Il vescovo emerito ricorda la scomparsa di don Sandro e quella 'strada in parallelo, distanti ma vicini', fino alla chiamata quale suo secondo vicario nel 2003.
«Una strada in parallelo quella fra me e don Sandro, entrambi con sessant'anni di Messa, al servizio della Chiesa». Don Mino Grampa, vescovo emerito di Lugano, ricorda così don Vitalini, scomparso a 85 anni: «Due strade simili ma anche diverse, parallele ma non uguali. Già nella formazione che don Sandro concluse a Friborgo nel 1961 con il dottorato e io a Insbruck nel 1960 con la licenza. Diversi eppure amici, distanti, come si dice spesso di questi tempi, ma vicini. Don Sandro ha lavorato a Friborgo per trent'anni, io ad Ascona. Don Sandro per esempio amava il mare, la bicicletta, io non so nuotare, e non salgo su una due-ruote da tantissimi anni, forse lo sport come il calcio ci avvicinava, ma seppur diversi ci univa il vento del Concilio. Un'impostazione aperta, dinamica, di servizio, di ascolto, di comprensione dei segni del tempo. Amore alla Bibbia, alla 'nuovelle théologie', allo spirito ecumenico, all'ecumenismo da vivere prima che da teorizzare, far sedere a tavola assieme anche se i pensieri e il sentire erano distanti, un ecumenismo che porti a camminare verso l'unità, che fa in modo che si sia una cosa sola anche nella varietà dei cammini, preoccupati più del vivere che delle verità astratte. Comunque mai statico, sempre in crescita, in approfondimento, in novità di prospettive. Questo è il mio ricordo di don Sandro che sapeva farsi ben volere con quell'aria falsamente ingenua. Invece era un furbo ammiccante, aperto, senza malizia, ma scaltro, abile, vivace, tattico, schietto, candido, spontaneo. Così abbiamo camminato in parallelo, ma con due momenti di contatto importanti, all'inizio del nostro cammino e sul finire. All'inizio fummo assieme per qualche anno al Collegio Pio XII di Lucino a Breganzona. Lui era padre spirituale, curava le anime, la formazione delle coscienze di questi ragazzi, io insegnavo materie letterarie in quello che allora era il ginnasio».
Poi Ascona e Friborgo li dividono, ma diventato vescovo don Mino lo chiama come pro vicario generale. Il primo era don Ernesto Storelli: «Concreto, pastorale, organizzativo. Avevo quindi bisogno di uno che avesse più una formazione teorica, che avesse più attenzione all'umanità. Quanta gente poi chiedeva di venire dal vescovo per gli esorcismi e Vitalini ha saputo avere la pazienza di ascoltare e di ricevere, di indirizzare, di comprendere. Ecco uguali ma diversi, la sua presenza fu viva nella vita della Diocesi, anche nella stampa, nei mezzi di comunicazione, nelle organizzazioni della Chiesa. Alla sua cultura universitaria non mancò di unire anche l'impegno di una pubblicistica divulgativa».
Una lontananza dal Ticino per questa figura di alto profilo che non fu dunque... un peccato? «Ma sa... proprio a Friborgo c'era un altro ticinese che invece è poi diventato Vescovo (il riferimento è a monsignor Corecco, ndr). Credo che don Vitalini abbia dato molto al Ticino e alla Diocesi pur insegnando a Friborgo dove fu anche rettore del seminario. Dopo è chiaro che la Chiesa è come i tanti colori dell'arcobaleno, e le contingenze storiche finiscono per favorire l'uno piuttosto che l'altro, fanno prendere una strada piuttosto che un'altra, e qualcuno, diventato Vescovo, ha pensato che non fosse in quella linea che bisognava muoversi, e l'ha un momento messo da parte, ma lui si è sempre speso con generosità, con serenità, anche con humour, ed è stato presente, vivo e attivo nella vita della Diocesi».