laR+ IL COMMENTO

Legge sull’elettricità tanto imperfetta quanto imprescindibile

Il ‘Mantelerlass’ non è esente da rischi sotto il profilo della protezione della natura e del paesaggio. Ma un’alternativa non è in vista

In sintesi:
  • La transizione energetica e climatica non può prescindere da un massiccio aumento – già a corto-medio termine – della produzione indigena di elettricità a partire da fonti rinnovabili, soprattutto in inverno
  • Pensare che questo Parlamento, ancor più a destra del precedente, possa confezionare un progetto migliore in caso di ‘no’ il 9 giugno, è una pia illusione
Lo sviluppo del fotovoltaico è il ‘cuore’ della legge in votazione il 9 giugno
(Keystone)
1 giugno 2024
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Sospensione fino al 2035 delle norme sui deflussi minimi; interesse alla produzione di elettricità preminente rispetto a quello alla protezione di natura e paesaggio; via libera di principio alla costruzione di impianti idroelettrici, solari ed eolici nei biotopi di importanza nazionale.

Eravamo ai primi di settembre del 2022, e le decisioni della commissione del Consiglio degli Stati avevano destato scalpore. Scandalizzate, le organizzazioni ambientaliste denunciavano queste “misure estreme”. Un incredulo Raimund Rodewald diceva alla ‘Regione’ che “con questa legge di guerra” è stata “di fatto cancellata la protezione delle acque e del paesaggio alpino”: “Una scelta tragica”, la definiva il direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (Fp).

Poi il peggio è stato evitato. Nella versione finale della legge per lo sviluppo delle rinnovabili, le norme sui deflussi minimi sono state in sostanza confermate. Lo stesso dicasi del divieto di principio di costruire impianti nei biotopi d’importanza nazionale. I Cantoni, inoltre, dovranno tenere conto degli interessi di protezione nel definire i territori ‘adeguati’ per gli impianti eolici e fotovoltaici; e comunque ogni progetto continuerà a essere valutato e autorizzato singolarmente.

I Verdi si sono dati parecchio da fare in Parlamento perché si arrivasse a quello che ritengono un compromesso equilibrato. E le principali organizzazioni ambientaliste (Fp compresa) si sono allineate, ingoiando parecchi rospi. A chi ha a cuore la natura e il paesaggio non resta ora che confidare nelle ordinanze attuative. E incrociare le dita, nella speranza che autorità e tribunali – a tempo debito – diano prova di moderazione.

Il bicchiere, in effetti, lo si può ancora vedere mezzo vuoto. Delle agevolazioni pianificatorie garantite dalla legge potrebbero beneficiare pure un paio di progetti idroelettrici problematici dal punto di vista della biodiversità e del paesaggio. Cambia inoltre il paradigma della ‘ponderazione’: se oggi gli interessi alla produzione e quelli alla protezione sono considerati equivalenti, in futuro i primi avranno in linea di massima la priorità rispetto ai secondi. Il tabù della protezione assoluta dei biotopi di importanza nazionale viene rotto. E gli impianti potranno essere costruiti in paesaggi protetti, iscritti nell’inventario federale, senza che debbano essere prese misure di protezione, ripristino o compensazione.

Basta e avanza per dire ‘no’ il 9 giugno, sostiene qualcuno. Chi ha lanciato il referendum non si stanca di ripetere – a ragione – che la biodiversità non va sacrificata sull’altare della svolta energetica (l’abbandono delle fonti fossili e del nucleare, lo sviluppo delle ‘rinnovabili’) e climatica (l’obiettivo emissioni nette zero entro il 2050). Ma quali alternative propone chi ora spara – anche per ragioni di marketing politico (Udc) – su questa legge?

Sancita dal popolo svizzero nel 2017 e nel 2023, la transizione energetica e climatica non può prescindere da un massiccio aumento – già a corto-medio termine – della produzione indigena di elettricità da fonti rinnovabili, soprattutto in inverno. E questo non lo si potrà ottenere grazie al revival del nucleare sognato da Udc e Plr (nessuna nuova centrale verrebbe costruita prima del 2040), né solamente rafforzando le modeste prescrizioni sull’efficienza energetica, oppure estendendo alle nuove abitazioni l’obbligo di posare pannelli solari (solo la sinistra lo vuole).

Pensare che questo Parlamento, ancor più a destra del precedente, possa confezionare un progetto migliore in caso di ‘no’ il 9 giugno, è una pia illusione.