laR+ IL COMMENTO

I fratelli Menéndez, Netflix e la credibilità delle vittime

Furono condannati all’ergastolo ma di recente, grazie alla serie 'Monsters’, la procura di Los Angeles ha aperto la via alla loro liberazione condizionale

In sintesi:
  • Si trattò di un’esecuzione barbara, che fece scalpore in tutti gli Stati Uniti
  • Gascon ha riconosciuto il ruolo della piattaforma nel cambio di atteggiamento assunto dalla magistratura
(Keystone)
29 ottobre 2024
|

Nella Los Angeles degli anni 80 si dipana una vicenda da Grand Guignol, oppure degna della penna di James Ellroy (lo scrittore che più di tutti, con il romanzo ‘Dalia nera’, ha saputo descrivere il sottofondo horror della metropoli californiana). La vicenda di cui parliamo, riportata di recente alla luce dalla piattaforma Netflix e riaperta proprio grazie a una serie televisiva e a un documentario, è quella che vede protagonisti i fratelli Lyle ed Erik Menéndez, all’epoca dei fatti rispettivamente di 21 e 18 anni, condannati nel 1993 all’ergastolo per l’omicidio premeditato dei genitori. Avvenuto il 20 agosto 1989, in modo feroce, nell’abitazione del quartiere esclusivo di Beverly Hills dove risiedeva la famiglia. José 45 anni e Kitty 47 furono trucidati con un fucile da caccia calibro 12. Il padre venne colpito 6 volte, la madre 10, l’ultimo colpo la raggiunse mentre, strisciando sul pavimento, stava cercando di mettersi in salvo. Si trattò di un’esecuzione barbara, che fece scalpore in tutti gli Stati Uniti, anche perché andava al di là del classico dramma famigliare. Per non parlare del fatto che i due fratelli, dopo il duplice omicidio, prima di venire arrestati, si diedero alla bella vita spendendo in pochi mesi la bellezza di 700mila dollari.

Il loro processo, enfatizzato dai media come “Il processo del secolo” prima ancora che la medesima definizione, tre anni dopo, venisse attribuita a quello a carico del campione di football americano O.J. Simpson, venne trasmesso in televisione e riservò alcune sorprese agghiaccianti. Lyle ed Erik, i due fratelli, entrambi delle promesse del tennis, dichiararono infatti di essere stati vittime per anni di ripetute violenze sessuali da parte del padre. Con la madre, se non complice, quantomeno silente. L’uomo, di origine cubana, arrivato negli Stati Uniti da bambino, una vita di sacrifici gratificata dal successo, vero e proprio specchio del sogno americano, era un alto dirigente dell’industria cinematografica. Per l’accusa, in un’epoca in cui le molestie sessuali non avevano ancora assunto la rilevanza attribuitale in anni successivi dal movimento MeToo, i due fratelli avevano agito mossi dall’interesse, ovvero per poter mettere le mani sulla cospicua fortuna del padre. In due diversi processi furono condannati all’ergastolo ma di recente, grazie appunto alla serie di nove episodi ‘Monsters’ prodotta da Netflix e diventata un successo mondiale, la procura di Los Angeles ha aperto la via alla loro liberazione condizionale. Il procuratore distrettuale della contea di Los Angeles George Gascon ha ammesso che “sovente, per ragioni culturali, non crediamo alle vittime di aggressioni sessuali”. Gascon ha pure riconosciuto il ruolo di Netflix nel cambio di atteggiamento assunto dalla magistratura nei confronti di questo caso di cronaca. Potenza della piattaforma streaming che alla vicenda, come si diceva, oltre alla serie fiction ha deciso di dedicare un documentario. Giusto per mettere sul tavolo la verità nuda e cruda.

Se vogliamo, la stessa strada percorsa da Clint Eastwood, che dopo l’epico ‘Flags of our fathers’ sulla battaglia di Iwo Jima, ritenuto da alcuni eccessivamente patriottico, tornò sul tema vincendo l’Oscar e mostrando la guerra dalla parte giapponese con ‘Lettere da Iwo Jima’.