laR+ IL COMMENTO

Se non si ha niente da nascondere

La profilazione razziale non è solo la richiesta più frequente da parte della polizia di documenti d'identità a persone nere (già di per sé un problema)

In sintesi:
  • Il fenomeno non è l’“ennesima boiata woke ‘made in Usa’ importata alle nostre latitudini”, ma una realtà anche in Ticino
  • Rilevarne l’esistenza e condannarlo non implica una “grottesca criminalizzazione delle forze dell’ordine”, ma un primo passo per affrontarlo
(Ti-Press)
20 luglio 2024
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“Essere costantemente trattato da presunto criminale per il colore della mia pelle è una sensazione davvero brutta”. Umiliazione, imbarazzo, senso di ingiustizia e talvolta paura: è una costellazione dal perimetro spinato quella lungo cui si muovono i sentimenti delle persone che come Manuel subiscono ripetuti controlli di polizia non per un indizio di reato ma per un pregiudizio. Il fenomeno si chiama ‘profilazione razziale’ e consiste nel fermo di persone da parte delle forze dell’ordine anziché sulla base di sospetti concreti, su quella di caratteristiche evidenti – in particolare il colore della pelle – riconducibili a determinate origini etniche, reali o ipotetiche.

Per contrastare l’idea di alcuni che si tratti dell’“ennesima boiata woke ‘made in Usa’ importata alle nostre latitudini” – com’è stata definita dal domenicale di via Monte Boglia la pratica valsa lo scorso febbraio alla Svizzera una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) – è vero che lo spazio marginale occupato dal fenomeno nel dibattito pubblico poco aiuta. All’origine di tale vuoto – suona male, ma proviamo a dirlo in italiano altrimenti potrebbe avvalorarsi la tesi che non ci concerna – c’è un problema di “sottoregistrazione” e “sottosegnalazione” che mantiene la questione nell’ombra. Come rileva Amnesty International Svizzera, è attestato che certe categorie di persone percepite come straniere sono ripetutamente fermate e perquisite senza motivi ragionevoli, ma a causa dell’assenza di un sistema di monitoraggio si sa troppo poco sulla portata della pratica, mentre le segnalazioni alla Rete di consulenza specializzata sono solo la punta dell’iceberg. Oltretutto l’accesso alla giustizia per le vittime è ostacolato dai costi proibitivi dei procedimenti penali e amministrativi, dalla loro lunghezza, dal pericolo di ulteriori discriminazioni, nonché dal fatto che la polizia non di rado risponda con controdenunce.

“Non si capisce che problema ci sarebbe, se non si ha niente da nascondere, a mostrare un documento d’identità”, continuava l’articolo sul foglio domenicale. Accantonando il fatto che la profilazione razziale si manifesta in modi ben più complessi e lesivi – il vissuto di Manuel è segnato da controlli in media ogni paio di mesi, in treni o spazi affollati, con ordini di svuotare lo zaino spesso impartiti sgarbatamente, fino a un ammanettamento con trasporto al posto di comando in piena notte per un interrogatorio di diverse ore – si potrebbe rilanciare: non si capisce che problema ci sarebbe, se non si ha niente da nascondere, nel sostenere una revisione di legge ‘Per più trasparenza nel finanziamento della politica’ come fatto in Consiglio nazionale nel giugno 2021 da 139 deputati contro 52. Eppure…

Infine, condannare la profilazione razziale non equivale a una “grottesca criminalizzazione delle forze dell’ordine” (ibidem) o a etichettare l’intera ‘istituzione polizia’ come moralmente deprecabile. Costituisce invece un primo necessario passo per affrontare un razzismo che essendo strutturale – pure nel nostro Paese, come documentano studi della Confederazione – permea anche la polizia. Ovvero quello strumento dello Stato legittimato a usare la forza, che proprio per questo suo grande potere incorre nell’altrettanto grande rischio di far sfociare i pregiudizi in abusi molto dannosi. Oltre che a beneficio delle vittime di trattamenti spesso degradanti e invisibilizzati, un serio lavoro per scardinare la profilazione razziale andrebbe a favore della stessa polizia a cui in diversi potrebbero smettere di guardare con comprensibile diffidenza.

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