Ci sono capolavori che andrebbero ascoltati una volta all'anno, come ‘La storia’, ma la pubblicità li ha trasformati in jingle
Buonasera dottore, sono qui per quel piccolo problema. Da anni non ascolto più alcune canzoni per paura che si rovinino. Deve sapere che le canzoni leggere, che poi così leggere non sono mai, contengono una cosa chiamata ritornello che è un po’ come la polverina sulle ali delle farfalle che se la tocchi non volano più. Le faccio un esempio: ho ascoltato fino alla nausea ‘Your Song’ di Elton John e adesso, quando lui dice “spero non ti dispiaccia se ho messo in rima quant’è bella la vita da che tu sei al mondo”, non sento più niente e me ne faccio una colpa. A me pare, ma qui il dottore è lei, una specie di usura acustica, o magari è una comunissima sindrome di Stendhal che peraltro rivorrei indietro. Fattostà che da anni, e sono felice che Ivano Fossati sia andato in pensione, non ascolto più ‘Il bacio sulla bocca’ perché ogni volta che arriva “Stancami e parlami / abbracciami / fruga dentro le mie tasche poi perdonami”, gli archi producono una scarica di dopamina triste (sempre che esista la dopamina triste, è che la progressione è triste) alla quale non vorrei un giorno dover rinunciare. Ho smesso di ascoltare anche ‘Una notte in Italia’ per via di quella constatazione ultima e definitiva che “è tutta musica leggera / ma come vedi la dobbiamo cantare”, una cosa da blocco dello scrittore, e per la semioscurità del suono che pare il giorno che si tuffa nella notte (certo, che è una notte in Italia lo dice il titolo) ma anche il buio che si fa alba dietro i palazzi delle città, e che sia Milano o Genova poco importa, tanto Fossati le ha cantate entrambe.
Sempre per paura dell’usura dottore, avevo smesso di ascoltare anche ‘La storia’ di Francesco De Gregori, la storia che dà i brividi perché nessuno la può fermare, quella che dal verso “siamo noi, bella ciao, che partiamo” non si esce mai indenni. Vengo al punto: non ascoltavo ‘La storia’ da anni e poi l’autunno scorso l’ho sentita in televisione; pensavo fossero immagini d’archivio e invece era la pubblicità dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, l’Enel, che la riproponeva più o meno a ogni cambio di campo nelle partite di tennis, durante il gioco dei pacchi, al mattino col notiziario, sempre. Evidentemente all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica non bastava ‘La storia’ perché sotto Natale, sempre del De Gregori, l’Enel si è presa pure ‘Sempre e per sempre’, altro momento di rara bellezza a rischio di usura. Verso la fine dell’anno poi si sono uditi il Branduardi cantare ‘Si può fare’ sulle colorate automobili del gruppo Stellantis e il Vecchioni in un correre di Fiat accompagnate da ‘Sogna, ragazzo, sogna’ in duetto con Alfa, che è sempre un marchio del gruppo Stellantis ma qui è inteso come cantante.
Ecco dottore, sono qui perché se anche la Fondazione De André pare impermeabile alla pubblicità, temo sempre che da un momento all’altro sentirò ‘Via del Campo’ nello spot delle Insalatissime, ‘Il pescatore’ in quello di un tonno e ‘La canzone dell’amore perduto’ come sigla di ‘Temptation Island’. E mi chiedo: ma proprio tutti i capolavori sono in vendita? Non bastano a lor signori i diritti d’autore? Quanto a ‘La storia’, quanto a ‘Sempre e per sempre’, lungi da me fare un nuovo processo a De Gregori a distanza di cinquant’anni, ancor più dopo aver sentito ‘La libertà’ di Giorgio Gaber sposare, con tutta la sua enfasi da teatro-canzone, la réclame di Autostrade per l’Italia, una società che ha sulla coscienza un ponte caduto. Lei non crede dottore che se il Signor G fosse ancora vivo, due cose sul ponte a quelli delle autostrade gliele avrebbe cantate?