laR+ IL COMMENTO

Il vecchio e il bambino

Due storie di ‘ordinaria follia’ e qualche possibile morale nel nostro tentativo di non cedere agli stereotipi generazionali

In sintesi:
  • Potere della rivoluzione digitale, che illumina e distorce la realtà che ci circonda
  • Potere delle consuetudini, che oscura o manipola la realtà che ci circonda
(Depositphotos)
27 aprile 2024
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Potere della rivoluzione digitale, che illumina e distorce la realtà che ci circonda. Notizia di qualche giorno fa, sostanziata da un video indiscutibile: nel centro di Treviso un uomo richiama alcuni adolescenti colpevoli di impennare con le loro biciclette, sfiorando pericolosamente le signore di passaggio. Risultato: il malcapitato viene investito da calci e pugni, e da un bidone dell’immondizia che lo coglie fra capo e collo. Morale: risucchiati dal vuoto su cui galleggiano, inconcludenti e inconsapevoli, gli adolescenti di oggi si confermano tutti vacui, irragionevoli e violenti. Meglio diffidarne, come ha insegnato ogni generazione di adulti. E come certifica una notizia luganese: la denuncia del padre di un giovane, preso di mira da una gang di adolescenti poveri di cervello ma ricchi di coltelli.

Potere delle consuetudini, che oscura o manipola la realtà che ci circonda. Parliamo di un evento ignoto, sprovvisto di video che lo cristallizzi in una verità inconfutabile, verificatosi a Locarno, un pomeriggio di pochi giorni fa, all’uscita di una scuola pubblica. Un bambino, età apparente 10-11 anni, si macchia di una colpa evidentemente grave: in sella alla sua bicicletta non imbocca la corsia ciclabile, ma quella riservata ai pedoni. Un uomo a passeggio con la sua signora, età (biologica) 65-70 anni, non può tollerare l’infrazione. Che fare? Con assoluta prontezza, stendere energicamente un braccio, perpendicolare alla direzione di marcia del bambino. Risultato: fargli fare un capitombolo degno di un acrobata, con cui sbucciarsi gomiti e ginocchia sull’asfalto, e scindere in un due pezzi il telefono che teneva in tasca.

Morale 1: i bambini, notoriamente distratti e colpevolmente inaffidabili, oltre ai telefoni non sanno usare le biciclette, quindi è lecito spalmarli per terra allo scopo di insegnare loro almeno il codice della strada. Morale 2: i vecchi sono tutti dei bifolchi maneschi.

Ora, tornando ai fatti, di fronte all’educazione e all’olimpica compostezza dimostrate dal bimbo in questione, ci sentiremmo quantomeno di mettere in discussione la Morale 1. Il sospetto è che sarebbe stato sufficiente indicargli la corsia ciclabile per indurlo, proprio come un essere umano ragionevole, a utilizzarla. Al contrario, l’incedere tronfio, corazzato di solida presunzione e ignoranza, con cui l’anziano si è allontanato, convinto di essere nella ragione, potrebbe indurre a dare un certo credito alla Morale 2. Poco importa: non essendoci un video che faccia assurgere questo evento minore al rango di realtà, è impossibile trarne alcuna verità incontrovertibile. Restano solo una telefonata con un agente indaffarato e le immagini catturate dalle videocamere della polizia, mentre il senile tutore dei diritti dei pedoni si allontana sotto i suoi uffici. Insufficienti per fare di un’ordinaria ingiustizia una notizia, con le verità o i luoghi comuni che ne possono conseguire.

Nel nostro tentativo di non cedere agli stereotipi generazionali, ci soccorre l’uomo di Treviso: in un’intervista afferma che andrà a cena con uno dei ragazzi che lo ha aggredito, opportunamente messo da suo padre di fronte alle sue responsabilità. Non abbiamo notizie certe, ma il bambino di Locarno dovrebbe aver cenato soltanto con la sua famiglia, leccandosi gomiti e ginocchia, e cercando una morale soddisfacente per la sua storia: ignota, invisibile, reale. Forse invano: perché è difficile essere adulti in un mondo di giovani inquieti, ma lo è ancor più essere piccoli in un mondo di adulti mancati.