laR+ IL COMMENTO

Il potere delle banche, il salario di Ermotti

Spesso si ha l'impressione che certi attori si comportino come se fossero degli Stati nello Stato, favoriti dai lobbisti travestiti da parlamentari

In sintesi:
  • All'indomani del terremoto Credit Suisse molte voci proclamarono un convinto ‘mai più’
  • Ora gira voce di un possibile trasferimento di Ubs negli Stati Uniti
L’intoccabile da 15 milioni all’anno
(Keystone)
18 marzo 2025
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Talvolta si ha l’impressione che in questo Paese alcuni potentati, pensiamo in particolare alle casse malati e alle banche, si comportino come se fossero degli Stati nello Stato. E questo grazie – bisogna ricordarlo – al lavoro dei lobbisti, talora travestiti da parlamentari.

Lasciando però per il momento da parte la questione casse malati, in attesa del prossimo aumento dei premi, veniamo a quelle quattro banche che essendo state definite sistemiche non possono fallire, ma devono al contempo essere salvate dallo Stato. In 15 anni ci siamo già passati due volte. Nel 2008 con Ubs, nel 2023 con Credit Suisse, il cui crack venne scongiurato dalla prima, che lo pagò quattro soldi, grazie al via libera di Bns, Finma e Consiglio federale.

All’indomani di quel terremoto, i cui effetti devastanti per l’intero sistema finanziario mondiale vennero scongiurati la sera di domenica 19 marzo, più di una voce si alzò nella politica, proclamando un convinto “mai più”. Per capire come sia potuto succedere che una delle più antiche banche svizzere si sia trovata sull’orlo del fallimento, lo scorso anno ha cercato di capirlo una Commissione parlamentare d’inchiesta, dando in sostanza tutta la colpa alla cattiva gestione dell’istituto, i cui dirigenti si sono messi a giocare con il delicatissimo mercato degli hedge fund, perdendo miliardi. Il che non ha impedito loro di versarsi lucrosi bonus, anche quando Credit Suisse era considerato un morto che camminava. È pur vero che a guidare la banca sono stati i vari Dougan, Thiam e Körner, ma è altrettanto vero che la Finma, che dovrebbe fungere da gendarme dei mercati, è stata a guardare la nave che correva verso l’iceberg, svegliandosi troppo tardi. Per non parlare dell’ex responsabile delle finanze federali, Ueli Maurer, che dal rapporto della Commissione parlamentare se ne esce con un buffetto, mentre in realtà essendo nel 2023 sul piede di partenza, ha sostanzialmente fatto finta di niente, arrivando a definire (si badi: solo verbalmente) “stabile” la situazione della banca, passando le consegne alla sua subentrante in governo, Karin Keller-Sutter. La quale ha approvato una delle misure proposte dalla Cpi, per evitare che lo Stato debba correre nuovamente in soccorso di una banca sistemica. La misura riguarda l’aumento dei fondi propri, che per Ubs passerebbero da 17 a 25 miliardi di franchi. La banca ha tuttavia storto il naso di fronte a questa prospettiva, tanto che sono circolate voci circa un possibile trasferimento della sua sede in un altro Paese. Si parla, al riguardo, degli Stati Uniti.

Nel frattempo al Consiglio degli Stati un rappresentante Udc turgoviese, Jakob Stark, ha proposto e fatto accogliere una mozione che ha irritato alcuni colleghi del suo stesso partito. La mozione di Stark prevede che le retribuzioni dei top manager bancari non debbano eccedere i 5 milioni di franchi. Ieri, però, è arrivata quella che potremmo definire la replica di Ubs. La quale ci informa che il salario di Sergio Ermotti, nel 2024, è passato a 14,9 milioni di franchi, 400mila in più di quello del 2023. È pur vero che due anni fa Ermotti ha lavorato solo nove mesi per Ubs, ma siamo comunque a 10 milioni in più di quanto auspicato dai ‘senatori’. Se questo non è un potentato intoccabile, poco ci manca.