IL COMMENTO

Tu chiamale se vuoi illazioni

Mogol che suggerisce a Giorgia lezioni di canto, ovvero il bel tacer che non fu mai scritto (nemmeno dai parolieri)

In sintesi:
  • Un dono, quello di saper cantare, che quasi diventa una colpa
  • Mogol si spenda per cause più nobili, come le macchine che stanno sostituendo un’intera categoria (la sua)
Giorgia Todrani, cantante
(Keystone)
25 febbraio 2025
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“Giorgia ha una voce fantastica, ma canta come si cantava trent’anni fa. Per carità, la voce è bellissima, ma la usa come si faceva in passato. Le offrirei volentieri un corso di canto da noi”.

“Noi” è il Centro europeo di Toscolano (Cet), la scuola di musica di Mogol, il padre di tutti i parolieri italiani. È lui che invita la madre di tutte le cantanti italiane, o almeno la più recente delle madri, a prendere lezioni di canto.

A Roma, dove Giorgia è nata, frasi come quelle di Mogol le chiamano “fregnacce”, ma a parte qualche reazione di pancia (Cristiano Malgioglio: “Io chiedo a Mogol quali siano i cantanti nella sua scuola migliori di Giorgia”) la musica italiana ha trattato con un certo rispetto colui che mise le parole in bocca a Lucio Battisti e tanti altri, forse perdonandolo per l’età avanzata. Anche la diretta interessata ha portato rispetto a Mogol, chiamata in causa domenica scorsa da Fabio Fazio nel di lui programma per un siparietto di complimenti allusivi del tipo “hai la stessa voce di trent’anni fa!”, in cui il nome del grande paroliere non si è mai fatto, ma al quale Giorgia ha indirettamente risposto parlando con gli occhi, e cantando un’altra versione ancora di ‘La cura per me’, la canzone del Sanremo 2025 che è tra le prime tre ascoltate in Italia secondo i dati Fimi. Il che potrebbe pure bastare per non dover prendere lezioni di canto da nessuno.

Senza scomodare le femministe

Da quando l’esordiente Giorgia Todrani in arte Giorgia apparve sul palco del Teatro Ariston nel febbraio del 1994, in molti hanno trovato da ridire sul suo modo di cantare, anticipando questa voglia irrefrenabile che da tempo spinge tutti noi a voler far parte di una giuria, che si tratti di concorsi canori, gastronomia, sfilate di bellezza o la fiera dalla vacca frisona. Va bene tutto, anche se l’argomento non ci compete, anzi meglio. Nel 1994, quando uscì l’album di ‘E poi’, qualcuno si accorse del talento di Giorgia anche da due precedenti cd registrati dal vivo e intitolati ‘Natural Woman (Live in Rome)’ e ‘One More Go Round’, usciti nel 1993 a testimoniare di una giovane cantante già adulta, fatta eccezione per una naturale (in quanto giovane) voglia di strafare, rientrata nel tempo.

Nel 1995, quando vinse il Festival con ‘Come saprei’, Giorgia fu definitivamente tacciata di essere ‘troppo Whitney Houston’ perché sì, in quelle esecuzioni c’era tutto l’amore per una cantante da lei amata alla follia, ma anche il talento di chi non ha mai fatto il verso a nessuno e nessuna. Un dono, quello di Giorgia, di cui si è sempre parlato come di un difetto, come se cantare bene fosse una colpa. Anche oggi, in epoca di doping vocale chiamato ‘Auto-tune’. Senza scomodare le femministe, nessuno però è mai andato da Fabrizio De André a dirgli che la sua voce era ‘troppo Brassens’ e da De Gregori a contestargli di essere ‘troppo Dylan’.

In tutta questa vicenda, la toppa di Mogol è stata peggiore del buco: “Non volevo offenderla, volevo solo aiutarla, e gratis”. E perché mai qualcuno dovrebbe aiutare la più bella voce d’Italia? Aiutarla a fare cosa? Un melisma con più gusto? I sovracuti che Mariah Carey non riesce più a fare? E comunque: qualcuno si è mai azzardato a consigliare lezioni di lingue a Mina, il cui inglese non è certo la sua cifra stilistica?

Quanto alla gratuità delle lezioni, solo dai due concerti alle Terme di Caracalla (sold out quattro mesi prima) la cantante romana dovrebbe poter disporre di qualche centinaia di euro per pagarsele. Si tratterebbe solo di capire chi dovrebbe dargliele, le lezioni, visto che Mina non insegna, Aretha Franklin è nell’Illinois dentro una bara e Whitney Houston riposa dal 2012 in un cimitero del New Jersey.

MogolGPT

Più che suggerire lezioni di canto, il vate Mogol potrebbe limitarsi a dire la sua sulla qualità di scrittura dei giovani parolieri che da lui derivano, visto che il suo mestiere è quello di scrivere testi, o magari impiegare il tempo a battersi per una professione in via di estinzione, la sua, ora che dando in pasto tutti i suoi testi all’Intelligenza artificiale (Ia) si può ottenere un Mogol artificiale col quale scrivere canzoni. E la cosa non vale solo per lui.

Detto che ‘Mogol 2.0’ fu il titolo di un workshop di qualche anno fa sull’Ia applicata alla scrittura di canzoni, e visto che il passo da Mogol a MogolGPT è un attimo, il già presidente della Siae, oggi consulente per la cultura popolare presso il Ministero italiano della Cultura, potrebbe mettere da parte gli esercizi di stile e le relative cadute per esternare piuttosto in favore della protezione delle opere dell’intelletto umano dalle macchine che si sostituiscono agli autori. Una voce in più, anche vecchia (quella di Mogol), non guasta mai. Quanto a Giorgia, non deve dimostrare niente a nessuno. Per tutto il resto, c’è il karaoke.


Wikipedia
Giulio Rapetti, in arte Mogol