Per ottenerla, il giornalista Martin Bashir le avrebbe mostrato falsi documenti su fantomatici controlli e iniziative spionistiche attribuite alla famiglia reale
La storica intervista concessa nel 1995 alla BBC dalla principessa Diana, nella quale Lady D fece clamorose rivelazioni sulla sua crisi matrimoniale con l'erede al trono Carlo, fu frutto di “un inganno” ordito ai suoi danni dal giornalista Martin Bashir. Lo ha stabilito un'inchiesta condotta da lord Dyson, stando alle anticipazioni del rapporto finale. Il raggiro fu realizzato attraverso falsi documenti – mostrati alla stessa Diana e a suo fratello, per alimentarne il risentimento – su fantomatici controlli e iniziative spionistiche attribuite alla famiglia reale nei suoi confronti.
Nel rapporto – al cui giudizio la Bbc, nei suoi vertici attuali e in quelli di allora, ha già fatto sapere di rimettersi completamente – l'emittente pubblica britannica e Bashir (dimessosi di recente dall'azienda dopo un lungo periodo di assenza a causa di una grave malattia) vengono accusati di aver “mancato al dovere di rispettare gli elevati standard d'integrità e competenza” richiesti loro. E si dispone l'obbligo di scuse formali, assieme a quello di riparare per quanto possibile al misfatto.
Al conte Charles Spencer, fratello di Diana e intermediario dell'intervista, furono tra l'altro mostrati documenti bancari “fabbricati” ad arte e destinati a far credere che la corte avesse finanziato le presunte attività spionistiche a danno della consorte infelice dell'erede al trono.
Bashir ha immediatamente reagito con un comunicato in cui esprime rammarico e si cosparge il capo di cenere. Mentre il conte Spencer – che da tempo invocava trasparenza sull'accaduto al pari di William e Harry, i figli di Carlo e Diana – ha anticipato l'uscita del rapporto Dyson pubblicando su Twitter una foto familiare giovanile con la sorella in bianco e nero, corredata da una breve chiosa - “Certi legami vanno molto indietro del tempo” - come a voler rendere omaggio sia a Lady D sia a quest'atto di giustizia, pur tardivo, rispetto alla strumentalizzazione mediatica della sua vicenda.