Shoigu paga una vecchia concezione militare e l'insuccesso della ‘guerra dei tre giorni’ in Ucraina, palesemente fallita. Lo zar guarda al futuro
Nel quadro del rimpasto governativo seguito alle recenti elezioni presidenziali, Vladimir Putin ha sostituito il ministro della difesa, Sergej Shoigu, con l’economista Andrej Removic Belousov. Le sostituzioni di ministri, in Russia, non nascono da accordi fra partiti, ma da patti – più spesso scontri – fra centri di potere politico-economico. La sostituzione di Shoigu era attesa almeno dal fallito golpe del giugno 2023. È stata preceduta da una sinistra avvisaglia, l’arresto del suo vice, Timur Ivanov, nei giorni scorsi, accusato di corruzione. Il nuovo ministro della Difesa è un civile, ma nemmeno Shoigu era un militare, sebbene si mostrasse sempre in divisa.
(Keystone)
Patrushev stringe la mano a Putin
Oggi un esercito deve scegliere tra due orientamenti: puntare sulla massa con mezzi più tradizionali, oppure puntare sullo sviluppo tecnologico con truppe più agili. Shoigu sosteneva il primo orientamento. L’insuccesso della “guerra dei tre giorni” in Ucraina, diventata un conflitto di cui non si vede ancora la fine dopo due anni e più, testimonia che la scelta era sbagliata. Il modello di forze armate promosso per 12 anni da Shoigu e dal suo sottosistema di potere si è scontrato con le dottrine messe in campo dall’Ucraina, di derivazione occidentale. Persino l’ex comandante delle forze armate ucraine, poco prima di essere sostituito, aveva osservato, in un’intervista a un periodico occidentale, che il destino della guerra sarebbe stato segnato dalla capacità di confrontarsi con le tecnologie più progredite.
Il colpo di Stato tentato da Evgenij Prigozhin nel giugno 2023 aveva fatto emergere lo scontro fra il sistema-Shoigu e una parte dell’esercito, insoddisfatta della gestione governativa. Fallita la rivolta, Putin aveva ha ripreso il controllo facendo rotolare centinaia di teste, all’interno delle forze armate. Con quelle epurazioni aveva eliminato una parte dello scontro interno; oggi, con la sostituzione di Shoigu dopo l’arresto di Ivanov, liquida l’altra parte, togliendosi di torno i protagonisti del bisticcio come bambini capricciosi. Emargina il centro di affari che ruotava intorno a Shoigu e riporta sotto il suo controllo le risorse della Difesa, in aumento esponenziale in regime di economia di guerra. Il nuovo ministro, fidatissimo del presidente, è la docile cinghia di trasmissione tra Putin e il ministero.
(Keystone)
Andrei Belousov
Shoigu è stato nominato segretario del Consiglio di sicurezza della Russia. Questo organismo ha avuto in passato un peso notevole. Oggi è una sorta di limbo per politici gratificati da un incarico di prestigio ma di fatto privati di influenza. Per nominare Shoigu, Putin ha rimosso da quella poltrona Nikolaj Patrushev, figura silente ma centrale del suo sistema di relazioni, suo coetaneo e compaesano, già direttore dei servizi segreti. Vedremo quale sarà la sua destinazione.
Nelle prossime settimane si attendono altre nomine e sostituzioni. Resta da capire quale esito avrà la ripresa di controllo da parte di Putin sul Ministero della difesa. La macchina militare russa è ostile ai cambiamenti. Fu proprio l’industria bellica a dare il peggior filo da torcere a Michail Gorbaciov e a Boris Eltsin, sul cammino della privatizzazione e della diversificazione industriale, alla fine dell’Unione sovietica. La nomina del nuovo ministro attesta, se ve ne era bisogno, che la Russia pensa a un impegno militare di lungo termine, non destinato a esaurirsi nella guerra in Ucraina.