Chissà quale storia avremmo scritto oggi, se don Vitalini fosse stato consacrato vescovo
La figura di don Vitalini, scomparso in questi giorni a causa del coronavirus, permette di fare tante riflessioni, non solo di carattere teologico. Certo, la teologia era la sua passione in quanto sacerdote, studioso e docente alla facoltà di teologia di Friborgo, alla quale ha dedicato tanti anni della sua vita. Anni nei quali è stato anche rettore del seminario teologico, sempre a Friborgo, il Salesianum, dove hanno soggiornato e studiato tanti preti che la nostra diocesi inviava per una formazione superiore oltre Gottardo.
Senza entrare troppo nei dettagli, visto che non ne abbiamo le competenze, incontrandolo o seguendolo nelle sue tante apparizioni all'allora Tsi, nella rubrica del sabato ‘il Vangelo di domani’, ci colpiva la sua voglia di comunicare che Dio è amore. Egli - per citare un bel titolo scelto dal collega Carlo Silini che lo ha conosciuto molto bene – è effettivamente stato ‘il teologo della gioia’. Un innamorato del Concilio Vaticano Secondo, che non ha trovato la sua completa concretizzazione, perché - lo si sa - dopo l'entusiasmo per alcuni coraggiosi cambiamenti e aperture, a Roma le forze conservatrici hanno ripreso in mano il freno. Così il teologo Vitalini per un paio di volte arrivò vicinissimo all’episcopato, senza però divenire vescovo. In una di quelle occasioni a lui venne preferito un altro docente, molto intelligente e capace, suo collega alla facoltà di Friborgo, don Eugenio Corecco, incarnazione in quegli anni - gli anni in cui ai vertici della chiesa cattolica c'era il papa polacco Karol Wojtyla che aveva conosciuto per le sue profonde conoscenze in diritto canonico - di una visione teologica diversa da quella di Vitalini. E il corso, o se preferite la vita di don Vitalini, subì una svolta.
Monsignor Corecco, ancora prima della creazione da parte dei comuni di Lugano e Mendrisio dell’Università sul Ceresio e dell'Accademia di Botta, fondò la sua facoltà di teologia a Lugano. Segno evidente che quell’ex docente di diritto canonico, divenuto vescovo, non considerava la facoltà di Friborgo abbastanza in linea con la chiesa ufficiale e che ne andava fondata una nuova? Stessa sorte toccò al Seminario di Friborgo, la cui responsabilità passò da don Vitalini ad altri. Un confino, quello di Vitalini, che durò parecchi anni fino a quando, dopo la prematura scomparsa di mons. Corecco, venne consacrato don Grampa. Mons. Grampa lo volle allora accanto come pro-vicario generale.
Ma, parallelamente a questa storia recente della nostra chiesa locale, se ne intrecciò un’altra di natura più terrena e politica: la spaccatura in seno al Ppd si esacerbò proprio in quegli anni, a tal punto che alcuni importanti esponenti cattolici passarono armi a bagagli dal partito democristiano alla nuova e scoppiettante Lega dei ticinesi. Uno per tutti il municipale e deputato in Gran Consiglio, Giorgio Salvadè, inaugurando una nuova (santa) alleanza fra una parte conservatrice del mondo cattolico - che aveva spesso nei membri di Comunione e Liberazione più vicini a Corecco cinghie di trasmissione anche politiche – e esponenti della Lega, il Nano il primis. Furono tanti i cambiamenti in diocesi e fra questi fece parecchio discutere l'uscita di scena, in malo modo, dell’allora direttore dell’allora Giornale del Popolo Silvano Toppi (al quale successe Filippo Lombardi).
Chissà quale storia avremmo scritto oggi, se don Vitalini fosse stato consacrato vescovo.