di grossi traguardi da tagliare in pochi mesi. Con loro la collaborazione diventa complicata. Silva, per contro, è realista. Lo apprezzo molto».
Lo ‘Stadttheater’ di Berna per la prima volta ospiterà un evento di pugilato. «Cerco sempre delle sedi affascinanti che possano ospitare le mie manifestazioni, per stimolare la curiosità di qualche appassionato in più. Molti apprezzano la boxe, ma è complicato convincerli ad andare a vedere i match. Propongo loro sport di alto livello in una cornice di sicuro fascino». Quali sono i margini di sviluppo della boxe in Svizzera? «È una disciplina di nicchia, e tale resterà, ma un certo potenziale ce l’ha, anche se so che non riempiremo mai uno stadio di calcio».